Rete ferroviaria nel 2017 (in rosso l'alta velocità)
Nel 1861 i
Piemontesi con le truppe regolari (per allargare il loro Regno) e alcuni
volontari Lombardi (per sottrarsi alla tassazione degli Austriaci) conquistano
il Sud.
Nel 1866
Lombardi e Veneti si liberano dal giogo austriaco e si uniscono col Plebiscito
di Venezia (85% di partecipazione e 99,99% di Si) a quelli che parlavano e
scrivevano nella loro stessa lingua, anche se nel parlare usavano più di
frequente dialetti diversi.
In quel
periodo gli ingenti depositi bancari del Sud vengono impiegati per sanare gli
ingenti debiti, contratti dal Regno di Piemonte e passati al Regno d’Italia, e
per finanziare le nascenti attività industriali del Nord.
Al Sud resta
l’artigianato, mentre a partire dal primo Novecento a Torino si fabbricano le
prime auto Fiat e a Recoaro i primi abiti della Marzotto.
Le strade e
le ferrovie sono difficili da percorrere, per cui i prodotti artigianali del
Sud restano prevalentemente nel Sud, mentre le auto e gli abiti confezionati
nel Nord restano prevalentemente nel Nord.
Dal 1861 al
1961 si spostano solo le persone e a senso unico, da Sud verso Nord: i soldati,
per liberare Trento e Trieste nel 1915 e per dare una mano ai Tedeschi nel
1940.
A partire
dal 1961 si inizia a lavorare all’autostrada Milano-Salerno e poi a quella che
congiunge Salerno con Reggio Calabria e Palermo. Grossi TIR cominciano a
trasportare le merci.
Al Sud
arrivano dal Nord le automobili e spariscono cavalli e carretti, arrivano gli
abiti confezionati e spariscono i sarti, arrivano le scarpe di Vigevano e
spariscono i ciabattini, arrivano i mobili in serie da Como e Pesaro e
spariscono i falegnami, arrivano le ringhiere tutte uguali dei balconi e
spariscono i fabbri, arrivano i gioielli di Valenza Po e spariscono gli orafi.
Le uniche
cose che al Sud non spariscono sono i prodotti agricoli, ma ben presto a quelli
coltivati in loco si aggiungeranno le mele trentine e le zucche padane. Non
spariscono neppure gli animali da allevamento, ma a quelli allevati in loco si
aggiungeranno i polli allevati a decine di migliaia in strette gabbie e… le loro
uova.
Ma se i
prodotti di un luogo vengono soppiantati dai prodotti di un altro luogo, non
c’è più lavoro e denaro per comprare. Bisogna pur esportare qualcosa. Il Sud di
nuovo esporta uomini.
E’, questa, una
cosa molto utile per l’economia nazionale. Infatti la bilancia commerciale
dell’Italia con il resto d’Europa è in passivo, ma, con le rimesse degli
emigrati dall’estero, la bilancia dei pagamenti diventa attiva.
A partire
dal 1990 tutto ciò non viene più apprezzato dalle genti del Nord. Sono ormai
diventati ricchi, pieni di autostrade, strade, ferrovie e ospedali. E le loro
imprese devono contribuire a ‘sostenere’ il Sud ormai impoverito.
Si comincia
a parlare di Secessione, ma con la moneta unica europea il progetto diventa
complicato. Per questo i secessionisti abbandonano il loro capo storico,
truculento e volgare, e lo sostituiscono con un altro… dal volto umano. Se non
ce la facciamo con le cattive – dicono, invertendo i termini della strategia più consolidata - ce la faremo con le buone: restiamo
tutti uniti, con un unico esercito (ché la carne da macello può sempre venire
comoda), ma ognuno si tiene i propri soldi, perché al Sud li spendono male.
Anno 2000.
Arrivano i Cinesi, che vendono a 5 euro ciò che gli Italiani del Nord producono
al costo di 20 euro.
E anche le
imprese del Nord cominciano a chiudere.
Nota: Per
approfondimenti più seri rinvio alle opere di Antonio Gramsci e Pasquale
Saraceno.
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