venerdì 8 maggio 2020

Covid 2020: Correlazione fra Pil pro capite e contagi


“La Statistica non è tanto una scienza a sé, quanto il metodo del calcolo numerico applicato a tutte le scienze” diceva Gaetano Mosca nei suoi “Elementi di Scienza Politica”.
Il contributo di questo utilissimo metodo è stato minimo, e comunque di pessima qualità, in questo periodo di epidemia da Coronavirus in Italia. I dati ufficiali forniti dalla Protezione civile alla popolazione assetata di informazioni sono consistiti unicamente nell’arida elencazione di numeri assoluti, scarsamente significativi e difficili da capire e ricordare. Eccone un esempio nella tabella che segue.

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La tabella è esaustiva, ma non c’è la minima elaborazione statistica. Manca un qualunque criterio nel mettere in ordine le regioni e manca un qualunque indice che permetta di confrontare i dati.
I voti e i sondaggi politici, i dati sull’economia, quelli sulla demografia ecc. si esprimono in genere con delle percentuali, qui nulla di tutto questo. E allora, per ‘migliorare la nostra ignoranza’ (secondo la simpatica espressione di Nino Frassica) mi sono messo al lavoro non retribuito ed ho cercato di schiarirmi e possibilmente schiarire le idee sul problema.

1) Ho innanzitutto cercato di rapportare il numero di contagi alla popolazione residente nelle varie Regioni. Che senso ha dire che in Lombardia ci sono 75.134 contagi e in Valle d’Aosta 1.124? Vuol forse dire che Valdostani stanno meglio? No, perché, se rapportiamo quei numeri assoluti alla popolazione, ci accorgiamo che nella Valle d’Aosta ci sono 894 casi di contagio ogni 100.000 abitanti e in Lombardia 747. Se questi dati sono un po’ più significativi di quelli somministrati dal gelido, e forse anche equivoco capo della protezione civile (a Report lunedì 4 maggio si è parlato di certificazioni di mascherine non sicure!), forse valeva la pena di rifare i calcoli per tutte le Regioni. Il lavoro non è creativo né remunerativo, ma il pensionato deve pur meritarsi la pensione, e poi cosa fa in casa col Covid tutto il giorno?

2) Come si vede nella colonna in rosso, i decessi per Covid sono stati 1.437 nel Veneto e 1.152 in Liguria, dunque il Veneto sembrerebbe essere messo peggio. Ma non è così, perché in Liguria ci sono stati 14,5 decessi ogni 100 contagiati e nel Veneto solo 8. La sanità ha quindi funzionato molto meglio. E’ importante o no saperlo? Anche in questo caso forse non è inutile calcolare questi indici per tutte le Regioni.

Ecco allora qui di seguito una tabella che - rispettando un preciso ordine decrescente delle Regioni in base al prodotto interno lordo pro-capite - riporta nelle colonne 3 e 6 gli indici relativi ai casi di contagio ogni 100.00 abitanti e la percentuale dei decessi in base al numero dei contagi. 

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Osservando i dati forniti dalla protezione civile, vediamo che la diversa misura del contagio nelle varie Regioni non viene messa in relazione con alcuna possibile causa. In TV invece le ipotesi degli esperti (alcuni dei quali senza falsa modestia si autodefiniscono ‘scienziati’ anche se non si sa cosa abbiano scoperto) abbondano. In Lombardia – dicono - il contagio è maggiore perché c’è stato il PRIMO FOCOLAIO; in Veneto c’è stato un focolaio nello stesso periodo, ma è stato frenato per una diversa impostazione nei CONTROLLI e nella TERAPIA SANITARIA; le Regioni del sud hanno avuto minori contagi per la LONTANANZA DAI PRIMI FOCOLAI.
Da tre mesi illustri virologi alternano dubbi a speranze e propongono spiegazioni incerte e suggerimenti terapeutici contraddittori per debellare il virus; i tempi previsti per il controllo del contagio variano da due mesi a due anni; non si sa se l’immunità per anticorpi o vaccini è garantita a vita o vale solo per un periodo limitato; in poco tempo tutti avranno le mascherine, ma poi si scopre che molte di esse non proteggono dal virus; queste mascherine evitano di contagiare gli altri, ma non evitano di essere contagiati dagli altri. Forse ha ragione chi dice che ‘la medicina non è una scienza ma un'arte’. Non c’è certezza del domani, ma neppure di ciò che sta succedendo oggi.
Il Governo Conte ha saggiamente condizionato la normativa ai consigli di questi esperti, ma essi hanno saputo dare una sola indicazione certa: per evitare il contagio è necessario stare a casa. Ma a questo il Prof. Conte, con la sua intelligenza e la sua prudenza, forse ci sarebbe arrivato anche da solo.

In mezzo a questo guazzabuglio cosa può fare un profano di virologia, immunologia, dna, plasma, vaccini ecc.? Per identificare la causa (più probabilmente le concause) dell’epidemia, può solo giocare a fare qualche ipotesi, che è il primo passo di ogni ricerca. Quella che io azzarderò è probabilmente banale e priva di effetti utili nel breve periodo, non sarà però né assurda né nociva.
Tutti ormai sanno che al nord il contagio è alto, al centro è medio e al sud molto più basso. E’ una questione di latitudine? Di clima? Di inquinamento? Di densità di popolazione? Di stile di vita (spostamenti per lavoro e divertimento)? Presa isolatamente nessuna di queste specifiche ipotesi ha trovato un supporto nei dati e, allora, per trovare un fattore che rispondesse a uno o più di questi interrogativi, ho provato a utilizzare gli indici statistici prima menzionati. 
Risultato: questo virus attecchisce dove più alto è il Pil, cioè la ricchezza ('figlia' di industrie e commerci e 'madre' di consumi, luoghi di ritrovo, case di riposo per anziani ecc.). L’ipotesi non scaturisce solo da come vedo piazzate le Regioni italiane, ma anche dalla diversa misura in cui il virus ha trovato terreno fertile in tutto il mondo: alta negli Usa ed Europa, più bassa in Africa, Asia e nell’America latina.

Per avere una conferma di ciò, almeno per quanto riguarda l’Italia, ho fatto ricorso all’INDICE DI CORRELAZIONE fra ‘Prodotto interno lordo pro-capite’ e ‘Numero di contagi/100.000 abitanti’. Tale indice può variare tra i limiti di 'zero' (tra le due variabili non c’è alcuna correlazione) e 'uno' (correlazione massima). Nel caso in esame esso risulta essere di 0,80 (che possiamo intendere più prosaicamente come l’80%), il che vuol dire che, anche in presenza di eccezioni (valori che si discostano dalla norma statistica), un nesso certamente esiste.
A questo fine ho tracciato, e riportato qui di seguito, un grafico che presenta la dispersione delle varie Regioni secondo le due variabili citate e inoltre una linea di interpolazione che ne dimostra l’andamento in modo più significativo. Sulle Regioni che hanno un tasso di contagio che si discosta in una certa misura da quello della linea di interpolazione (Lazio, Piemonte, Liguria e Val d’Aosta) si può discettare a lungo, ma sulla sostanziale correlazione fra Pil e contagi io ho pochi dubbi. A questo virus piacciono i paesi ricchi.
E quale sarebbe allora la terapia suggerita in base a questa conclusione? Proprio quella che i governanti di tutti i Paesi aborrono: una minore enfasi sulla crescita economica e uno stile di vita più sobrio. In fondo, in questi mesi, tutti abbiamo sperimentato i vantaggi psicologici nel cessare una inutile rincorsa ai consumi; gli unici a soffrirne sono stati coloro che sul consumismo hanno basato le loro fortune.
Nei prossimi giorni (o nelle prossime settimane, secondo il tempo disponibile e la pazienza) cercherò di vedere se si trova conferma statistica della correlazione fra pil e contagi anche attraverso l’analisi di un campione di Stati europei e di altri continenti.

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