giovedì 17 dicembre 2009

Il salto nel buio

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Ricordo che, nel 1961, in occasione del primo centenario dell’Unità d’Italia, a tutti gli alunni furono regalati un librino sulla storia del Risorgimento e una coccarda tricolore. Feci le scuole elementari e medie imparando ad onorare la memoria di Mazzini, Cavour e Garibaldi e, quando nella tv in bianco e nero si trasmettevano le commedie napoletane di Eduardo De Filippo, quelle genovesi di Gilberto Govi e quelle veneziane di Cesco Baseggio, sembrava che, da lontano, le ombre dei tre eroi del Risorgimento sorridessero: il loro sogno di un’Italia unita e sulla via della prosperità forse si stava avverando.
Poi un lento scivolare verso il declino e i particolarismi. La Democrazia Cristiana si sfalda sotto il peso di un clientelismo troppo costoso e il Partito Comunista crolla sotto le macerie del muro di Berlino. E nel vuoto appaiono i volti gialli della Lega e il sorriso untuoso di Berlusconi.
Da Berl(inguer) a Berl(usconi), come in un salto improvviso, nel buio!
Ed eccoci ora qui a leccarci le ferite: la disoccupazione giovanile (quanti studi inutili!), il precariato (impossibile metter su famiglia), l’evasione fiscale (di chi ha tanti soldi per pagarsi un consulente ad hoc), la scuola dell’accoglienza (e senza selezione), la criminalità organizzata (che si espande a macchia d’olio), l’antimeridionalismo e l’anti-italianità dei leghisti e un parlamento di basso profilo culturale. I parlamentari più colti oggi sono lo “statista” Berlusconi, che sfoggia il più trito e banale liberismo nelle sue cinque tv, l’on. D’Alema che per diventare molto arguto ha lasciato in corso d’opera l’Università di Pisa, l’on. Bondi che dialoga ripetendo all’interlocutore dieci volte la stessa frase e un magnifico Bersani che passerà alla storia per il suo eloquio… travolgente (sembra la controfigura dell’assessore romagnolo Palmiro Cangini di Zelig).
Troppa carne sul fuoco, lo so. Uno alla volta, per carità. Ma c’è tempo.
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lunedì 14 dicembre 2009

Eros e Thanatos

Amore e Morte, Eros e Thanatos, due miti, due aspetti imprescindibili dell’esistenza. Piero Angela e Licia Colò, due pilastri invece della tv educativa. Se, per via di un qualche evento eccezionale, fossi stato costretto a nominare un tutore per i miei figli, non avrei avuto dubbi, loro sarebbero stati i più affidabili. Discreti, sensibili, intelligenti e - se è vero ciò che dice Platone, che l’intelligenza coincide col Bello e il Buono – anche belli. Bello e pulito il loro modo di porgere, il loro garbo, l’inappuntabile eleganza umana di Angela, belli gli occhioni profondi della Colò.
Le loro trasmissioni sono come isole felici in mezzo a un mare di lerciume, fatto di gossip, pacchi da duecentomila euro forniti dalla dea bendata, propagande che invitano al consumo di tutto con l’immagine fissa su tette e cosce, politici che fanno finta di litigare eccetera.

In queste due isole felici, fra i servizi sulla scienza, la storia e l’ecologia, non potevano mancare quelli sulla vita degli animali, perché fanno parte della natura, della nostra vita. Noi in fondo conserviamo sempre alcuni istinti, magari repressi, nascosti, ma li conserviamo, perché con gli animali condividiamo la parte più remota e intima della nostra anima. Tuttavia, anche in queste isole, c’è qualcosa di poco gradevole. Si tratta dell’indugiare su alcuni aspetti della vita animale, attinenti appunto alle sfere di Eros e Thanatos, il soffermarvisi con un pizzico di compiacimento, che provoca un certo malessere.
Che si descrivano con bellissime immagini la vita di un leopardo, di un elefante, di un castoro o di un qualunque altro animale, arriva poi sempre il momento in cui ci si fa assistere al loro modo di procreare, le loro copulazioni, e a scene di lotta per l’esistenza, lo sbranarsi a vicenda. Ora, che si debba conoscere come fanno all’amore gli elefanti o i topi, è cosa giusta, anche se si può obiettare che ognuno potrebbe facilmente immaginarlo facendo delle opportune trasposizioni. Comunque anche in questo caso l’informazione è giustificabile in quanto viene incontro a quella curiosità umana da cui s’è originata ogni forma di conoscenza scientifica.
Quello che considero un nonsenso, per non dire un controsenso, è la visualizzazione dettagliata dello sbranarsi a vicenda. E’ vero, anche questo fa parte del nostro essere animali, già detto. Ma è anche vero che da circa tremila anni ci è stato insegnato a non uccidere, e perciò il togliere violentemente la vita provoca non piccoli sensi di colpa e assistere a torture e uccisioni provoca non poco malessere.

L’altro ieri sera, sabato 12 dicembre, dopo aver descritto con stupendi filmati come un leopardo si prendeva cura dei suoi cuccioli, la Colò ha voluto anche farci vedere come li difendeva dagli altri animali e come insegnava loro a cacciare e consumare la preda: prima un povero bufalo e poi una piccola gazzella. Questi animali venivano inseguiti e poi sbranati vivi, mentre con gesti disperati tentavano di sottrarsi agli atroci dolori che ciò comportava. Capisco bene la scelta di far vedere anche a vecchi e bambini queste dinamiche naturali, capisco di meno il fatto che scene del genere, la morte ripresa dal vivo, durino diversi minuti. Sarò anche troppo delicato, io, ma un conto è sentire le parole che descrivono lo smembramento di una bestiola viva, altro è l’assistervi, e devo confessare di aver immediatamente chiesto a mia moglie di cambiare canale per dieci minuti. Richiesta accolta e si torna poi alla Colò, sicuri del cambio di scena. E invece no, cambia l’animale ma non ciò che essi fanno: un coccodrillo sbrana un… non lo so, perché ho cambiato scena subito e definitivamente. Meglio uno stupido telefilm con un investigatore tedesco che cerca un assassino; almeno non si indugia nei particolari del momento in cui la vittima viene sgozzata, e comunque si sa che si tratta di finzione cinematografica.

A parte la reazione emotiva di fronte alle scene cruente della lotta fra gli animali, per i quali non esistono giustamente esclusioni di colpi, c’è una critica razionale nei confronti del problema. Tanto il dottor Angela quanto la gentile e affascinante, e non vi dico quanto per me affascinante, Licia Colò sembrano avere nei confronti del mondo animale un approccio alla Lorenz: tutto ciò che fanno gli animali è giusto, perché dettato dalle leggi della natura. Niente da obiettare a Lorenz, che trattava la cosa da etologo, ma, in un servizio televisivo ciò può comportare dei rischi.
Possiamo legittimamente leggere questa giustizia naturale basata sui semplici rapporti di forza, non mediati dalla cultura, come un modello, un paradigma, anche per l’uomo? Io sono sicuro che la sopraffazione di una gazzella da parte del leopardo provochi non poca gioia in tutti coloro che simpatizzano per la soluzione dei conflitti storici mediante la guerra o per la soluzione delle controversie personali facendo ricorso a intimidazioni e omicidi.
E’ possibile che altri uomini, dal carattere pacifico, possano assistere tranquillamente a queste tecniche feroci per la conquista del territorio oltre che per il procacciamento del cibo?

Qua vengono le mie perplessità su alcuni filmati della tv educativa, la quale in questo modo corre il rischio di suggerire modelli di comportamento estensibili dagli animali agli uomini. Se lo scimmione fisicamente più forte - per imporre il comando sul suo territorio o avere il privilegio di godere di molte femmine del gruppo o concedere agli altri membri del gruppo solo gli avanzi del suo fiero pasto - è autorizzato dalla natura a punire con ferite anche mortali chiunque gli si oppone, beh allora, questa la deduzione, niente di male se anche un uomo dal carattere più deciso si impone su uno più debole, se un politico carismatico prevarica su tutti, se un uomo ricco accumula e lascia che altri soffrano per le fatiche e le privazioni materiali e morali.
Insomma, il tramonto della cristianità!

Bravi e belli, Piero e Licia. Però bisogna stare attenti a non turbare, senza volerlo, la comune sensibilità e a non mandare, sempre senza volerlo, messaggi pericolosi.
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domenica 13 dicembre 2009

Le utopie

Cos’è una utopia? I più dicono che si tratti di un progetto irrealizzabile. Karl Mannheim, sociologo tedesco, nel ’29 scrisse invece che “una mentalità si dice utopica quando è in contraddizione con la realtà presente”. Insomma è il progetto di una realtà diversa. Naturalmente, visto anche l’url di questo blog, io sono per questa seconda interpretazione.
Come si fa a dire che un progetto è irrealizzabile? Lo si può dedurre solo dal fatto che non si è ancora realizzato? Ma quanto tempo occorre per la realizzazione? C’è un criterio oggettivo per poterlo stabilire in anticipo?
Una società effettivamente “cristiana” è impossibile solo perché non si è realizzata in duemila anni? E se ce ne volessero tremila? Una società più giusta e senza eccessive disparità sociali è impossibile solo perché non si è realizzata dopo un secolo nella vecchia Urss? E chi dice che non si possa sperimentare altrove fra cento anni?
Sembra che il pragmatismo e la realpolitik abbiano vinto definitivamente. Furono alla base del trionfo di Mussolini, che ne fece un cavallo vincente, e del secondo duce Berlusconi. Ne dà atto, prostrandosi ad essi, anche il leader trasformista della opposizione “baffetto massimo”, principe dell’ironia inutile.
Ma per fortuna si può ancora sperare che ideali e uomini diversi riescano a scardinare questa “realtà presente”. Quanto ci vorrà? Un anno, un secolo, un millennio? Ma proprio perché non è determinabile un tempo preciso, l’utopia non potrà mai dirsi morta. La parola d’ordine è una sola: tenacia.
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