lunedì 18 novembre 2019

Charles L. Allen e i comandamenti




Nel 1971, a Roma, ascolto per la prima volta “La buona novella” di Fabrizio De Andrè e… mi commuovo. Mentre ascoltiamo in religioso silenzio, si commuovono anche la mia compagna e due care amiche. A questo nostro comune sentimento pone fine solo il coro del “Laudate hominem” che, dalla storia di una vita umana tormentata, ci riporta al sacro.
Giuseppe, Maria e Gesù rivivono fra gli strumenti antichi e la voce vellutata di Fabrizio. Quell’atmosfera fiabesca persiste ancora oggi nella mia memoria, leggermente turbata solo da un brano, “Il testamento di Tito”, perché in quel brano la fiaba devìa bruscamente verso un tono quasi intellettualistico: il controcanto sistematico di Tito - uno dei due ladroni crocefissi insieme a Gesù - ai comandamenti ebraici, i quali vengono demoliti uno per uno, sia pur col nobile intento di Fabrizio di esaltare infine la specificità del messaggio cristiano: “Io nel vedere quest'uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l'amore”.

Passano quasi cinquant’anni e trovo sul web un libro scritto nel 1953 da un pastore americano metodista, Charles L. Allen. Subito lo salvo, lo stampo e lo leggo per via del titolo “La Psichiatria di Dio” (God’s Psychiatry). Pur non frequentando alcuna organizzazione religiosa, sono attirato dal libro per il mio interesse verso la psichiatria e la religione, che qui trovo accostate in modo originale. Il libro è diviso in quattro capitoli, che hanno il tono di quattro lunghi sermoni aventi per oggetto: il Salmo 23, i comandamenti così come esposti in Esodo, la preghiera del ‘Padre nostro’ e, infine, le Beatitudini.
Non penso che i principi religiosi dei Protestanti siano migliori di quelli Cattolici o ortodossi, ma devo dire che il linguaggio chiaro e coinvolgente dei primi mi affascina più degli altri. Perciò leggo e rileggo tutto con attenzione, in particolare il capitolo sui comandamenti che inizia con questa suggestiva… visione:

<< Poco dopo aver liberato i figliuoli d'Israele dalla schiavitù in Egitto e iniziato il viaggio verso la terra promessa, Mosè fu chiamato da Dio sul monte Sinai. Lassù deve avergli detto qualcosa di simile a questo: “Mosè, la tua gente è ora in marcia verso la prosperità. La terra che vi ho promessa è ricca e fertile e il frutto sarà molto più abbondante di quanto non abbiate bisogno. Quello è infatti il paese ove scorre il latte e il miele. Ma, Mosè, la gente non è felice e soddisfatta col solo possesso di beni. Il modo di vivere è molto più importante di quello che si ha. Per questo sto per darti alcune regole di vita. Voglio che tu insegni queste regole al popolo. Se vivranno secondo queste regole, io prometto di benedirli, ma, attento, se violeranno queste leggi saranno penalizzati molto severamente. Un'altra cosa, Mosè: queste regole di vita sono per tutte le genti di tutti i tempi. Non saranno mai fuori moda, non potranno mai essere abrogate o modificate.” >>

Il primo comandamento

Spero di poter fare in seguito un breve un raffronto fra le ‘accuse’ di Tito e la ‘difesa’ del dott. Allen agli altri comandamenti, iniziando ora dal primo: << [3] Non avrai altro Dio all'infuori di me. [4] Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. [5] Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. […] >> ( Esodo 20 ).
Ebrei e chiese evangeliche dividono questi versetti in due comandamenti: - il riconoscimento di un unico dio; - la proibizione di farsi immagini di idoli e di prostrarsi ad essi.
I cattolici, invece, forse per dare più ampio spazio all’iconografia che caratterizza la loro storia, mettendo in ombra i versetti 4 e 5,  vi ravvedono un solo divieto ("Non avrai altro dio...).

Avverrà il contrario per il versetto 17 << Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del tuo prossimo [...] nè alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo >>). Qui i cattolici distinguono nettamente la concupiscenza verso le mogli degli altri da quella verso i beni economici altrui, mentre sono le chiese evangeliche a farne, credo giustamente, un unico divieto.
Accettando per i primi tre versetti l’interpretazione dei cattolici e per il versetto 17 l'interpretazione degli evangelici, i comandamenti non sarebbero però dieci ma nove.
Accettando per i primi tre versetti l'interpretazione degli evangelici e per il versetto 17 l'interpretazione dei cattolici, i comandamenti sarebbero invece undici.
Strano ma vero, perchè tanto i cattolici quanto gli evangelici al numero dieci tengono molto! Il sistema decimale su di esso si fonda!

Ma torniamo al confronto fra le disperate contestazioni suggerite da De Andrè al ladrone crocefisso e le ispirate argomentazioni di Allen.
Per De Andrè non c’è alcuna differenza fra il dio del mondo cristiano e il dio di altri popoli: "Non avrai altro Dio all'infuori di me, spesso mi ha fatto pensare: genti diverse venute dall'est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te e non mi hanno fatto del male.
Trattandosi di testi poetici, De Andrè non poteva soffermarsi sui diversi aspetti dei comandamenti e si è limitato, in questo caso, alla necessità di combattere le discriminazioni religiose e le guerre che ne conseguono. Nel suo lungo sermone invece Allen ha avuto modo di mettere in evidenza il fatto che a fare da contraltare al dio degli ebrei non ci sono solo i totem, gli dei del politeismo antico e il dio del fondamentalismo islamico, ma anche qualcosa che produciamo all’interno del mondo occidentale, generato dalle stesse chiese cristiane e dal sistema economico capitalistico.
Allen denuncia l’idolatria per cinque ‘valori’, presenti da secoli nella società occidentale ma oggi assolutamente dilaganti e inarrestabili: la ricchezza, la fama, il piacere, il potere e il sapere. Quanti uomini e donne europee e americane sono guidati da sani principi spirituali e quanti quelli che invece, deificando uno o più di questi cinque valori, ne hanno fatto il fine o i fini ultimi della propria vita?
Dal punto di vista sociologico, e ricordando al riguardo qualche bella pagina di Eric Fromm, non posso non dar ragione al reverendo, il quale, dopo la simpatica e ‘immaginifica’ introduzione di Mosè a tutti i comandamenti, dieci o nove che siano, passa al commento del primo comandamento, mettendo in luce i moderni pericoli di idolatria:

<< A Vicksburg, nello stato del Mississippi, un ingegnere mi mostrò un canale quasi secco e mi disse che una volta un braccio del grande fiume Mississippi scorreva lì, ma il suo corso era stato spostato scavando un canale. Il corso del braccio del fiume non poteva essere fermato, ma poteva essere deviato. Così è per quando riguarda il nostro adorare Dio. 
 Senza un oggetto di adorazione l'uomo è incompiuto. Lo struggimento della sua anima deve essere soddisfatto. Ma può accadere che l'uomo smetta di adorare Dio per farsene un altro. C'è stata gente che ha adorato il sole o una stella o un monte. In alcuni paesi la gente adora una mucca o un fiume o qualcos'altro. Noi pensiamo che questi popoli siano primitivi. E lo sono, ma non più di quanto non lo siano moltitudini di persone in quel paese illuminato che chiamiamo America. […] 
Ci sono almeno cinque oggetti di adorazione che moltitudini di persone hanno oggi "nel cospetto" di Dio: ricchezza, fama, piacere, potere, sapere. 
La ricchezza. Per quanto molti di noi non pensino di diventare mai veramente ricchi, non siamo però mai soddisfatti di quello che possiamo ragionevolmente arrivare ad avere. Forse è una cosa buona, eccetto quando questa smania ci fa deviare dalla nostra ricerca di Dio. Può capitare che diventi così interessato a quello che ho, da dimenticare i bisogni della mia anima. 
La fama. Molti di noi non si aspettano certo di diventare famosi, eppure c'è il bambino che dice: "Guardate che salto alto che faccio", oppure: "Guardate come corro bene". Fin dalla nascita portiamo con noi il desiderio di essere notati. Non c'è nulla di male, Dio ha dato a ciascuno di noi un'identità separata e desideriamo essere notati. Come pastore ho parlato con molte persone la cui vita è un naufragio e non conoscono felicità solo perchè non hanno ricevuto l'attenzione che desideravano. Ci sono persone che si offendono moltissimo per un nonnulla. In America si spende più denaro per cosmetici di quanto non se ne spenda per l'avanzamento del Regno di Dio. Non c'è nulla di male a desiderare di avere un bell'aspetto. Ma c'è tutto il male quando il desiderio di mettersi in mostra diventa il nostro primo desiderio, e così il nostro dio. 
Il piacere. Tutti gli uomini desiderano essere felici, ma si commette errore pensando che il piacere è il mezzo per ottenere la felicità. Col piacere si dimentica la monotonia della vita di tutti i giorni, ma non si soddisfa l'anima. Il piacere è come la droga; per avere più eccitazioni, più emozioni, più sensazioni, è necessario aumentare sempre di più la dose, finchè ci si trova a brancolare fra le tombe delle nostre passioni ormai morte. […] 
Il Potere e il Sapere. Nel potere e nel sapere non c'è nulla di male. In America l'energia elettrica a disposizione di ciascun cittadino è equivalente all'energia prodotta da 150 schiavi. Ma quando il potere viene ricercato per se stesso, quando il potere viene adorato, trasforma le persone in tanti piccoli Hitler. Il sapere di per sè è cosa buona, ma l'adorazione del sapere distrugge l'obbedienza, proprio come l'adorazione del potere distrugge il carattere. >>

Sul ‘potere’ si poteva dire certamente qualcosa di più e sul ‘sapere’ c’è forse molto da obiettare. Qui il dott. Allen… ha tagliato corto, troppo corto! Nessuno è perfetto.


Note:

1) Charles Livingstone Allen (1915-2005) fu un importante ministro metodista unito che servì come pastore della Grace Methodist Church ad Atlanta dal 1948 al 1960 e come pastore della First United Methodist Church a Houston, in Texas, dal 1960 al 1983. Le sue colonne nell'Atlanta Journal e sulla Houston Chronicle, il suo ministero radiotelevisivo e i suoi numerosi libri gli hanno portato il riconoscimento nazionale.
Cresciuto in una devota casa metodista, seguì suo padre nel ministero e fu educato al Young Harris College (1930-32), al Wofford College di Spartanburg nella Carolina del Sud (1932-34) e alla Candler School of Theology alla Emory University di Atlanta (1933-37).
I suoi articoli furono un preludio alla rubrica che scrisse per l'Atlanta Journal, a partire dal 1949. Alla Grace Methodist Church di Atlanta, una trasmissione radiofonica fu avviata nel 1949, e WSB iniziò a trasmettere i suoi servizi domenicali nel 1951. Alla First United Methodist Church di Houston, il suo ministero radiofonico e le sue apparizioni televisive continuarono fino al 1983. "Radiant Living" era il titolo della sua rubrica su Houston Chronicle.
Roads to Radiant Living (1951), il suo primo libro, fu seguito da God’s Psychiatry (1953), che divenne un best-seller, e poi da The Touch of the Master's Hand (1956), All Things Are Possible Through Prayer (1958), The Miracle of Love (1972) e Meet the Methodists (1986)

2) Chi volesse leggere “La psichiatria di Dio” di C. Allen può trovare il libro alla pagina:
https://esteri.uilpa.it/attachments/article/2/la_psichiatria_di_Dio.pdf