venerdì 8 febbraio 2013

Premio di maggioranza e Democrazia

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L’avvicinarsi delle elezioni politiche mi ha spinto a cercare di meglio chiarire con due tabelle, relative a due diverse ipotesi, gli effetti della legge elettorale con cui si va a votare, cioè il sistema proporzionale con premio di maggioranza. La legge 21 dicembre 2005 n. 270, all’art. 1 comma 12 dice: “Qualora la coalizione di liste […] che ha ottenuto il maggior numero di voti validi […] non abbia già conseguito almeno 340 seggi, ad essa viene ulteriormente attribuito il numero di seggi necessario per raggiungere tale consistenza. […]. L’Ufficio procede poi a ripartire proporzionalmente i restanti […] seggi tra le altre coalizioni di liste”.

Nella prima tabella, posta in alto, si considera l’ipotesi che i risultati elettorali coincidano pressappoco con le stime ricavate dall’Istituto di ricerca SWG dai sondaggi del 4 febbraio 2013.
Se effettivamente la coalizione di centrosinistra dovesse ottenere il 33,6% dei voti alla Camera, si vedrebbe assegnare ben 340 deputati. Con un sistema proporzionale puro le sarebbero spettati 212 seggi, dunque ne avrebbe 128 in più.
A chi li sottrarrebbe? 50 verrebbero dal centrodestra, 24 dal centro, 33 da Grillo, 9 da Ingroia e altri 13 da partiti piccoli che non fanno parte di alcuna coalizione e non raggiungono il 2% come previsto dalla legge.
In tal modo il voto di circa otto milioni di elettori verrebbe ‘cambiato’. E’ come se gente (che parola abusata!) che ha votato verde o blu vedesse trasformarsi la scheda in rosa pallido.
A dicembre del 2011, in un altro articolo, ho chiamato questo meccanismo “furto di voti” e ancora oggi credo che non avrei potuto trovare termine più appropriato. C’è solo da aggiungere che questo tipo di furto è l’unico non previsto come reato dal codice penale. Quello di una mela sì, quello di otto milioni di voti no!
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Anche al partito di Bersani questo meccanismo in fondo è piaciuto. Da un anno il cavaliere era stato giustamente messo alla porta dai colleghi d’Oltralpe, Monti aveva ridotto lo spread, la Lega era impegnata nelle pulizie di casa sua e il pdl era sceso dal 37 al 15%. La vittoria era assicurata.
Ma subito dopo le primarie, il cavaliere si è svegliato. “Con un avversario come Bersani posso ancora farcela: nei confronti televisivi glielo faccio vedere io, altro che pettinare bambole” deve aver detto.
E, pian pianino, convince Maroni, comincia a bastonare Monti, rispolvera i suoi slogan da mercante e la sua coalizione arriva a cinque punti da quella di Bersani. Mancano due settimane al voto: basta che Bersani perda tre punti e che lui li guadagni e la Camera dei Deputati è di nuovo tutta sua (teniamo conto del fatto che per seri motivi alcuni elettori provano vergogna a dichiarare nei sondaggi di voler votare per Berlusconi). Vediamo con un’altra tabella cosa accadrebbe in questa secondo ipotesi.



Ecco, in virtù della legge dell’amico Calderoli, col 31% dei voti la sua coalizione otterrebbe 340 seggi anziché 195: un regalo di 145 deputati. Il meccanismo è identico a quello visto nella prima ipotesi, cambia solo il ladro. Nella prima ipotesi Bersani ruberebbe 50 seggi a Berlusconi, nella seconda Berlusconi ruberebbe 61 voti a Bersani. Nulla però cambierebbe per Monti, Grillo, Ingroia e Giannino. Loro sarebbero sempre derubati di 75-80 parlamentari. Del resto il premio di maggioranza e lo sbarramento sono stati introdotti proprio per tarpare le ali a tutti i fastidiosi partiti minori (comunisti, giustizialisti ecc.) e per impedire la formazione di nuovi partiti (Grillo). E… la chiamano democrazia!

Bene, rebus sic stantibus cosa possiamo fare?
Col meccanismo diabolico del premio di maggioranza che assegna a chi prende un voto in più 340 seggi, la tendenza sarà quella di votare secondo la ormai storica spaccatura fra berlusconiani ed antiberlusconiani.
Però al Senato il discorso cambia. Lì il premio di maggioranza scatta regione per regione, per cui, anche secondo la metodologia statistica, se nel Veneto a rubacchiare sarà uno, in Toscana sarà l’altro. Rubandosi fra di loro, le perdite saranno bilanciate dai profitti, e nessuno dei due ladri avrà tutto il malloppo.
Nel Senato quindi i voti di Ingroia, Grillo e Monti conteranno.
A chi, fra questi, i due ladruncoli potranno chiedere aiuto? Berlusconi, credo, a nessuno. Monti potrebbe anche collaborare con il pdl, ma con un pdl dal quale Berlusconi esca de-fi-ni-ti-va-men-te. Incompatibilità di… carattere
Maggiori chance ha invece Bersani. E’ personalmente più stimato e politicamente più vicino a tutti e tre. Potrebbe tornare a collaborare con Monti, concedendo qualcosa a Vendola sui diritti civili e sull’ecologia; cose che non dispiacerebbero neppure a Ingroia e Grillo. Ma Se Vendola si impuntasse, sarebbe costretto a considerare che Monti porterebbe l’appoggio di 40-50 senatori, mentre Vendola potrà arrivare a soli 10-15.
Lì, conteranno i numeri. Tutto, pur di non riconsegnare l’Italia alla Banda Bassotti.

Oggi abbiamo fatto un po’ di conticini e di nomi. L’amica di una mia amica di facebook, leggendo un articolo del blog, ha sottilmente ironizzato sul fatto che dal cilindro dell’’utopia’ uscissero anche cose di tal genere. Trattandosi di una gentile signora, ho incassato senza fare una piega. Ma adesso vorrei chiarire, anche a me stesso, che l’utopia non è un sogno, ma un progetto difficile e lontano, una meta verso la quale dirigersi seguendo alcuni principi: marciare verso l’orizzonte stando attenti a dove si mettono i piedi e similmente guardare dove si mettono i piedi senza mai perdere di vista l’orizzonte.
Il mio orizzonte politico è una società di eguali, ma per arrivare a questo bisogna essere disposti a una lunga marcia. Mi dispiace solo di avere i piedi un po’ stanchi e di non avere ancora tempi lunghi a disposizione. Ma, a sopravvivere al tutto, non devono essere gli individui ma le idee, che passano dai vecchi ai giovani. Come il testimone, nella staffetta, da un atleta all’altro.

Nota. Per semplificare, le variazioni percentuali ipotizzate per le due coalizioni sono state imputate a variazioni dei loro due principali partiti.
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