lunedì 9 gennaio 2023

Dialetto Rossanese - I miei post

 




15 settembre 2021

Articoli

Sing. masc. = u, nu
Sing. femm. = a, na
Plur. masc. e femm. = i
Davanti a nome che inizia per vocale = l' (sia al sing. che al plur.)

L'articolo è molto importante. Poichè i sostantivi e gli aggettivi sia maschili che femminili sia al singolare che al plurale finiscono molto spesso con la schwa (ə), vocale foneticamente neutra, l'articolo permette di determinarne genere e numero.

Prep. Semplici

di = ‘e
a = a
da = ‘e
in = ntra
con = ccu
su = subba
per = ppe
tra e fra = ntra

Prep. art.

Spesso la r eufonica collega preposizione e articolo.

- eru=del;  era=della;  eri=dei e delle
- aru=al;  ara=alla;  ari=agli e alle
- da - come la preposizione di
- ntru=nel;  ntra=nella; ntri=negli e nelle
- ccuru=col;  ccura=con la;  ccuri=con gli o con le
- subb'u=sul;  subb'a=sulla;  subb'i=sugli e sulle
- pper'u=per il;  pper'a=per la;  pper'i=per i e per le
- ntri=fra gli, fra le, tra gli, tra le

* * * * * *

28 settembre 2021

Sostantivi e aggettivi: genere e numero

I nomi maschili finiscono sempre con la schwa, che qui abbiamo deciso di rappresentare graficamente con la lettera dell'alfabeto latino 'e'.
Es. u Furne = il forno; u biscotte = il biscotto. (1)

I nomi femminili possono invece essere scritti e letti in due modi diversi, secondo le circostanze.
In un discorso informale e con una discreta comunicazione il nome termina anche qui col suono schwa.
Es.: a segge (la sedia); a case (la casa); a cammise (la camicia).
Quando si vuole però rafforzare il senso della parola oppure la persona a cui ci si rivolge è dura di udito, lo stesso nome lo scriviamo e pronunciamo come in italiano con la vocale ‘a’.
Es.: a seggia; a casa; a cammisa

*
Poiché il più delle volte i nomi sono indeclinabili sia per genere che per numero, al singolare il genere si deduce dall’articolo
Es.: u libre = il libro; a televisione = la televisione.

Al plurale, poiché l’articolo è in ogni caso la vocale ‘i’, il genere del nome si può dedurre solo dalla conoscenza del singolare.
Es. i cavadde è maschile, perché al singolare fa ‘u cavadde’ (il cavallo); i gaddine è femminile, perché al singolare fa ‘a gaddina’ (la gallina).
*
Il numero si deduce dall’articolo ma anche dal verbo.
Es. a gaddine mangia = la gallina mangia; i gaddine mangine = le galline mangiano.
*
Davanti ai nomi che iniziano per vocale, l’articolo ‘l’ (con l’apostrofo) non consente di dedurre il genere.
Il numero si può invece ricavare dal verbo (l’albere indica l’albero, ma anche gli alberi). Per distinguere occorre far riferimento al verbo
Es. l’albere è carriche = l’albero è carico; l’albere sune carriche = gli alberi sono carichi.
*
Quanto detto per i sostantivi vale anche per gli aggettivi.

* Note:
1. Nel gruppo sc - seguito da a,o,u - la s si legge come nell'inglese sh, perciò biscotte si leggerà bishcotte.

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7 ottobre 2021

INDICATIVO DEL VERBO ESSERE

Oggi una parte forse un po’ noiosetta. So che su fb ci si va per passare il tempo, ma cerchiamo di unire l’utile al dilettevole.

- Presente

Ije signe
tu si
Idde è (idda solo quando si vuole rafforzare l’identità di genere)
Nuve sime
Vuve site
Lore sune (forma contratta lore su’)

- Imperfetto

Ije era
tu ere
idde era
nuve éreme
vuve éreve
lore érene

Su questi due tempi, a parte la diversità dialettale per pronomi e verbi, rispetto all’italiano c’è poco da precisare. Al plurale i tre accenti sono tonici.

- Passato prossimo e Trapassato prossimo

Si formano come in italiano aggiungendo al Presente e all’Imperfetto il participio passato di essere, che in rossanese è ‘state’.

- Passato remoto (Io fui…) e Trapassato remoto (Io fui stato)
 
Mentre gli amici Siciliani abbondano nell’uso del passato e trapassato remoto, noi Rossanesi non li usiamo proprio e li facciamo rientrare nel passato prossimo (ije signe state…) e nel trapassato prossimo (ije era state…).
Ciò che è avvenuto venti anni fa e ciò che è avvenuto appena ieri li distinguiamo con l’uso di un avverbio temporale (più o meno preciso) o lo deduciamo dalle circostanze in cui il fatto o l’azione si svolgono.
Es.
‘Vinte anne fa’ signe state a fatigare ara Svizzere
‘Na vota’ Giuvanne è state ntru vosche e(r) ha bbist na murra ‘e porce servagge (i cinghiali)
‘Ajere’ signe state aru cafè e Tagghjaferre e m’aje (o m’e) mangiate na bella granita (Nel Rossanese meno recente però la doppia elle diventa sempre una doppia ‘d’, quindi bedda e non bella, padda e non palla).

- Futuro semplice

Non esiste!!! Per riferirci a ciò che accadrà nel futuro già la logica ci dice di essere cauti nell’utilizzo di questo tempo. E tuttavia non si può vivere senza fare qualche previsione. Se dunque grammaticalmente un tempo futuro non esiste, ci dev’essere almeno un modo di esprimerlo. Questo a Rossano lo facciamo aggiungendo al presente un riferimento temporale. Esempi:
Domani ci sarà la pioggia = Romane chiove
Fra due mesi Giovanni sarà a Bologna = Fra ruve mise Giuvanne è a Bologne.
 
Per gli altri verbi ci sono anche modi diversi di esprimere il futuro
es. io farò una certa cosa = io voglio fare, io devo fare, io ho da fare una certa cosa. Più o meno come succede in inglese (I will, I shall, I have to)


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14 ottobre 2021

I Rioni di Rossano

Quando si parla degli abitanti di una città bisogna conoscere la sua struttura urbana. Degli abitanti di 'Rossano sopra' si può dunque parlare solo se si tiene presente che - al di sotto e al di sopra della strada principale, che partiva dalla chiesa di S. Marco e dopo circa un chilometro e mezzo arrivava al Cozzo (S. Stefano) - la città si divideva in Rioni, spesso coincidenti con una chiesa (ce ne sono circa trenta, salvo la Cattedrale oggi quasi tutte chiuse).
Ogni rione aveva una piazzetta o un piccolo slargo dal quale si snodavano stradine di varie dimensioni, e i 400-500 abitanti di ognuno di essi si conoscevano tutti fra di loro. In genere collaboravano, a volte si detestavano, in ogni caso si controllavano reciprocamente. Tutti sapevano se uno era tirchio o spendaccione, fedele o traditore, socievole o solitario, amante della sobrietà o del bere, ricco o povero. Difficile dire se ciò fosse un bene o un male: c'erano, come in ogni cosa, i pro e i contro.
Oggi le strade cittadine e gli alveari a cinque piani di 'Rossano sotto' hanno diffuso l'amore per la privacy, mentre a Rossano sopra la collettività dominava sugli individui e le famiglie.

Nell'immagine qui riportata, si vede 'Rossano sopra' con l'indicazione dei vari rioni. Ne è autore l'amico Paolo De Benedetto, al quale vanno i ringraziamenti miei personali e, credo, di tutto il gruppo.

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30 ottobre 2021

Ricettacolo delle ricette

ALICI SCATTIATE

Ara pischeria s’ha de accattare a quantità giusta e alice, facenne cunte e quante persune si l’ane e mangiare e d’a rannizza e ri fressure c’avite ara casa (ppe 4 persune ci nni vo’ quase nu chile, pecchì c’è ru scarte e po’ pecchì u pisce sazzia mene era carne).
L’alice unn’ane ‘e essere troppe piccule, si no l’ate fare frijere, e po’ vi l’ate ‘e mangiare cc’u ri spine.
Prima e ri cocere s’ane e scapare e avite ‘e pulizzare i stentine bellu bellu sutta l’acqua e ru canale.
Na vota fatte chisse, si mintene ‘ntra fressura (asciuttata bone) ccu l’ogghije e ru sale e si fane cocere, ccu ru cuverchije e subbra, ppe na recina ‘e minute, seconde a rannizza. A menza cottura s’ane e girare!
Quanne ane perse l’acqua lore (cioè si sune asciuttate), si minta n’antìa e pipe russe pisate (ruce o piccante a seconda e come piace), na bella spruzzata e acite e si cummogghine n’atra vota.
Facite asciuttare l’acite, stanne accorte ch’un s’attacchene ara fressura.
Ppe nu cinque minute si sentene scattiare (scoppiettare) e… l’alice su’ pronte!

Prove di scrittura in dialetto. Nel leggere la ricetta, come al solito in quello che scrivo io, non tenete conto della vocale ‘e’ alla fine delle parole con più di una sillaba.


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9 novembre 2021

Mi chiedo chissà quanti amici avranno la pazienza di leggere questo lungo post. Proviamo!

* Note per la lettura di un racconto in rossanese:

Nel leggere questo racconto breve di Anton Cechov, tradotto in modo approssimativo dall’italiano al rossanese, faccio notare tre cose:
1) Il racconto originale è scritto al passato remoto, ma in rossanese questo tempo del modo indicativo non esiste. Al suo posto usiamo il passato prossimo o il presente storico.
2) La S seguita da consonante.
La consonante S, quando è seguita dalle consonanti b,c,f,g,m,p,q,v e poi una vocale, si pronuncia sempre come una s seguita dalla c dolce, come in sci e sce.
Es. Nelle parole sbattere, scola, sfuttere, sguaiate, smaniare, spina, squartare e svitate, la S non si legge come in italiano, ma con un suono simile all’inglese ‘sh’ o al tedesco ‘sch’. Le parole precedenti si possono perciò leggere shbattere, shcola, shfuttere, shguaiate, shmaniare, shpina, shquartare, shvitare.
La S si pronuncia invece come in italiano se seguita dalle consonanti d,l,n,r,t. Es. sderenate (con le reni rotte), sloggiare (mandare via), sniffare (aspirare tabacco), sraricate (sradicato), stùpere (stupido).
3) Il gruppo di consonanti ‘str’.
Anche in questo gruppo la S si legge come in inglese sh. Però la consonante t viene assorbita dalla r e quasi non si sente. Quindi - in questo racconto e solo in questo racconto - ho scritto srata (per strada), srega (per strega), sritte (per stretto), sroliche (per cervellotico), srusce (per rumore). La ‘r’ in questi casi ha un suono sibilante, quasi simile a un fischio.

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A morte ‘e l’impiegate
Racconto breve di Anton Cechov

Na bella sira Giuvanne Ciciricò, l’usciere e ru tribunale, era jute aru teatre, s’era assettate ‘ntra na poltrona ‘e ra secunna fila e guardaja cu ru cannocchjale u spettacule “I campane a festa”. Era tante belle ca, mentre guardaia, si scialaja eri rise. Ma tutt’annavota… (scrivenne i fattaredde, si trova spesse su “tutt’annavota”, e chidde chi scrivine tenene raggiune, pecchì a vita è chjina e cose c’un t’aspette)… tutt’annavota a faccia sua s’è sracangiata, ha fatte l’occhje ‘e torte, ha perse u jate, ha alluntanate u cannocchjale e l’occhje e… ‘Accìùuu!’, ha fatte nu belle sternute! A tutte i cristiane capita de fare nu sternute: i foritane, i polizziotte e ‘ncerte vote pure l’avucate; i sternute i ffane tutte!
Ciciricò un s’è preoccupate troppe e chidde ch’era successe. S’è pulizzate a vucca e ru nase ccu ru fazzolette e, siccome era na persuna educata, ha guardate a destra e a manca pper essere sicure c’un avia runate fastirie a nessune. Ma, guardanne guardanne, s’accorgia c’avija cuminate nu bellu guaje. Nu vecchiaredde ch’era serute avante a idde, a na poltrona era prima filerata, ccu nu guante si stapìa asciuttanne u codde e ra cozza munnata, e parraia ma un si capiscìa nnent. Ciciricò s’è accorte ca chidde era u Generale Giacinto Potenza. Nu pezze rosse!
<<L’haje mpuse a capa>> ha pensate Ciciricò. <<A ru Tribunale un signe probije sutte ar’idde, comunque unn’è na cosa bella chidde ch’è successe. M’aje e fare perdunare>>.
Ciciricò ha fatte a mossa e tussare, po’ s’è chjicate vicine a ricchija e ru generale e, chiane chiane, ha ditte:
<<Eccellenze, m’ate e perdunare. V’aje ‘mpuse… ull’è fatte apposte…>>
<<Un fa nente, un fa nente…>>
<<Pper’amure e ddije, m’ate e perdunare. Vi giure ca ije un bolìa...>>
<<Lassa stare, mò! Famme sèntere a cummedia>>
Ciciricò, menze abbabbate, s’è calmate e s’è mise a guardare n’atra vota a cummedia. Però… un si sentìa probbrie tranquille. Fra nu tempe e l’avitre eru spettacule, s’è abbicinate a ru generale, l’ha ntraguliate n’antia e finalmente ha trovate u coragge e rire chianu chiane n’atra vota:
<<Eccellenze… v’aje ‘mpuse a capa…M’ate e perdunare… Ije.. Ije… un pensaja ca…>>
<<E mò basta, mò. Ije minn’era già scordate e tu, dàlle e dàlle, sempre a stessa cosa!>> ha risposte u generale storcenne u labbre e perdenne a pacenza.
<<Ricia ca si nn’è scordate ma intante, e ra faccia chi tena, un mi para>>, pensaia Ciciricò guardanne u generale. e unn’era convinte. <<U bbò manche parrare. L’aje e spiegare ca veramente io un l’è fatte apposte… c’u sternute è nu fatte naturale, si no si pensa ca li volìa sputare subbr’u codde. >>.
Quanne s’è ricote ara casa, Ciciricò ha cuntate tutte chidde chidde ch’era successe. A mugghjera, dà ppe dà, n’antia s’era spagnata però po’, appena ha sapute ca u generale unn’era u cape e l’ufficije eru marite, s’era calmata.
<<Comunque>> ha ditte <<forse è megghije a ci jire e a cercare scusa. Chidde po’ pure pensare ca tu un sa stare aru poste tuve quanne si’ mmenze i gente>>
<<L’aije cercate perdune, ma idde m’è parute srane. Un m’ha ditte manche na parola. Va bbone ca un c’era manche u tempe e parrare>>
U jurne e roppe Ciciricò s’e mise nu belle vestite, s’è fatte na bella pettinata er è jute ara casa er u generale ppe ci parrare.
<<Ajere, aru teatre… forse vi ricordate, Eccellenze, ije è fatte nu sternute e… senza volire v’aje ‘mpuse a capa. M’avite e perdunare...>>
<<Lassa stare, su’ cose e fisserie!>> ha ditte u generale.
<<U bbo parrare ccu mia! Ha de essere arraggiate…>>, pensaja Ciciricò.
Quanne u generale si nni stapia jenne, Ciciricò l’è jute appresse ricenne chianu chiane: <<Eccellenze! mi staje permetenne e vi rare fastirije pecchì chidde ch’e fatte m’u sente subbra a cuscenza>>.
U generale ha fatte a faccia quasi schifata e, ccu ra mane, l’ha fatte signe e ra finire.
<<Ma tu sta scherzanne?>> ha ditte, sinn’è jute e ha chiuse a porta.
<<Ma quale scherze?>> ha pensate Ciciricò, <<E’ nu generale eppure un capiscia nente! Quann’è de sa manera, un li vogghije cchiù cercare scusa, a su stùpere. Magare li scrive na littira, ma cca un ci vegne cchiù.>> e s’è ncaminat ppe jire ara casa sua.
Però po’ a ra casa, pensa ca ti pensa, chidda littira un rescìa a ra fare. E ru jurn’ e roppe va n’atra vota adduve u generale.
<<Aiere signe venute cca… per cercare perdune, pecchì ccu nu sternute v’aje mpuse a capa. >> ha ncuminciate a dire n’atra vota, cacagghianne.
Ma a chiddu punte u generale, ccu ru sangue all’occhije e ri mane ca li tremajene e ra raggia, l’ha guardate ‘ntri padd’ e l’occhije, ha ditte:
<<Fore e sa casa. Vattinne!>>
<<Come avite ritte?>> ha addimmannate Ciciricò ccu ra vucia chi li tremaja.
<<Vattinne ‘e cca!>> ha ripetute u generale sbattènne i pere.
Ciciricò s’è sentute nu lorure ari stentine. Un ci virìa cchiù e l’occhje e un ci sentija cchiù eri ricchije. E’ jute arrete finn’ a porta e, senza sinn’accorgere, s’è trovate mmenz’ a via. Rascinianne i pere s’è mise a caminare a srata srata e, senza sapire come, s’è trovate ara casa sua.
Senza si cacciare u vestite, s’è curcate subbre u divane… er’è morte.

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7 dicembre 2021

Ho provato a scrivere in rossanese un post da me pubblicato giorni fa su fb. Ringrazio in anticipo gli amici che mi daranno consigli utili per parole o frasi sbagliate o scritte male.

U cusiture

Subbr'a via chi port'aru Cozze, probbije mpacce aru Monumente, c'era mastre Gabriele Granata, une eri tante cusiture ch’era mattina ara sira cusijine ccu santa pacenza gonne, giacchette e cozune.
Quann’ije era piccule, i vestiticchje e ri cozunedde curte m’i cusìa mammà ara machina Singer era nonna, chi po’ è passata a idda pecchi ormaje ci avìa ru jusse.
Quanne però si trattaja de nu vestiticchje ppe ra festa, s’avìa de jire adduve mastre Gabriele.
Ije un ci volìa jire, pecchì, ppe na bona menzura, avia de stare ferme co’ nu manichìne. “Catà, statte ferme. Tene u vrazze eccussì. Mò allarghe tutte e duve i vrazze. Virime a longhizza eri gamme. Un ti movere!>. A ogne cosa chi facia e a ogne parola, u mastre mpizzaja na spingula e pijaja ru signe.
Pe fare carire bone u vestite, adduve u mastre ci avija ‘e jire una, ruve o tre vote. Tutte chisse, e roppe ca mammà avia accattate a stoffa adduv’a signora Rizze, e roppe nu bellu tiremmolla subbru prezze.
Subbra a stessa via, verse u 1960, Franche Mannarine, na persuna chi ci capiscìa e sempre educate, apra na potiga cu ri vestiti era Lebole e avitre fraviche eru nord. Adduve r’idd un c’era bisogne né d’u metre né d’i spingule. Franche ti facija subite na squatrata, ‘e quante na persuna era ravite e d’a corporatura idde capiscìa aru vule si tu ere na persuna e vinte, cinquanta o centemila lire e po’, senza ci pensare tante, ti facia birre nu vestite belleffatte, era tagghja giusta, e longhizza e de larghizza. Bastaja a ni provare ruve o tre, scegghjere a stoffa e ru culure, pagare e ppo ti potia ricogghjere ara casa ccu nna bella busta.
Eh, un si po’ jire cuntre u progresse, i cose hane ‘e jire come hane ‘e jire, e ntra na vintina e anne Russane s’è inchjute e potighe ppe mascule, fimmene e picciulidde.
Ma com’’è finita ppe chidde tanti cusiture come mastre Gabriele o Celeste chi passajene a jurnata a cusere? E ppe ri patigare come a Rizze chi avija de sciorvicare recine e balle 'e stoffe subbr’u bancune? E ppe chidde chi vinnijene i nastre e ri buttune, come i due frate Scazziotte? Su’ sparite tutte quante? No, ncune c’è rimaste, ma quante? Poche. Un ci su’ cchiù cusiture, né potigare chi vinnine stoffe, buttune e machine ‘e cusere Singer.
E i sorde chi arrivajene a tutte si persune, cchi strata hane pijate ‘e roppe chidda rivoluzione?
Finne u ruvemila sune jute edduve e nuve verse u nord. E roppe u ruvemila na parte resta sempre aru nord ‘e l’Italia e n’atra parte pija ra via era Cina comunista, chi mò ni mpara a nuve come si fatiga e come si vinna.
Mastre Gabriele, a signora Rizze e i Scazziotte un hane lassate erede. Ripose e refrische a lore. I misteri lore un ci sune cchiù.

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16 dicembre 2021


Riflettendo in dialetto sul nostro dialetto.

L'articule russanise sune quattro:
- U (ppe ri nume maschile e na sula cosa);
es. u cane
- A (ppe ri nume fimminile e na sula cosa);
es. a capa
- I (ppe ri nume maschile e fimminile 'e tante cose); esempije:
i pinnule (masch.), i paddotte (femm.)
- L' (ppe ri nume, masch. e fimm., 'e na cosa sula o 'e tante cose, quanne ncumincine ccu na vocale; esempije:
l'occhje (masch., po' essere une sule oppure ruve),
l'ugne (femm., po' essere una sula oppure tutte quante).

U cchjù eri vote u nume russanise è maschile o fimminile era stessa manera 'e l'italiane, ma ncerte vote è aru contrarie; esempije:
'pillola' è fimminile, mentre 'u pinnule' è maschile; 'cocomero' è maschile, mentre 'a paddotta' è fimminile.

✓ Per farmi perdonare, tre espressioni rossanesi:
Aje passate nu brutte pinnule!
Sutta l'ugne c'è ru sangue.
Ammazzeme e jettime ntri miji.


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20 dicembre 2021

Nello scrivere in rossanese bisogna dividere la parole come in italiano.

Esempio: non si può scrivere "minnajejire", ma "mi nn'aji e jire" (me ne devo andare)


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21 dicembre 2021

L'apostrofo

In italiano diciamo ad esempio "Cala la pasta, prepara il sugo e riempi i piatti". Come si vede non ci sono elisioni quando due vocali si susseguono.
Nel nostro dialetto le elisioni sono invece molto frequenti. La stessa frase suonerebbe così: "Cal'a pasta, prepar'u suche e inchj'i piatte".
Il più delle volte la forte frequenza delle elisioni dipende dal fatto che tre dei quattro articoli sono delle vocali (u, a, i), di fronte alle quali il verbo che le precede viene regolarmente... accorciato!

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28 dicembre 2021

Il superlativo assoluto dimostra come il nostro dialetto abbia notevoli affinità col dialetto napoletano, ma non sia proprio uguale.

<< In napoletano il superlativo assoluto non si forma come in italiano, cioè aggiungendo agli aggettivi il suffisso -issimo (bello → bell-issimo, ecc.) oppure facendovi precedere un avverbio (molto, tanto, troppo bello, ecc.) o un prefisso rafforzativo (arci, stra, super bello, ecc.). In napoletano si forma semplicemente ripetendo l’aggettivo due volte.
Es.
lunghissimo → luongo luongo
cortissimo→ curto curto
magrissimo → sicco sicco
grassissimo → chiatto chiatto>>
(Enzo Carro, "Ortografia napoletana")

In rossanese però, oltre a questo, abbiamo anche un altro modo: premettere all'aggettivo l'avverbio 'probbije' (proprio). Esempi:
Tommaso è intelligentissimo = Tumase è probbije sperte.
Pasquale è stupidissimo = Pascale è probbije ciote.
Milano è lontanissima = Milane è luntana luntana = Milane è probbije luntana.


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31 dicembre 2021

U jate (il fiato)
U jestire (l'asse su cui impastare e lavorare la farina)
U jìrite (il dito)
A jocca (la chioccia)
U juramente (il giuramento)

In tutte queste parole la vocale 'i' seguita da un'altra vocale, all'inizio della parola si trasforma nella consonante 'j'.
Che si tratti di consonante e non di vocale è dimostrato dal fatto che usiamo gli articoli 'u' ed 'a' e non l'articolo elle con l'apostrofo (L') come si fa normalmente davanti a tutti i nomi che iniziano per vocale.

La 'i' a inizio parola, quando non è seguita da altra vocale, viene invece completamente eliminata (es. mpastare = impastare).

La trasformazione della i in j, oltre che all'inizio, può verificarsi anche nel corpo della parola, ma questo non accade sempre. Succede ad esempio in 'peje' (peggio) o pija (prendi), ma non in ciote (stupido).

Controverso il nome importante di Maria, che, per come lo pronunciamo, mi sentirei di scrivere anche Marija, come in molte lingue slave.

La j in rossanese non si pronuncia con una una 'g' dolce, come in francese o in inglese, ma come una 'i' aspirata, o meglio... soffiata! Come quando pronunciamo il nome del nostro mare: Jonio!


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3 gennaio 2022

Stapìtiv'accòrte, quanne ncerte politiche vi fane i cicirammodde, u bbi crirìte ca' vi stane a sèntere, pecchì ogne mumènte chidde pènsine ari cazze lore.
Ntra si jurne staje scrivenne com'a pense e sa fusione ntra Russane e Crogghjane. Però ije legge chidde ca' scrìvene lore, ma lore u lléggene o fane a mossa e u sséntere chidde chi rìch'ije. E d'eccussì, continuàne a fare chidde chi rìcine lore.

Ije pense ca, si ruve paìse s'accùcchjene, ane avìre tante cose nseme: i stesse uffice, i strate ppe jire e na parte all'atra, e magàre pure a stessa squadra e pallone, si no a chi serva a s'essere accucchjàte?
Tante valìa allùra a ffare u contràrije! Nu sìnneche a Russane subbra, n'ávitre ara Stanzione 'e Russane, n'avitre a Crogghjane subbr'a, n'ávitre ara Stanzione 'e Crogghjane e n'ávitre ara Scavunia. O no?

* In quanto ho scritto non c'è da parte mia nessuna partigianeria politica e prego gli amici del Gruppo di fare altrettanto negli eventuali commenti. Ho solo parlato di un problema locale per il gusto di farlo nel nostro dialetto.
La politica... in altra sede! Perché è fonte di controversie che qui non vogliamo. Qua vogliamo solo divertirci 


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6 gennaio 2022

Le nostre parole. 2

Dopo <abbà, abbabbàte, abbaccagghjare, abbaddatùre e abbalìre>, altri dizionari riportano <abballare o abbaddare (ballare), abbampatìzze (paonazzo) e abbannunare (abbandonare)>, ma il Dizionario del Prof. Rizzo continua con il termine <abbarrucare>.

Diciamo che una persona <s'è abbarrucata> quando si trascura nell'aspetto fisico (igiene e abbigliamento) e diventa poco socievole.
Spesso si tratta di una persona caduta in depressione per gravi eventi personali (impoverimento, malattia, perdita di una persona cara) o per predisposizione caratteriale. Rifiuta i rapporti sociali e viene a sua volta lentamente emarginato da parenti e amici.
Insomma, una parola che provoca tristezza.


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13 gennaio 2022

Molte delle parole che in italiano cominciano con la lettera D, nel dialetto rossanese cominciano con la lettera 'R'. 
Esempi:
Datemi diventa Runàtime
Dimmi diventa Rìcime
Dentiera diventa Rentèra
Dannato diventa Rannàte
Digiuno diventa Riùne

* La e finale si scrive ma non si legge o si legge nel modo particolare spiegato nel video che trovate nella sezione "In evidenza".


* * *

17 gennaio 2022

I verbi: passato, presente e futuro + Verbo essere
* Ringrazio in anticipo gli amici che vorranno darmi consigli o correggermi 

* * *

Nel dialetto rossanese il tempo in cui accadono gli eventi o vengono compiute le azioni è espresso in modo differente rispetto alla lingua italiana.

Le differenze principali consistono:

1) nel fatto che non ci sono modi diversi per esprimere ciò che è accaduto in tempi relativamente recenti (io sono stato, io sono andato, io sono caduto) e ciò che è accaduto in tempi molto lontani (Io fui, io andai, io caddi).
In entrambi i casi noi usiamo il passato prossimo (ije signe state, signe jute, signe carùte).
Questo fatto farebbe pensare che noi siamo meno precisi di un toscano o un piemontese, ma non è così, anzi è esattamente il contrario. Infatti possiamo sapere quando una cosa è accaduta in due modi:
a) il momento si deduce in modo inequivocabile dal contesto ("Compà, e dduve sì bbenute? Signe venute era casa". È evidente che chi risponde è venuto da pochissimo);
b) precisiamo il tempo lontano con una data o un avverbio di tempo (Rece anne fa a jumara ha allagate i case; na vota nu lupe s'è mangiat'i pecure).

2) per indicare un evento che accadrà in futuro usiamo gli stessi verbi che usiamo per esprimere ciò che accade nel presente. Come facciamo allora a distinguere?
a) se usiamo solo il verbo al presente, vuol dire che quella cosa sta accadendo adesso o comunque in tempi ravvicinati (es. fazze na fotografia, appicce u foche).
b) se l'evento dovrà accadere in futuro, risolviamo il problema aggiungendo un avverbio di tempo, che indicherà con la maggiore precisione possibile quando prevediamo che esso accadrà (u prossime anne cangia ru guverne) o quando abbiamo intenzione di fare una certa cosa (fra na recìn'e e anne vinn'a casa a Milane e mi trasferisce).

Senza un modo specifico per distinguere il passato prossimo da quello remoto e il presente dal futuro, i tempi del modo indicativo non saranno 8 come in italiano, ma solo 4: Presente (ije signe), Imperfetto (ije era), Passato prossimo (ije signe state) e Trapassato prossimo (ije era state)
Vediamo adesso come si coniuga il verbo essere nelle tre persone, al singolare e al plurale. (Per buon augurio facciamo seguire il verbo da aggettivi... positivi!)

INDICATIVO

- Presente:

Ije signe cuntente
Tu sì cuntente
Idd è cuntente
Nuve sime cuntente
Vuve site cuntente
Lore sune cuntente

- Imperfetto:

Ije era allegre
Tu ere allegre
Idd era allegre
Nuve éreme allegre
Vuve éreve allegre
Lore érene allegr

- Passato prossimo:

Come in italiano, basta aggiungere al presente il participio passato 'state'. Quindi avremo:
Ije signe state soddisfatte ecc.

- Trapassato prossimo:

Basta aggiungere all'imperfetto il participio passato. Quindi avremo:
Ije era state felice ecc.

CONGIUNTIVO

- Presente:

Coincide con il presente indicativo
Ije pense ca tu sì sperte = penso che tu sia intelligente

- Imperfetto:

Ije fussa tranquille
Tu fusse tranquille
Idd fussa tranquille
Nuve fùsseme tranquille
Vuve fùsseve tranquille
Lore fùssene tranquille

-Passato:

Al presente si aggiunge il participio passato
(Ti pense ca' ije signe state a jocare?)

- Trapassato:

All'imperfetto si aggiunge il participio passato
(Era mmeghhje ca mi nni fussa state ara casa)

CONDIZIONALE

Adesso anche per il condizionale si usa il congiuntivo imperfetto (u guagnune fussa quete si tu unn'u sputtisse), ma in un linguaggio ormai desueto avevamo:

Ije fòrra quete
Tu fòrre quete
Idd fòrra quete
Nuve fòrreme quete
Vuve fòrreve quete
Lore fòrrene quete

IMPERATIVO

Si usa l'infinito preceduto dal presente indicativo del verbo dovere, che si può esprimere, come in inglese, anche con 'avere da'. Es.
Tu è essere forte = tu devi essere forte = sii forte
Vuve avite 'e jire ara scola = voi avete da andare a scuola = andate a scuola

PARTICIPIO PASSATO

State = Stato

INFINITO

Éssere = Essere

GERUNDIO

Essènne = Essendo


* * *


19 gennaio 2022

In rossanese una breve poesia di Eduardo De Filippo, che spiega perché poi fra suocere e nuore spesso non scorre buon sangue 

U ragù

U ragù ca mi piàcia a mija
m'u facìja sule mammà,
mò chi m'aje spusat'a tija
ni parràme ppe nni parrare.
Ije un fazze u cavidduse,
mò finiscìmila sa cosa.
Sì, va' bbone, come vò tu,
ni cci'avissim'e scerrare?
Tu cchi ddice, chiss'è rragù?
E ije m'u mange ppe m'u mangiare!
M'a fa rìre na parola?
Chiss'è carne ccu pummalore.


* * *

25 gennaio 2022

Visto che è piaciuta la prima, propongo una seconda poesia del grande Eduardo De Filippo nel nostro dialetto:

"Si t'o sapesse dicere"

Si ti potissa ddire
chidde c'u core rìcia,
come fussa cuntente,
si t'u sapissa ddire!
E si potissa sèntere
chidde c'u core sénta,
ricìssa ca ppe sempre
vogghji stare ccu tije!
Ma u core sa scrìvere?
U core è analfabete,
è come nu poete
ca un sa cantare.
Si mmbrogghja, sposta ri virgule,
i punte esclamative,
minta nu congiuntive
adduve probbije un ci va.
E tu, chi stà aru sèntere,
ti ci mmrògghje 'e appresse,
come succèra spesse,
e addìje felicità!


* * *


27 gennaio 2022

Una poesia di Eduardo dedicata alla moglie Isabella (Sabedda)

Signe cca
Signe cca, Sabbè, signe cca...
Cchir'é, u mmi vire?
E già, u mmi po' virre...
Ma ije signe cca,
mmenze i libre, signe,
mmenze i carte vecchje
chi sune ntru tirette eru cummò.
Mi trove cca quann' u sule trasa,
si mpizza dde tagghje
e appiccia i cornice eri quatre,
ndorate e nnargentate
... 'e ligname bbone,
chi pàrene finestre e finestredde
aperte subbr'u munne...
Mi trove cca quann' u sule si fa fridde,
prime ca' si nni cala arrete a muntagna
pittanne i fogghje 'e l'albere,
e si mpizza mmenz'i rame
ppe ssi fare guardare.
Si no mi po' trovare ntra cucina,
ntra nottata,
pper'arrangiare ncuna cosa:
nu stozzaredde e case... na nsalata...
ncuna cosa ppe t'appuntare u stomeche,
e po' ti curche n'atra vota.
Prima ca si fa jurne, po'
mi trove aru tavuline,
ccu ra pinna mmenze i jirite
e l'occhje vers'u cele,
pensanne a chidde chi t'aje cuntate
e ca' però un t'aje scritte.
E chin'u sa s'unn'è state megghje
ca' si sune perse si penzère,
ca s'érene stancate
e essere pensàte
e chi mò vùlene ntra l'aria, nseme a mije.
E si guarde ntra l'aria
po' succèrere
ca', si cci sune i nuvule,
mi trove.
U vente strazza ri nuvule,
e co' vena bbena!
E po' trovare cert'occhje
ca ti guárdene,
sutta na frunta larga larga
e longa,
e dduve fosse scavate...
i pò trovare.

***

Traduzione in italiano ripresa su internet.
Anche l'originale in napoletano si trova facilmente con Google.

Sono qui Isabella, sono qui
Non mi vedi?
Già non mi puoi vedere ma sono qui.
Sono tra i libri, tra le carte antiche, dentro i cassetti del comò.
Mi trovi quando il sole entra e accende le cornici dorate d’argento, grandi piccole di legno pregiato,noce aceto mogano e palissandro, sembrano finestrelle aperte sul mondo.
Mi trovi quando il sole diventa rosso e prima di tramontare indora i rami degli alberi e si inserisce tra le foglie per farsi guardare.
Altrimenti mi puoi trovare, quando si fa sera, in cucina mentre mi preparo qualcosa per riempire lo stomaco, un pizzico di formaggio e un po’ di insalata prima di addormentarmi.
Poi mi trovi all Alba, seduto a tavolino con la penna tra le dita e gli occhi verso il cielo pensando a ciò che t ho raccontato e non ho scritto
E chissà se non sia stato un bene che si siano persi questi pensieri distratti che stanchi d esser pensati vagano per l aria insieme a me
E se guardi per l aria può succedere che mi trovi tra le nuvole e che il vento strappi le nuvole e tra esse tu trovi due occhi che ti guardano…


* * *

28 gennaio 2022

In questi tre mesi di vita di Dialetto Rossanese, ho continuato a scrivere sempre i nomi maschili e i verbi mettendo alla fine della parola la vocale 'e', che non si pronuncia proprio come una normale 'e' ma con un suono che ci rassomiglia, e a volte addirittura non si pronuncia. Questo suono è stato definito dai linguisti 'scevà' e si può conoscere la sua origine digitando questo nome su Google.

Molti amici del gruppo sostengono che in rossanese le parole non hanno la vocale finale e continuano a scriverle così.
Liberissimi di farlo! Ma io vorrei che sapessero che la scelta della 'e' finale non l'ho inventata io. È sostenuta da veri studiosi delle lingue ed è anche seguita dai due Dizionari di Dialetto rossanese esistenti: quello di Scorza e quello curato da De Benedetto.
Per dare una ulteriore prova, riporto qui di seguito parte di un interessante articolo trovato su internet.
Da tenere presente che il rossanese fa parte del gruppo linguistico napoletano e quindi ci sono notevoli affinità.

***

< La lingua napoletana, rispetto alle altre italiche, ha avuto almeno due marce in più che l’hanno resa più popolare e attrattiva nel mondo: la prima è la canzone, la seconda è la forza di seduzione del suo suono, della sua fonia che, una volta conosciuta, non ti lascia più. Devo confessare che all’inizio della mia carriera, non riuscivo a capire l’interesse di un giapponese o di un cinese, di un tedesco o di un finlandese per la mia lingua di provenienza. Tutto mi fu assolutamente chiaro quando fui invitato dal direttore di dipartimento di italianistica dell’Università di Turku ad organizzare e svolgere un corso semestrale di cultura napoletana per studenti scandinavi che si rivelò, con mio grande stupore, l’esperienza forse più coinvolgente ed interessante della mia vita di insegnante. All’inizio di ogni lezione scrivevo un proverbio o un detto napoletano alla lavagna, e dopo averlo letto lo facevo ripetere agli studenti, sicché, mi veniva da sorridere quando li incrociavo nei corridoi o per strada e mi salutavano dicendomi:..”Ogne scarrafone è bell’ a mamma soja.” Cosa vuol dire? Ogni scarafaggio sembra bello alla propria madre, cioè: l’amore di una mamma per i propri figli è immenso.
– E che cosa ti piace così tanto in questa lingua? – chiedevo io.
– La fonia, la musicalità, – mi sentivo rispondere.
– Ma anche la lingua italiana è musicale…
- Però non è la stessa cosa.
- Che cosa vuoi dire?
– Nella lingua italiana manca lo 'shevà'
(Lo scevà è un suono vocalico neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità)
-E’ vero dicevo io, è una giustissima osservazione… That makes the difference!… Lo shevà non è naturalmente tutto, ma è certamente un collante fonico che la lingua italiana non possiede.
- Poi la vocalizzazione è molto diversa
– Certamente.
Ecco, la scuola è proprio un do ut des. Non solo gli studenti imparano dagli insegnanti, ma spesso, anche gli insegnanti dai loro studenti.

* * *

3 febbraio 2022

Oggi teatro. Dalla commedia di De Filippo "Non ti pago", da me diretta in una scuola media nel 1973.

Personaggi: Don Ferdinando e la moglie Concetta; Margherita, la domestica; Aglietiello, un collaboratore di Don Ferdinando; i figli del notaio Frungillo, Luigi e Vittorio.

MARGHERITA Signo', ane bussate ara porta i figghji eru notare, chidde chi sta de casa vicin' a nnuve.

CUNCETTA E cchi bbone 'e mije? I canuscime ammalapena. Quase quase un ni manche salùtene quann' i scontàme i scale scale. Tènene chidda tigna.

MARGHERITA. Vone parrare ccu Don Ferdinande. Tènene na brutta faccia però.

CUNCETTA E falle tràsere.

MARGHERITA Trasìte.

LUIGI Bongiorno.

VITTORIO Bongiorno.

CUNCETTA Trasìte. E cchi si tratta?

LUIGI Nuve volìme parrare ccu Don Ferdinande, pecchì sulamente idde ni po' spiegare na cosa.

CUNCETTA Ferdinande ntra su mumènte sta facenne certe cose ntra cucina; sta mintènne i mmuddagghj' e sughere ari bottigghj' e pummalore ppe ru verne. I bbo fare ccu ri mane suve, rice ca come i chijura idde unni cchijura nessune. Potìte parrate ccu mije.

VITTORIO Donna Cuncé, u cane nostre é morte.

LUIGI Eru chjame cane? Chidde era co' na persuna 'e famigghja. Nuve, ara tavula, mintìjime prime u poste suve e po' u nostre. L'ame trovate subbr' a terrazza ccu ra trippa unchjata, tante, e ccu na schiuma virda chi l'escìja era vucca e d'u nase.

VITTORIO No, chidda ch'escija eru nase era giadda.

LUIGI (si corrèggia) Giadda.

VITTORIO U nonne è cchjù morte ca' vive... Chidde è becchje. Eru rispiacìre finisce ca ci mora pur'idde.

LUIGI Ah, chidde è sicure, u nonne mora appresse a Masanedde.

CUNCETTA Assè, a mije mi rispiacia, però unn'è capite pecchì u venite a cuntare a nuve.

LUIGI Donna Cuncé, u cane l'ha ammazzate Don Ferdinande, u marìte vostre.

VITTORIO L'ane jettate u valène.

CUNCETTA Chisse ull'ate e rìre manche ppe fissijare. Ferdinande vò bene a tutte l'animale, unn'è capace 'e fare male manche a na musca.

LUIGI L'è sentùte bone ije, quann'idde parràja a bùcia ávita. Unn'u sapìja idde ca, mentre era ntra cammira mija chi jetta subbr'a terrazza, ije sentįja tutte: < Prist-fo', Prist-fo', cane e munnizza! Mi sta nguajànne tutt'i raste. Mera cchi tti riche: s'i patrùne tuve un ti tènene attaccate, ti jette u valene e ti fazze morire! >.

VITTORIO Er'ha mantenùt'a parola. L'aje viste cull'occhje mije, donna Cuncé, si no avissa d'e ncecare ntra su mumènte; l'è viste ije 'e arrète a finestredda era cammira mija, parecchie notte, idde e Aglietielle, u vastàse suve, chi s'appostàjine subbr'u tette.

LUIGI Ccur'a malìntenzione. Cchi cattivèrija! Aglietiello, po', ha dde fare i cunte ccu mije. Pur'idde unn'u potìja birre, pecchì na vota ntri scale l'ha azziccàte ara gamma, l'ha date nu muzzicune c'ancora s'u ricorda.

CUNCETTA Ma chidde, subbr'u tette, ci jane ppe trovare i numeri c'ane e jocare aru lotte. Cchi nni sacce... i nuvule... u fume...

(vìrine arrivare a Ferdinande, e arrete ar'idde c'è Aglietelle)

Ah, è arrivate marìtime, u vi', parrate ccu idde.

FERDINANDO Aglieté, chjane chjane... chisse pìsine. Mò i sistemàme bellu belle ntra cristallèra.

CUNCETTA Aspetta, vira cchi bbone cca si ruve persune. Unn'è capite... u nonne... Masanedde...

FERDINANDO Cchi c'è?

LUIGI E già, vuve un sapìte nente. U fatte ca sime venute ccà un bi rìcia nente... pecchì site innocente. Aglieté, manche tu ni sa nente, anò?

AGLIETIELLO E cchi?

(Cuncetta ncumincia a mìntere i bottigghj'e ntra cristallèra)

FERDINANDO Cuncé, lassa stare. Chisse l'aje e fare ije.

CUNCETTA E fa tu, Ferdinà. Ije mò mi nni vaje. A prossima vota, ppe mmìntire i bottigghje ntra cristallera chjamàme u ncegnère (e si nni va).

FERDINANDO Mah, avissa d'e essere cchjù calme... specialmente quanne ci sune persune stràjine (po' a chidde ruve) Allura? Ije u bbì capisce... innocente... un ni sapìte nente... Parrate 'e na manèra...

LUIGI U cane era famigghja nostra è morte!

FERDINANDO Ahah, è mort'u cane!

LUIGI Come? E buvi rirìte?

FERDINANDO Beh, a mije mi rispiacia ppe buve, però, e n'atra menzina, u ringrazziate a Dije? Vi siete liberate e chiddu fastìrije e de chidda puzza e ntra casa.

VITTORIO Ma pecchì, u fastìrije u runája a buve?

LUIGI A puzza a sentijive vuve?

FERDINANDO Eh, a sentija pur'ije, a puzza, pecchì u cane s'era abituate a tràsere ntru palazze mije, facìja i còmmere suve, ranne e piccule, e po' si nni jija.

LUIGI E buve ppe chisse l'avìte ammazzate?

FERDINANDO Ma chine l'ha ammazzate? Aje pregate a Maronna e Pompeje c'u facissa crepare, chisse sì. Anze, viste ca' m'ha fatte a grazzia, romane manne ara cchjesa u pacch'e cannile chi l'avìja prumise. Però ije ull'aje toccate probbije.

LUIGI Vuve no, ma l'avìte fatte avvelenare e su vastàse (facenne nzigne ar'Aglietelle).

AGLIETIELLO Oh, ma sit'esciùte pacce? Ije, quanne scontaja ru cane vostre, mi fermaja ssempre... idde mi facìja ccu ra cura eccussì... ije pure...

FERDINANDO Movij'a cura pure tu?

AGLIETIELLO Vogghje rìre ch'era ccuntente pur'ije. Ma po' m'ha muzzicate a tradimento - chidde, era birbante a bonanima eru cane vostre - e d'e chidda vota u nni sime salutate cchjù...

LUIGI E vva bbo', vuve ricite ca' u nni sapìte nente?

FERDINANDO Probbije eccussì, u nni sapime nente.

LUIGI E allura cchi jate a ffare a notte subbr'u tette?

FERDINANDO Chisse sune affare ca' u bbi riguardene. Nuve a notta jam'e subbr'u tette pecchì... volume pijare na ntia e aria frisca.

VITTORIO Ma ije ti l'avia dditte ch'era megghje a un ci venire cca.

LUIGI (a Ferdinande) Sentìte, vuve mi site state sempre antipatiche. Quanne site venute a stare vicine a nuve, ari parente li l'aje ritte "Chidda persuna u mmi piacia".

FERDINANDO Arivère?

LUIGI Probbije eccussì. Ma mò, e roppe ch'è morte u povere Masanedde, ccu tutte i suspette ca tegne subbr'e buve, mi facìte veramente schife.

FERDINANDO (ar'Aglietelle) Guarda come li spacche sa bottigghja ntra faccia.

LUIGI Seh, seh... provàtice, site ara casa bostra, provàtice. Cchi bi pozze rìre? Ate e fare a stessa fine c'avìte fatte fare aru cane mije: na trippa tanta, a schiuma virda era vucca e ra schiuma giadda eru nase. Jaminìnne, Vittò!

(i ruve frate si nni jane)

FERDINANDO Ma guarda na ntija cchi si passa. Une sta ntra casa ssuva...

AGLIETIELLO Un ci pensate. Chidde sune na famigghja e pacce.

FERDINANDO Mah, rùneme na mana ccu ssi bottigghje, Aglieté.

* Notare come spesso le parole che cominciano con la consonante v, quando sono precedute da una parola che finisce per vocale, cambiano la v in b oppure in una doppia b. "Ara casa vostra" diventa ad esempio "Ara casa bbostra"


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7 febbraio 2022

Storie di malcostume
di Giovanna Nobile

Martino

Era de n'anne chi jija e bbenija edduve l'Onorevele, tante c'avìa ri vrazze rutte, 'e tutt'i dolce e de tutt'i cascette e frutta chi l'avìa portate. Idde ricìa ca un c'era bisogno, ma ije capiscìja ca li facìa piacire, pecchi ricìa sempre "Com'è bbone chisse! Com'è bbone chiss'atre!".
Finalmente, na romìmica ch'èreme mmenz'a gghjazza, m'ha abbrazzate avant'e tutte e m'ha dditte ca pper'avìre u poste un c'èrene cchjù probleme. E a mije ppe ra cuntentizza mi cci stapìja pijanne n'infarte.
Quann'è bbenute u tempe 'e votare ppe ru sìnneche, m'ha addimmannate quante vote li potìa portare, e ije l'è ritte "mille". Allura m'ha dditte ca tutte l'amice mije avijìne e votare co' ricìa idde, ccu ri nùmire mise in fila, si no si mrogghjàjine i carte.
Allura signe jute adduve tutt'i parente e ri persune ca' canuscìa e l'è pregate e mi far'u piacire, ricenne ca' tante ppe lore, o nu partite o n'ávitre, u lli canciàia nnente. E invece... u vote all'Onorevele potìja sempre sèrvere.
Quanne su' finit'i votazione, a mije u mm'èrene rimaste né jate né scarpe, e tante c'avìa caminate. Però a romìnica matìna l'Onorevole m'ha pijat'e sutt'u vrazze e ha ditte a tutti chidde ch'èrene ccur'idde "U virìte su cristiane? È na persuna 'e parola... m'avìa dditte mille vote e mi nna fatte pijare pur'e cchjù. E mmò u facime jire a ffatigare ara Post'e Palermo.
Ije l'è ritte c'avìja ra patente e idde ha risposte ca, siccome na persuna fine co'e mmije un si potìja mìntere a carricare e scarricare pacche, allura mi facìja ffare l'autista.
Ara Posta cci signe trasùte ccu ru vestìte eru matrimonije e mi signe presentate co' nu figurine, tante ca' tutte mi guardàjine, e une è arrivat'a si crìrire ca' ije era u capuffice nove. L'aje ritte ca' no, ca' dda però mi cci'avìja mannate l'Onorevole. E d'e tanne tutte m'ane trattate ccu ri guante gialle.
Mò tegne nu belle stipendije e fazze a vita eru signore, pecchi mi paghine pur'i trasferte e ru straordinarie era notta. Ma... parràmene chijare, si cose unn'i fazze maje, firme come s'i facissa, ma po' mi nni vaje ara casa e mmi ffazze... ntru lette mije!
All'inizzije u direttore volìa fare u forte e m'ha ditte ca ije un potìja firmare e po' jire ara casa. Ma ije l'è fatte capire c'avìa dde stare aru poste suve, si no u ricìa all'Onorevole... er'idde ha capite. Eccussì mò mi lassa mpace, pecchì si no, u sa c'u fazze trasferire.

* Racconto fortemente contestato dai lettori della pagina fb.
Ho precisato che l’autrice siciliana vuole evidenziare il malcostume diffuso in alcune fasace della nostra società. E’ un ‘racconto denuncia’!


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19 febbraio 2022

Un esperimento di scrittura:

(L'uso della vocale 'ə', ormai introdotta anche nelle tastiere dei computer e dei cellulari. Tuttavia, se scriverla è problematico, vederla scritta in un testo lungo dà un certo fastidio. Per questo è forse preferibile la vocale ‘e’. Il testo che segue dovrebbe esserne una buona dimostrazione)

A STANZIONE

U 1963 a Russanə c'érenə nu 20.000 persunə e ara Stanzione a malapena nu migghjarə. N'atrə e 3.000, cchjù o menə, stapìjinə ar'Amica, i Prainettə, u Tuscanə, Santa Maria, Foreddə e ntri campagnə.
Pecchì parrə probbijə e chidd'annə? Pecchì u 1963 ccu ra famigghja mia - ijə tenìja 15 annə - simə venutə a starə a unə eri primə palazzə, fattə ara Stanzionə 'e mastre Lucianə Stasə, chidde adduvə c'è ancora mo' a pasticceria e Pippə.
Mpaccə c'era na casicedda a dduvə pianə, e arret'a chissə a segheria e Malagarìja. 'E dda, finn'a stanzionə 'e servizijə e donn'Arturə Grazzianə, un c'era nent'avitrə, forse sule u palazzə virdə, adduvə c'è mo' a traversa eri Giuseppinə. A destra e a manca e ra strata - edduvə passajinə tutt'i machinə e ri càmmiji chi vénijinə 'e Reggə o e Tarəntə, pecchì ancora a supestrata un c'era - c'érənə i cunettə ccu l'erva.
E roppə a stanzionə 'e servizijə, a destra c'era u palazzə era Cassə 'e risparmijə e po' na casicedda, ccu l'edicula e ra signora Grazzianə, chi mò s'è trasferitə a a Port'e Ferrə; a sinistra c'era nu palazzə e quattrə pianə e po' 'u mulinə', nu fravicatə vecchjə, chi po' è statə scioddatə ppe ci fare u palazzə adduvə mò c'è a banca Unicredit. Praticamentə subbra Via Nazionale un c'era quasə nentə.
A Stanzionə si redducìja a Via Margherita. A destra, scinnennə versə u passaggə a livellə, e a sinistra nchjanannə versə Port'e Ferrə, c'érenə parecchjə casiceddə vascə. Arrivate Aru passaggə a livellə, girannə a destra s'arrivaja ara staziona ferroviaria.
Via Sibari è stata fatta ruve o tre anne e roppə, Via De Rosis ntru 75 e a piazza ntra l'annə 80.


* * *

19 febbraio 2022

In rossanese, due strofe di una poesia
di E. De Filippo

STATTE ATTENTE

Quanne l'amùre trasa
ccu ra risata e ra paccìa,
ca cumìncia ccur' a buscìa,
tanne, un ti lassa cchjù.
Statte attente ari parole chi rìce,
pecchì u core sènta ra vùce,
e po' ti ddìcia, ruce ruce,
quanne tu un ci penze cchjù.


* * *

21 febbraio 2022

Le poche 'i' a inizio parola.

Nei 4 dizionari rossanesi (Rizzo, Scorza, De Paola e Sitongia-Mingrone) le parole che cominciano con la lettera 'i' non sono più di dieci, cioè pochissime: idde (lui), intra (dentro) e poche altre. Per quale ragione?

1) quando la 'i' è seguita da un'altra vocale, assume il suono di 'j': es. jame aru mare, jetta sa cosa, mi fa male nu jìrite, chidde è nu jogàle, cca ci vò nu pipe juschènte. (In molti casi la j sostituisce anche la consonante 'g'; es. a jumènta è ntra stadda)

2) nelle parole che cominciano con 'imp' la 'i' iniziale si perde: es. mparàte (imparato), mpermère (infermiere), mpilèra (in fila), mpizzàre (infilzare), mprasticàte (imbrattato), mpùnnere (bagnare).


* * *

2 maggio 2022

U bbaje spesse ara cchiesa, però ognettante legge u Vangele, e oje vogghje scrivere ara russanise na parte eru capitəle numere 6 eru Vangele 'e Mattè.

A limosina, a preghiera e u riùne.

< Quanne facìte na cosa bona, unn'a facìte avante a tutte ppe fare virre ca site brave.
Quanne aiutate a ncune un sonate a trumma. Quanne runate ncuna cosa a chine ni tena bisogne, a mana sinistra unn'ha de sapìre chidde chi fa a mana restra. Sulamente u Patreterne ha de virre, e po' idde aiuta a buve.
Quanne ricite i preghiere, u ffacite come chidde gente faveze chi stàne all'impere ntra cchjesa ppe si fare virre 'e l'avitre cristiane. Quanne pregate, mmece, trasite ntra cammaredda vostra e chjurit'a porta, ca u Patreterne vi vira e si nni preja. E ulli ricìte troppe cose, ca' idde già sa chidde chi v'abbisogna.
Quanne facìte u riùne, u ffacìte a faccia eri mortacigne ppe fare virre a tutte ca' sìte brave. Lavativ'a faccia e facitive na bella pettinata. U Patreterne u sa ca avite fatte u sacrifici pper' idde, er'è idde chi v'a dde premiare. >
(Na ntija aje tagghjate, unn'è complete; mmenze c'è pure a preghiera eru Patrennostre)


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29 maggio 2022

A nuvula (fiaba)

  Nu jardine vrusciate eru càvire ha addimmannate aiute a na nuvula.
- Regàleme na ntia 'e acqua, signurinedda eru cele! I fiore mije si stane ammuscianne, l'erva riventa giadda e sicca e all'albəre, ppe ra risperazione, li sta pijanne a malatija.
  A nuvula si nn'è strafricate era preghiera eru jardine, è fujuta subbr' u mare e ha scarricate dda l'acqua chi portaja. U mare, come si potia pensare, unn'ha manche ringrazziate, e ra nuvula c'è rimasta malamente. Allura è juta subbra a muntagna e l'ha ditte ch'era offesa.
- E come potia crìrire c'u mare s'entusiasmaja ppe na ntia 'e acqua? - ha dditte a muntagna - Chiddə è tutt'acqua, e u regalicchje tuve u fa sulamente rìrere. Avij'e essere generosa ccu ru jardine siccate, ccu ri fiore, ccu l'erva, ccu l'albere chi mòrene mentre cerchene nu squiccil' e acqua. U regale tuve allura fussa state nu geste e bontà, e n'avisse avute ringraziamente e benarizione.
  A nuvula allur' ha capite ca, quanne nu regale un porta né conforte e né cuntentizza... u bbala nnente!

(da Fiabe e Leggende della Russia, a cura di Marina Spano, ed. G. Principato 1949)


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11 giugno 2022

La sillaba tonica.

In base alla sillaba su cui cade l'accento tonico le parole si dividono in:
- tronche, quando l'accento cade sull'ultima sillaba, es. fermò
- piane quando cade sulla penultima, es. verdùra
- sdrucciole quando cade sulla terzultima, es. triàngolo
- bisdrucciole quando cade sulla quartultima, es. telèfonami.

La cosa curiosa è che le parole che in italiano sono bisdrucciole (quasi sempre si tratta di verbi) in rossanese in genere diventano piane.
Esempi:
- telèfonami diventa telefonàme;
- intràppolano diventa ntrappolàne;
- fàbbricano diventa fravicàne;
- lasciàtemeli diventa lassatimìle;
- còmpramelo diventa accattamìle.

Altra curiosità: la stessa parola può cambiare significato spostando l'accento tonico. Es., se accattamìle significa compramelo, accattàmile significa compriamolo


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1 luglio 2022

Curiosità sul presente indicativo del verbo avere.

Scrivendo in rossanese, mi sono accorto di come riusciamo a ridurre al minimo le voci del presente indicativo del verbo avere usato come ausiliare:
- Io ho = < ije aje > (es. Ije aje fatte...) diventa < ije e > (es. Ije e fatte...)
- Tu hai = < tu ha > (già una sola sillaba!)
- Egli ha = < idd ha > (come sopra)
- Noi abbiamo = < nuve avìme > (es. nuve avime fatte...) diventa < nuve àme > (es. nuve àme fatte.. ) o addirittura < nuve o > (es. nuve o fatte...)
- Voi avete = < vuve avìte > (es. vuve avite fatte...) diventa < vuve àte > (es. vuve àte fatte...)
Essi hanno = < lore àne > (già molto breve, resta com'è).

In italiano il verbo avere, oltre che fungere da ausiliare per i tempi composti di altri verbi, indica anche la proprietà di beni materiali o l'attribuzione di pregi e difetti personali. In rossanese, nel secondo caso, al posto del verbo avere si usa il verbo 'tenère', in rossanese 'tènere' o 'tenìre'.
Esempi:
Ije tègne na machina vecchia 
Tu tène na bella faccia tosta! 
Idd tena nu bellu carattere 
Nuve avime/tenìme coragge 
Vuve avìte/tenìte pacènza 
Lore tènene nu belle jardine 

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27 agosto 2022


Il più recente dei simpatici 'siparietti' del caro amico Enzo Manera , tradotto in rossanese dal dialetto di Roseto Capo Spulico.

È carùte o s' è jettate?

Angialuzze (e subbranume 'Guarducele sinocare'), mentre caminaja subbr' a spiaggia, tutt'annavota cara longu longhe ncodd' a nna bella signora chi, trippa all'aria, s'arrustìja aru sule.
U marite era signora, ch'era dda bbicine, li rìcia: ma chi ffa?
< Signe attroppicate er' 'e perse l'equilibrije, m'ate e scusare. >
T' 'e visto ca si' attroppicate ccu nu pere, ma po' ccu ri ruve mane ti si' abbrancicate a mugghjerma! Mmece e ti jettare subbrə idda, ti potìja jettar' e l'atra menzina, subbr' i cocule eru mare.
< E m'avìa de rumper' a faccia? >

In rosetano e poi in italiano:

Ghangeguenùzze ( suprènnumenète Guàrghe ngìghe se no chèghe), mèntre camenàvede supre a spiagge, tutt' a nnavòte, càdede lunghe lunghe ncùlle a na bèlle segnora, chè, vèntre-appítte, pigliàvede u sogue.
U mèrìte vicine : che fàise?
<< Hègge sdrùmmeguète: chiedo scusa>
T' hègge viste, hèie ntrùppechète cu nu pède, ma cu duie mène t' hèie èbbrèngichète. Invèce i te iìttè supre a meglière mèie, putìse chedì dell' àte u guète, supre i pètere.
<< E chè?... me vìie strafèccè ?>>

Angelino (soprannominato Guardo in cielo se no cado), mentre camminava sulla spiaggia, improvvisamente, cade lungo lungo addosso ad una bella signora, che ventre in alto, prendeva il sole.
Il marito vicino: che fai?
<< Sono inciampato, perdendo l'equilibrio: chiedo scusa>>
Ti ho visto, sei inciampato con un piede, ma con due mani ti sei avvinghiato. Invece di buttarti sopra mia moglie, potevi cadere dall' altro lato, sopra le pietre.
<<E che?... mi dovevo rompere la faccia?>>


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Data da rintracciare

"Chi c'intra na poesia napulitane ccu ru dialette russanise?", ricite vuve. Provate ara cangiare e b'accorgite ca' nu dialette vena de l'avitre!



In Napoletano

'A foglia
quanno cade 'a copp'a l'albero
nun cade pecchè è morta
cade
pecchè l'autunno
se presenta c' 'o viento
e 'o viento
è cumme fosse
pe' sti ffoglie
'a frischezza d' 'a vita
ca te dice:
"Lass' 'a famiglia
lasse mamma e ppate
e vattènne p' 'o munno!"
'O viento
scioscia sempe a ccapa soia
tanta ragiunamento nunn 'e ffà,
ragione nun ne sente:
te piglia p' 'o culletto,
p' 'e capille,
te fa scennere nterra
e te porta cu isso
e sultant'isso sceglie
e trov' 'a terra
addò 'e ffoglie
se fann' 'o lietto
e scialano
pe'na jurnata sana...
'a jurnata cchiù bella 'e tutta 'a vita!
Scialano 'e notte
'e juorno
e a matutino,
si chiove o nce sta 'o sole...
Lassàtele sta'nterra chesti fferz' 'e tappete,
guardate cumme càgneno culore.
Càdeno meze gialle e meze verde
o sulamente verde
o verde scuro
o verde sculurito
po' se fanno russagne
e 'o sango scorre pe'dint'a chelli vvene
ca se fanno paunazze
mentre 'a pelle s'arriccia
e s'accartoccia,
cumme fanno 'e cannol' 'a siciliana
primma ca 'o pasticciere
nce ha mettuto
chella crem' 'e velluto,
fatte 'e ricotta,
'a rinto.
Nun 'e ttuccate 'e ffoglie appena càdeno:
nun 'e vedite?
Songo vive ancora.
Lassàtele sta' nterra chesti fferz' 'e tappete.
Vierno vène pe' nnuie
ma nun se scorda
'e sperdere p' 'o munno chesti ffoglie
quanno nun so' cchiù foglie.
Nce penza 'o maletiempo
'o viento
ll'acqua...
Che nce trasimmo nuie
cu ll'acqua e 'o viento?
Che ne sapimmo nuie
si chesti ffoglie
songo vive o so' morte
quanno 'o viento
corre ramo pe' ramo
e nn' 'e fa scènnere 'e preputenza
'a copp'a l'albero?

Poesia di Eduardo De Filippo



In Rossanese

A fogghja,
quannə cara e subbra l'albere,
un cara pecchì è morta,
cara pecchì l'autunne
si presenta ccu ru vente,
e u vente
è come fussa,
ppe si fogghje,
a frischezz era vita
ca ti rìcia:
"Lass a famigghjia,
lassa mamma e patre
e battìnn u munn munne".
U vente juscia sempre 'e capa sua,
tanti ragiunamente u nni ffa,
raggiune u nni senta:
ti pija d'u collette,
eri capidde,
ti fa scinnire nterra
e ti porta ccur' idd,
e sul idd scegghja,
e trova ra terra
adduv' i fogghje
si fàne u lette
e si scialane
ppe na jurnata sana,
a jurnata cchjù bella 'e tutt' a vita!
Si scialane 'e notte
'e jurne
e de matìna,
si chjiova o c'è ru sule.

..........

..........

Ate vist com'è facile?

* * *

 Chi ccazze cci fa (quanne cci vo' cci vo'! 😀) na posta eru 1950 mmenze a tante palazze eru 1800?
Caru sìnniche, u sacce ca un si' state tu aru fravicàre, ma un si potissa scioddare e mìntere l'uffice a n'atra banna?
Co' ricia ra Bibbia, "...c'è nu tempe ppe scioddare e nu tempe ppe fravicare" 😂 (Ecclesiaste 3.3)


* * * 

23 gennaio 2023

Si guardate i palazze vecchie 'e Russane, virìte ca' cci sune tantə buche (come ntra fotografia).
Mò dda cci fàne u nire l'ocedde, ma un su' state fatte ppe chisse, quanne l'ane fravicate.
Tanne servijìne ppe cci mìntire i pale pper i nnaite (i tavulune) ppe quanne s'avìja de fare na riparazione o s'avìjine e pittare i mure.
Si buche si chjamàine "rup' e nnaite". Ma, mò ch'i case si cònzene muntanne i tube 'e ferre (a mpalcatùra), i tamarre - ma ncerte vote pure i signurini! - ccu ssu nume ci chjàmine i fimmine belle chi, caminànne,  si nazzichìjine. 😂

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31 gennaio 2023

Nchjananne a Russane, mò para ca' cci sune cchjù machine ca' cristiane.
Na vota subbr'a sa strata, mmece, 'e machine ni passaja una sula, e sulamente a matina preste e ra sira, chidda 'e Don Giuvanne eri Farche'. Na Mercedes guidata sempre 'e Ferdinande, u scioffèr.
Date ca ntru reste era jurnata passaja sule ncunu ciucce, su pezze 'e strata... era d'i guagnune. Cci jocajime aru pallone (a strata era longa na vintìna e metre e larga na recìna!), a mazze e pizze, a nnuce e tante avitre joche.
Fra si joche cci nn'era une na ntia pericolose: chidde eri frecce, l'arma e l'indiane chi virijime ntri film western aru Ferrine.
I frecce si facijìne ccu dduve ferre 'e nu paràcche vecchje e nu lazze. Chjicànne nu ferre e liganne i ruve cape si facìja l'arche. All'atru ferre si facìja ra punta stricànnele subbr'a na petra, e chidde riventaja a freccia. Ma adduve si mpizzajine i frecce? Aru portune eru garace e Don Giuvanne, chi tutt'u jurne restaja cchjuse.
Subbr'a u portune, ccu ru gesse, si facijìne i circhje com'u tirassegne e po' 'e cinque o sei metre minajime a turne ppe ffare a gara. Si, unzamnaje, ppe sbagghje a freccia pijàja a ncunu guagnune, u ruvinaja. Ma ppe furtuna unn'è mai successe. 
Ntra secunna fotografia si vita u portune virde chi Ferdinande apria ogne matina e chiurìa ogne ssira.
* Cliccare sulla seconda foto per vedere il portone.



7 aprile 2023

Osservazioni sul nostro dialetto: perché a volte è necessario raddoppiare la consonante iniziale di una parola.

Esempio. 
- M'ha fatte fare na fisserìa! (tu mi hai fatto fare una sciocchezza!);
- M'ha ffatte fare na fisserìa! (lui mi ha fatto fare una sciocchezza!).
Chiedo conferma a Gennaro Mercogliano 👋






















lunedì 19 settembre 2022

Enrico Letta, l'inutile idiota


 Se l'Idiota di Fedor Dostoevskij è un uomo incapace di vedere il male negli altri e opera sempre a fin di bene, l'idiota di cui parliamo qui oggi è un uomo che vede il male in tutti gli altri e non sa far altro che danni a chi gli sta vicino. 
* * * 
 Se dopo il voto Enrico Letta andrà via dal PD, lo decideranno ovviamente gli elettori e i dirigenti del suo partito. Io non posso che limitarmi a fare qui alcune, purtroppo ininfluenti, considerazioni. 
 Quando Mattarella ha indetto le nuove elezioni, il quadro politico era abbastanza chiaro a qualunque uomo di intelligenza media, e forse anche medio-bassa. 
 I tre partiti di destra, consapevoli della legge elettorale, che assegna un terzo dei seggi alla "coalizione" che ottiene anche un solo voto in più, decidono - ovviamente - di presentarsi uniti. Non hanno programmi identici, ma con ogni probabilità si accaparreranno, in via preliminare, quasi tutti i 74/196 seggi al Senato e quasi tutti i 147/392 seggi alla Camera, pari al 37,2% (cui si aggiungeranno poi i voti ripartiti proporzionalmente)... Dopo di che si vedrà!

 Al capo di un partito concorrente, pur se di intelligenza medio-bassa, non restava che una contromossa: formare una coalizione con tutti gli altri partiti. E... dopo si sarebbe visto! 
  Ma il Prof. Letta non è un uomo di intelligenza medio-bassa. Nonostante il titolo accademico di cui non so quanto meritatamente possa fregiarsi, è nei fatti più semplicemente... un idiota, perché il campo politico che doveva coalizzare lo ha invece diviso in mille rivoli. Il 20% del PD, il 15% dei 5Stelle e il 10% dei cinque o sei partitini che stanno un po' a destra e un po' a sinistra dei due partiti maggiori, messi insieme potevano assommare a un 45%, il che avrebbe consentito di competere con la destra. Ma Letta comincia inspiegabilmente a 'dire no' ad alcuni di essi (il M5S, con cui aveva felicemente governato prima di Draghi) e a 'farsi dire no' dagli altri. Il 'divide et impera', che i saggi romani applicavano agli avversari, egli lo applica masochisticamente ai suoi potenziali alleati!   Non si accorge, l'idiota, che combattendo separatamente, nessuno di essi ha la minima probabilità teorica di avere un voto in più rispetto all'altra coalizione e che in tal modo... la sconfitta è certa! 

 Cosa accadeva in genere si comandanti militari che portavano le loro truppe alla sconfitta? Se andava loro bene dovevano dimettersi, ma nei tempi andati - e in certi popoli anche oggi - dovevano cercare di sottrarsi all'ira popolare. 
 Per fortuna oggi in Italia siamo clementi sia coi malvagi che coi fessi e per il 27 settembre ci limiteremo perciò a chiedere al nostro 'idiota' solo di fare... le valige. La Francia non è poi così lontana! 
 Messo che lì, nonostante tutto, non si accorgano della sua imbecillità e lo rispediscano a Pisa, dove, con il dovuto rispetto per quel mestiere, potrà sempre fare il ciabattino. 
 Ma non per fare le scarpe alla Meloni!

venerdì 13 maggio 2022

Dall'Atlantico agli Urali

 Spero di ricordare bene. Quando facevo le scuole elementari negli anni 50, mi pare di aver imparato che il continente europeo, ad est ed ovest, avesse questi confini geografici. Crescendo mi sono gradualmente fatto la convinzione che però questi confini non fossero solo geografici ma anche culturali: colpa - o merito? - di qualche nozione storica, di qualche ozio letterario o artistico e di alcune persone di etnia russa che ho avuto il piacere di conoscere personalmente e di apprezzare negli anni 2000.

Per questo oggi rimango sbalordito della artificiosa contrapposizione fra Russia ed Europa, di cui si riempiono la bocca i politici della UE e di cui riempiono gli articoli i loro amici giornalisti.
Non credo che Pietroburgo e Mosca siano asiatiche più di quanto Palermo e Siviglia non siano arabe. Se consideriamo europee le seconde non possiamo non considerare europee le prime.
Vedo che nei grandi romanzi russi dell'Ottocento era frequente l'uso della lingua francese nell'aristocrazia zarista, che le signore russe seguivano la moda delle grandi capitali europee e che al Bolshoj si eseguivano musiche e danze non meno raffinate di quelle della Scala di Milano. Da cosa deriva allora l'assurda e ridicola contrapposizione di cui si parlava?

L'origine è da riscontrare nella svolta politica del 1917. La grande rivoluzione comunista metteva in seria discussione il sistema economico capitalistico degli... altri Paesi europei, e soprattutto quelli del 'Nuovo mondo', il paese dei cow boy! 
Questo spiega tutto fino al 1992, cioè fino a quando la Russia mantiene un sistema economico che ha al centro lo Stato anziché l'impresa privata. Ma non ne spiega il motivo dopo quella data, cioè dopo che la Russia - preso a calci in culo Gorbacev - diventa più capitalista dell'UE. Ci dev'essere dunque un motivo nuovo, ma... altrettanto serio.

La Russia non poteva in due o tre decenni costruire un nuovo sistema produttivo capace di diventare un pericoloso concorrente economico. Aveva, ed ha, però delle enormi risorse energetiche e di materie prime che vende ai Paesi confinanti a prezzo di mercato. 
Sì tratta di prezzi non esosi, ma... perché pagarli se si potessero avere quei beni da una colonia? Ecco l'idea, e dietro l'idea una strategia. Se con una guerra - prima economica e poi militare - si riesce a decomporre quel vasto impero in tanti inermi staterelli, si possono ottenere gas, petrolio e materie prime agli stessi prezzi con cui da secoli si depreda il continente africano.
Basterebbe questo per spiegare la guerra ucraina? Si dice di no, perché è stata la Russia ad invadere lo Stato ormai cliente di Usa e GB. Ma io dico di sì, se è vero quanto dicono diverse fonti attendibili degli stessi Usa e GB, e cioè che questa guerra è stata da essi voluta e preparata fra il 2015 e il 2022 fornendo all'Ucraina grossi quantitativi di armi, addestrando il suo esercito e fornendo assistenza nella logistica e nel sistema informativo.

Da ragazzo ricordo un gioco praticato dagli scugnizzi miei coetanei. Per far fare a botte due ragazzini, si diceva a uno dei due "Se hai coraggio, toccagli il naso". Di per sé la cosa non avrebbe dovuto dare grande fastidio all'altro, ma il fatto è che in questo gioco, per convenzione, farsi toccare il naso senza reagire era considerato un segno di vigliaccheria, e perciò la persona sfidata era in obbligo di reagire.
Beh, a mio ad vviso, negli ultimi anni gli Usa e la GB - con una variante del gioco: i missili sul confine - hanno istigato gli Ucraini a sfidare il grande orso russo. E se l'operazione riesce, avranno a disposizione nuove colonie. "L'imperialismo, fase suprema del capitalismo", scriveva Lenin!

lunedì 9 maggio 2022

Pubblicazioni - Download

 I post pubblicati su questo blog fra il 2010 e il 2018 sono stati raccolti in ordine sistematico in tre volumi,  scaricabili gratuitamente insieme a "Il disagio degli insegnanti" e '"Racconti brevi".

Per effettuare il download di una o più delle pubblicazioni, basta 

1) cliccare sul link sottostante; 

2) selezionare il libro; 

3) far scorrere la pagina web fino in fondo ed effettuare il download in formato PDF.

https://archive.org/details/@cataldo_marino

lunedì 7 febbraio 2022

Femminismo e lotta di classe


Il c.d. femminismo l'ho visto nascere nella primavera del '67 mentre frequentavo l'università. Fino a quel momento sapevo bene che nella società i ruoli storicamente determinati dei due sessi erano ben diversi, in parte complementari e in parte conflittuali, ma non li avevo mai percepiti alla stregua dell'aspra lotta fra la classe dei padroni e quella dei lavoratori dipendenti.

Mi accorsi di questa nuova, per me impensata contrapposizione sociale, per via della mia infatuazione giovanile per Cina.

No, non si trattava della grande nazione di Mao, ma più semplicemente di una ragazza, figlia della proprietaria del bar sotto casa. Si era presentata così ed io non ebbi mai la curiosità di chiederle di quale nome fosse il diminutivo. Era molto bella, gentile e intelligente, e questo bastava e avanzava per uno che ogni mattina sgranava gli occhi nel vederla. 
Ogni mattina scendevo al bar da un alberghetto, tanto modesto da costare quanto una camera in affitto, e seduti a un tavolino prendevamo il caffè chiacchierando. Ho già detto che era bella, ma mi apparve ancora più bella quando mi disse che anche a lei piaceva il bel concerto di Grieg.

Non ricordo se la cosa sia andata avanti per due o tre mesi, ma è certo che a partire da un certo giorno non la trovai più lì. Pensai che fosse andata in qualche città per motivi di studio, e me ne feci, infelicemente, una ragione.
Ma non era così, e lo scoprii una mattina, quando la vidi in Piazza Duomo insieme a tante altre ragazze dislocate in ordine sparso ma unite da vestiti e atteggiamenti comuni: jeans e maglietta, e un camminare deciso, quasi maschile. La sua bella femminilità si perdeva nell'aria aperta di quella piazza.
- Ma che fai tu qua? Credevo fossi andata in qualche altra città.
- Sono qui per una manifestazione femminista - disse alzando le spalle e sorridendo compiaciuta.

Non sapevo ancora che cazzo potesse essere una manifestazione... femminista! Subodorai però che non potesse esserci nulla di buono. Fino a quel momento maschi e femmine avevamo partecipato insieme ad assemblee studentesche e cortei operai, con gli stessi striscioni contro la guerra in Vietnam e lo sfruttamento nelle fabbriche, adesso perché le femmine facevano gruppo a sé? E poi, se oltre a fare gruppo a sé si denominavano 'femministe', voleva dire che non ce l'avevano più contro i padroni delle fabbriche. Contro chi allora? Non rimaneva che una risposta: contro i maschi. Mi crollò il mondo addosso: in un minuto si perdeva nella folla la bella Cina e si profilava la sconfitta della classe operaia. Il consumismo imposto dai padroni la spaccava in due, la classe operaia, e metteva le due fazioni una contro l'altra. La determinazione quasi maschile di quelle donne sparse nella piazza, mi impedì di fare un minimo tentativo di dissuasione verso Cina, la bella. I suoi occhi erano stati molto eloquenti, inequivocabili. La salutai affettuosamente e presi la mia strada.

Faccio un salto di mezzo secolo e passa e mi ritrovo davanti a un computer e a uno smartphone con dentro i nomi di tre amiche virtuali, le migliori fra esse per intelligenza e sensibilità: Ida, Marisa e Rossana. I frutti maturi di ciò che in Piazza Duomo erano stati seminati da Cina. Sono in gamba 'ste tre donne; hanno grande intuito, forza d'animo, e anche gentilezza, ma... Con loro devi stare attento come si sta attenti in trincea in una lunga guerra di posizionamento.
Nessuna di loro, come quasi tutte le donne, conosce più la lotta di classe, e infatti non esistono più partiti socialisti o comunisti. Quella lotta ormai è di altra natura, femmine contro maschi, e altri luoghi di scontro, le mura domestiche.

Cui prodest? A chi giova tutto ciò?
La risposta la trovate in un mondo spaccato in quattro o più parti: quelli con lo yacht e l'attico ai Parioli, quelli col suv e una casa signorile, quelli con la Fiat economica e la casa in periferia e infine quelli che non hanno un euro per comprare nulla, perché senza lavoro e senza beni di proprietà. 
Fra loro, molti giovani. Maschi e... femministe!

sabato 22 gennaio 2022

Film e canzoni

 Stasera ho guardato metà di un film e, quando è terminato, mi sono detto: "L'80% dei film e il 95% delle canzoni hanno per oggetto una storia d'amore fra un uomo e una donna".
Fino ai 60/70 anni le persone dedicano 7/8 ore al giorno al riposo, 7/8 al lavoro, 4/5 per fare spese, mangiare e pulizie, 2/3 ai rapporti con gli amici e ai divertimenti (tv, computer ecc.), in pratica passiamo il 90% della giornata in tutte queste attività e poi, nei film e nelle canzoni, sembra che il rapporto si capovolga. 
Non siamo stufi di vedere ogni sera uomini e donne che si corteggiano e poi si ignorano, litigano e poi fanno pace, si baciano e poi si menano, si tradiscono e poi si riprendono, si lasciano e poi si ritrovano?
A me magari nemmeno piacevano, ma una volta si vedevano anche i pastori che guidavano le mandrie, i soldati che guerreggiavano, i contadini che affondavano i piedi nei campi, le mogli che stendevano i panni, gli uomini che tornavano stanchi dal lavoro, i bambini che andavano a scuola e poi giocavano. C'era, sì, anche la storia romantica d'amore, ma occupava il 40% dei film, non il 90!
Qualcuno che è andato un po' più di me fuori dall'Italia (ci vuol poco!), osserva: "Siamo noi mediterranei che, anche quando facciamo altro, pensiamo sempre all'amore e al sesso. Nel resto d'Europa a queste cose le persone non riservano più del 20% dei propri pensieri". 

domenica 2 gennaio 2022

Il tafano e il cavallo


<<…non troverete facilmente un altro come me, posto a fianco della città come di fianco a un cavallo grande e di razza, ma per la sua grandezza piuttosto lento e bisognoso di un tafano per essere stimolato>> (Platone, Apologia di Socrate, XVIII)

Chi mi conosce sa che, nonostante io abbia come chiunque tanti difetti, sono persona umile. Il richiamo a Socrate non può essere dunque relativo alle sue virtù intellettuali e morali, ma alla sua metafora del tafano, animaletto certamente poco nobile, ma utile a risvegliare un cavallo pigro.
Qual è il cavallo pigro che intendo stimolare? E’ l’apparato politico che, dopo la fusione fra Corigliano e Rossano, continua ad amministrare i nuclei urbani di cui la nuova città si compone come entità separate.
Questa separatezza viene perpetuata a due livelli:
- a livello urbanistico, in cui non si è capaci di tracciare vie di collegamento urbane, utili a traffici commerciali e scambi culturali;
- a livello di simboli di aggregazione sociale.

Nel 2016, due anni prima del referendum sulla fusione, pubblicai un lungo articolo in cui auspicavo l’avvicinamento fisico e culturale delle due comunità originarie, ma sembra che esso non sia stato di alcuna utilità per… orecchie che non vogliono sentire ed occhi che non vogliono vedere. [http://ilsemedellutopia.blogspot.com/2016/05/rossano-corigliano-dal-campanilismo.html]
Ma, come un tafano, ripropongo e riproporrò con caparbietà, le linee guida di quella proposta, semplificandola affinchè... gli occhi chiusi si riaprano.
Lo faccio oggi con i due schemi esplicativi che qui seguono.