martedì 21 novembre 2017

Analisi dell'astensionismo nelle elezioni amministrative



Italiani residenti all'estero (si consiglia di cliccare sull'immagine)

Da alcuni anni si registra una sempre più scarsa affluenza alle elezioni sia politiche che amministrative. La prima spiegazione è quella di un progressivo scollamento fra la politica e i cittadini, ma a questa bisogna aggiungere quelle particolari situazioni che, verificandosi con una certa costanza, possiamo far rientrare nella normalità: studenti universitari fuori sede; persone temporaneamente assenti dalla città di residenza per motivi di lavoro o per cure mediche o per turismo; persone anziane o malate o con handicap che, pur potendo votare a casa, hanno ragionevolmente altro a cui pensare. Tutti questi casi non rientrano nel fenomeno dell’astensionismo, ma in quello delle impossibilità o delle difficoltà.
A far risultare ancora più scarsa affluenza alle urne c’è poi anche la normativa relativa al numero dei cittadini aventi teoricamente diritto al voto, che è ben diverso da quello dei cittadini che sono effettivamente nelle condizioni di esercitare tale diritto.

Nel 2001 il ministro Tremaglia, per l'elezione di deputati e senatori, fece approvare una legge sul diritto di voto degli Italiani residenti all’estero. Questo diritto esisteva già, ma la nuova legge ne rese più facile l’esercizio, dando la possibilità del voto tramite i Consolati italiani all'estero.
Non so quanto ciò sia giusto, nutro forti dubbi perché non credo che un Italiano, che vive da 20-30 anni in Argentina o in Germania, sia sufficientemente informato sui problemi nazionali e sulle qualità dei candidati alla Camera dei Deputati e al Senato. Il meccanismo elettorale tuttavia, almeno in questo caso, non inquina i dati ufficiali relativi all’affluenza alle urne perché, per gli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), venne istituita una particolare Circoscrizione. Ciò fa sì che, se oggi in Italia va a votare il 60% degli aventi diritto e all’estero il 15%, il dato sull’affluenza risulta abbastanza chiaro.



La stessa cosa non può dirsi per quanto riguarda le elezioni amministrative e per i referendum consultivi. In questi casi infatti vengono 'ammucchiati' nelle stesse liste i cittadini residenti nel Comune e quelli residenti all’estero, i quali però non possono esprimere il voto tramite i Consolati come nelle elezioni politiche, ma devono tornare in Italia.
Non sono a disposizione i dati ufficiali relativi ai residenti all’estero, ma il fatto che, per votare, essi debbano assentarsi dal lavoro per alcuni giorni e affrontare un viaggio lungo e oneroso fa pensare che la loro partecipazione sia quasi nulla. E tuttavia essi risultano fra i potenziali elettori, determinando l’indice di affluenza ai seggi elettorali.

Il dubbio sulla irragionevolezza del calcolo dell'affluenza alle urne mi è venuto da una recente esperienza. In ottobre due città, Corigliano e Rossano, vengono chiamate dalla Regione Calabria a partecipare a un Referendum consultivo sulla loro fusione amministrativa.
I cittadini di entrambi i Comuni approvano con delle percentuali significative (rispettivamente il 61% e il 94%), ma alcuni esponenti del ‘no’ sostengono che, pur non essendo previsto un quorum, l'affluenza in uno dei due comuni (32,89%) era troppo bassa per indicare una reale e precisa volontà popolare.
Nei giorni successivi al referendum qualcuno fa però notare che non è possibile che in una città di 40.000 abitanti ci sia un corpo elettorale di 38.000 aventi diritto al voto, ben il 95% contro l’80% delle statistiche relative alle elezioni politiche. Perché questa discrepanza?
Il responsabile dell’ufficio elettorale nel predisporre le liste elettorali ha applicato correttamente la normativa vigente ma, nel dibattito pubblico che ne è seguito, non si è precisato che fra i 38.000 cittadini aventi diritto al voto c'erano ben 8.000 residenti all’estero. Al netto di questo considerevole numero di improbabili elettori, nella città di Corigliano l’affluenza non sarebbe stata del 32,89% ma del 41,69%. (1)

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Che le implicazioni politiche del peso attribuito al voto dei residenti all’estero abbia un certo rilievo è dimostrato dal fatto che la Regione Friuli-Venezia-Giulia, con L. 11 dicembre 2003 n. 21 (attualmente modificata), ha stabilito che per determinare il quorum dei votanti "non sono computati fra gli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune quelli iscritti all'anagrafe degli elettori residenti all'estero". Di tale norma, con sentenza n. 173/2005, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità. (2)
La motivazione della sentenza trova fondamento sia nel fatto che la successiva esclusione dal computo non intacca il principio costituzionale del diritto/dovere del voto, sia nell'ampia autonomia legislativa riconosciuta alle regioni a statuto speciale. Ma se un principio elettorale adottato da una regione a statuto speciale ottiene il riconoscimento di legittimità costituzionale, non si vede perché questo stesso principio non possa essere riconosciuto anche alle Regioni a statuto ordinario.

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Quanto stabilito dalla Corte costituzionale per la Regione Friuli riguarda tutti i residenti all’estero, ma per quelli che risiedono in un altro Stato facente parte dell’U.E. c’è da aggiungere qualcosa.
La Direttiva 94/80/CE del Consiglio dell’Unione europea del 19 dicembre 1994 all’art. 1 “stabilisce le modalità secondo cui i cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni comunali.”
Dunque il napoletano che trasferisce la residenza a Milano vota solo a Milano, mentre il napoletano che trasferisce la residenza Marsiglia vota per il sindaco di Napoli e per quello di Marsiglia.
Una stranezza alla quale, mi sembra, si dovrebbe porre rimedio.


NOTE

(1) E' bene precisare che la corretta valutazione politica dell'affluenza nelle elezioni amministrative riguarda tutte le città e regioni d'Italia, e in particolare quelle con più alto tasso di emigrazione.
Anche l’affluenza alle recenti Regionali della Sicilia va dunque vista sotto questa luce. Considerando il corpo elettorale al netto dei 744.035 residenti all’estero, i 2.085.075 voti espressi non costituiscono il 46,76%, ma il 53,23%.
I dati dei residenti all'estero  per ogni regione, risultanti dalla foto in alto, sono tratti dal sito internazionale.it
In un calcolo sommario gli iscritti all'AIRE in tutta l'Italia dovrebbero essere circa 5 milioni, ovviamente con diversa incidenza fra le varie regioni e i vari comuni. 


(2) Per la sentenza della Corte Costituzionale vedere:
http://www.giurcost.org/decisioni/2005/0173s-05.html

e il commento di Enrico Grosso dal significativo titolo “Italiani all'estero ed elezioni comunali. La retorica dell'uguaglianza e la ragionevole differenziazione" 
http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/old_pdf/556.pdf