martedì 31 ottobre 2017

Breve storia semiseria della questione meridionale

Sistema aeroportuale italiano nel 2017
Rete autostradale nel 2017 (in blu le superstrade)
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Rete ferroviaria nel 2017 (in rosso l'alta velocità)


Nel 1861 i Piemontesi con le truppe regolari (per allargare il loro Regno) e alcuni volontari Lombardi (per sottrarsi alla tassazione degli Austriaci) conquistano il Sud.

Nel 1866 Lombardi e Veneti si liberano dal giogo austriaco e si uniscono col Plebiscito di Venezia (85% di partecipazione e 99,99% di Si) a quelli che parlavano e scrivevano nella loro stessa lingua, anche se nel parlare usavano più di frequente dialetti diversi.

In quel periodo gli ingenti depositi bancari del Sud vengono impiegati per sanare gli ingenti debiti, contratti dal Regno di Piemonte e passati al Regno d’Italia, e per finanziare le nascenti attività industriali del Nord.

Al Sud resta l’artigianato, mentre a partire dal primo Novecento a Torino si fabbricano le prime auto Fiat e a Recoaro i primi abiti della Marzotto.

Le strade e le ferrovie sono difficili da percorrere, per cui i prodotti artigianali del Sud restano prevalentemente nel Sud, mentre le auto e gli abiti confezionati nel Nord restano prevalentemente nel Nord.

Dal 1861 al 1961 si spostano solo le persone e a senso unico, da Sud verso Nord: i soldati, per liberare Trento e Trieste nel 1915 e per dare una mano ai Tedeschi nel 1940.

A partire dal 1961 si inizia a lavorare all’autostrada Milano-Salerno e poi a quella che congiunge Salerno con Reggio Calabria e Palermo. Grossi TIR cominciano a trasportare le merci.

Al Sud arrivano dal Nord le automobili e spariscono cavalli e carretti, arrivano gli abiti confezionati e spariscono i sarti, arrivano le scarpe di Vigevano e spariscono i ciabattini, arrivano i mobili in serie da Como e Pesaro e spariscono i falegnami, arrivano le ringhiere tutte uguali dei balconi e spariscono i fabbri, arrivano i gioielli di Valenza Po e spariscono gli orafi.

Le uniche cose che al Sud non spariscono sono i prodotti agricoli, ma ben presto a quelli coltivati in loco si aggiungeranno le mele trentine e le zucche padane. Non spariscono neppure gli animali da allevamento, ma a quelli allevati in loco si aggiungeranno i polli allevati a decine di migliaia in strette gabbie e… le loro uova.

Ma se i prodotti di un luogo vengono soppiantati dai prodotti di un altro luogo, non c’è più lavoro e denaro per comprare. Bisogna pur esportare qualcosa. Il Sud di nuovo esporta uomini.

E’, questa, una cosa molto utile per l’economia nazionale. Infatti la bilancia commerciale dell’Italia con il resto d’Europa è in passivo, ma, con le rimesse degli emigrati dall’estero, la bilancia dei pagamenti diventa attiva.

A partire dal 1990 tutto ciò non viene più apprezzato dalle genti del Nord. Sono ormai diventati ricchi, pieni di autostrade, strade, ferrovie e ospedali. E le loro imprese devono contribuire a ‘sostenere’ il Sud ormai impoverito.

Si comincia a parlare di Secessione, ma con la moneta unica europea il progetto diventa complicato. Per questo i secessionisti abbandonano il loro capo storico, truculento e volgare, e lo sostituiscono con un altro… dal volto umano. Se non ce la facciamo con le cattive – dicono, invertendo i termini della strategia più consolidata - ce la faremo con le buone: restiamo tutti uniti, con un unico esercito (ché la carne da macello può sempre venire comoda), ma ognuno si tiene i propri soldi, perché al Sud li spendono male.

Anno 2000. Arrivano i Cinesi, che vendono a 5 euro ciò che gli Italiani del Nord producono al costo di 20 euro.

E anche le imprese del Nord cominciano a chiudere.




Nota: Per approfondimenti più seri rinvio alle opere di Antonio Gramsci e Pasquale Saraceno.