venerdì 30 settembre 2016

Diego Fusaro: Marx, l’immigrazione e l’esercito industriale di riserva

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E’ la seconda volta che ‘sbobino’ un’intervista di Diego Fusaro; che io ricordi, il solo autore per il quale ho usato tale metodo di divulgazione del pensiero. Il ‘parlato’ è più fruibile, lo scritto lascia il tempo necessario per meditare, la trascrizione del ‘parlato’ forse somma entrambi i pregi.

La prima volta l’ho fatto quattro anni fa, in occasione della presentazione del suo libro ‘Minima mercatalia’. Ne condividevo appieno il nucleo centrale, cioè la ‘fine del pensiero dialettico’ - concetto che a me ricordava tanto Marcuse (1) - ma mi dissociai dall’imputare tale involuzione al movimento studentesco del Sessantotto, figlio ideologico dello stesso Marcuse, vedendone invece la causa nel trionfo del neoliberismo e nella dissoluzione dell’URSS, realizzatisi nel corso degli anni Ottanta.(2) Una vicinanza temporale non casuale!

Sull’intervista, che oggi riporto per iscritto qui di seguito,(3) non posso invece che essere totalmente d’accordo, anche perché contiene molte considerazioni analoghe a quelle che nel 2012 avevo esposte in un articolo dal titolo quasi identico: “Marx: l’esercito industriale di riserva"(4)
La differenza consiste nella diversa angolazione dello stesso fenomeno: io denunciavo allora la convenienza del capitalismo a delocalizzare le attività produttive nei paesi a basso costo di manodopera; il Prof. Fusaro – dopo l’incremento dei flussi migratori causati dalla nascita dell’Isis e dalla fuga massiccia e costante dai luoghi di guerra e di povertà – denuncia invece l’interesse del capitalismo europeo a stimolare e favorire l’immigrazione di quei lavoratori che si accontentano di un più basso salario. Credo che le due ipotesi non siano per nulla in contraddizione, ma facce della stessa medaglia.
Cataldo Marino

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<< Quando si parla di immigrazione occorre riflettere sulla cosa stessa, evitando i due poli opposti, in realtà segretamente complementari, dell’idiotismo xenofobo delle destre e del buonismo acefalo delle sinistre. Occorre dunque tenersi a debita distanza sia dall’odio programmatico verso i migranti sia dall’elogio, a priorico e lacrimevole, dell’immigrazione. Occorre invece ragionare sulla cosa stessa in termini filosofici, e un buon punto di partenza per comprendere i processi migratori di massa oggi in atto può essere costituito dalle riflessioni che sull’esercito industriale di riserva dei lavoratori viene svolgendo Carlo Marx nel Primo Libro del Capitale, dove sostiene espressamente che il capitale vive di una sovrappopolazione di lavoratori, di modo che sia sempre presente un esercito industriale di riserva, di non lavoratori pronti ad essere integrati nella filiera della produzione e dunque tali da esercitare una pressione al ribasso sui contratti dei lavoratori concretamente impiegati nella filiera della produzione.

Il capitale ha bisogno, dunque, sempre di nuovi sfruttati, ha bisogno nella fattispecie degli immigrati, non certo per integrarli, bensì per usarli nella lotta di classe, per usarli come carne da cannone, potremmo dire senza riserve; per tenere bassi i costi della forza lavoro; per esercitare una pressione al ribasso sui lavoratori autoctoni; per creare - complici le retoriche xenofobe delle destre - l’ennesimo conflitto fra gli ultimi, fra lavoratori autoctoni e lavoratori stranieri, di modo che, anziché crearsi la coscienza di classe e la verticalizzazione del conflitto verso il capitale, si crei un’ennesima guerra fra gli ultimi, fra chi sta in basso. 

 Ecco cosa scrive Marx nel Primo Libro del Capitale a proposito dell’esercito industriale di riserva: “Ma se una sovrappopolazione operaia è il prodotto necessario dell’accumulazione, ossia dello sviluppo della ricchezza su base capitalistica, questa sovrappopolazione diventa viceversa la leva dell’accumulazione capitalistica, e addirittura una della condizioni di esistenza del modo di produzione capitalistico; essa costituisce un esercito industriale di riserva disponibile, che appartiene al capitale in maniera così completa come se quest’ultimo l’avesse allevato a sue proprie spese, e crea per i mutevoli bisogni di valorizzazione di esso il materiale umano sfruttabile, sempre pronto, indipendentemente dai limiti del reale aumento della popolazione”. 

 Cosa intende dire con ciò Marx? Egli ci suggerisce che è l’esito necessario della produzione capitalistica la creazione di una sovrappopolazione proletaria, di potenziali lavoratori salariati a cui estorcere il plusvalore. Perché? Perché il capitale getta nella massa dei diseredati, dei salariati, quelli che un tempo erano, all’interno della struttura feudale; potevano godere delle terre comuni, potevano godere di beni comuni. Il capitale produce una sovrappopolazione lavoratrice e, al tempo stesso, necessita di questa sovrappopolazione per tenere sotto ricatto costante la classe lavoratrice tramite quella sovrappopolazione, quel materiale umano sempre sfruttabile, sempre pronto a essere integrato nella produzione. 

 Ecco allora che il capitale utilizza i migranti e in generale la sovrappopolazione, non per integrarli, come ipocritamente dice, bensì per disintegrarli sempre più, utilizzandoli come materiale sfruttabile, ricattabile e sempre pronto a essere inserito nella produzione, e di più li utilizza in un duplice senso: in primis per creare conflitto fra gli ultimi, per creare un conflitto stupido e ignorante fra chi sta in basso, fra i lavoratori autoctoni e quelli stranieri, che invece dovrebbero solidarizzare e combattere insieme contro il nemico che sta in alto, che occupa il vertice della produzione; in secundis utilizza l’esercito industriale di riserva degli immigrati per fare pressione costante sul salario, giacchè i migranti, in forza delle terre da cui provengono, in forza della realtà storica altra da cui provengono, sono disposti a tutto pur di sopravvivere; sono disposti a fare per due euro all’ora, poniamo, ciò che i lavoratori autoctoni - complice la coscienza di classe, il sindacato, la storia particolare della lotta servo-signore – mai farebbero a meno di dieci euro all’ora. E in questo modo non viene innalzato anche il costo del lavoro dei migranti, non vengono portati anche loro al livello di diritto, come giusto sarebbe, dei lavoratori autoctoni; viceversa viene abbassato il costo dei lavoratori autoctoni, al ribasso verso quello degli immigrati; ecco in che senso è uno strumento della lotta di classe. 

 Dice ancora Marx a questo proposito che la sovrappopolazione, l’esercito industriale di riserva “incatena l’operaio al capitale in maniera più salda che i cunei di Efesto non lo incatenassero alla montagna”. Ecco in che senso trionfa la logica del capitale. Già nel 1845 – ricordo che Il Capitale di Marx, il Primo Libro, è del 1867 – Engels, quando pubblica La condizione della classe lavoratrice in Inghilterra, frutto di un suo viaggio nella condizione operaia inglese, nota già questo uso di classe dell’immigrazione, allorchè dice che l’operaio irlandese emigrato serve al capitale per abbassare i costi della forza lavoro dell’operaio inglese. E’ già compresa nitidamente da Engels questa valenza di classe, di sfruttamento intensificato dell’immigrazione. Engels dice testualmente “E’ questo il concorrente contro cui è costretto a lottare l’operaio inglese, un concorrente che si trova sul più basso gradino possibile in un paese civile e che appunto per questo ha bisogno di un salario minore di chiunque altro”. 

 Ecco perché per un verso la destra del denaro, l’élite finanziaria, il ‘nuovo signore’ diremmo con la grammatica di Hegel, ha bisogno degli immigrati, di nuovi schiavi da sfruttare illimitatamente, a cui estorcere pluslavoro a prezzi sempre più bassi. E, per un altro verso, la sinistra del costume, che è sovrastruttura ideologica della destra del denaro, fa continuamente l’elogio a priorico dell’immigrazione, senza mai comprendere invece che si tratta di un momento della lotta di classe in cui i migranti non vengono integrati, com’è giusto che sarebbe, ma vengono invece disintegrati, utilizzati come carne da macello nel conflitto di classe. Per questo non ha senso oggi prendersela con gli immigrati, a cui devono invece essere riservate quelle che Derrida chiamava ‘le politiche dell’ospitalità’. Occorre invece attaccare l’immigrazione e il capitale o, più precisamente, combattere il capitale come fonte da cui scaturisce anche il fenomeno dell’alienazione e dello sfruttamento del traffico umano ad essa connessa. 

 Potremmo anche dir così, sintetizzando: il nemico oggi non è chi ha fame, ma chi affama; il nemico oggi non è chi fugge, ma chi costringe i popoli a fuggire; il nemico non è chi è disperato, ma chi getta nella disperazione i popoli; il nemico è ancora una volta il capitale, per cui quelli che combattono gli immigrati sono dalla parte del capitale, alimentano questo idiotismo xenofobo tutto interno al capitale. Occorre invece, ripeto, verticalizzare il conflitto, creare un conflitto verso l’alto, verso il vertice, verso il potere capitalistico, che secerne a propria immagine e somiglianza i processi migratori, funzionali alla sua stessa logica di iper-sfruttamento dell’umano. >>

Diego Fusaro


Note

(1) Di tale affinità trovo un riscontro proprio nel tratteggio che lo stesso Diego Fusaro fa del libro di Herbert Marcuse “L’uomo a una dimensione”: 
L'uomo a una sola dimensione è l'individuo alienato della società attuale, è colui per il quale la ragione è identificata con la realtà. Per lui non c'è più distacco tra ciò che è e ciò che deve essere, per cui al di fuori del sistema in cui vive non ci sono altri possibili modi di essere. Il sistema tecnologico ha, infatti, la capacità di far apparire razionale ciò che è irrazionale e di stordire l'individuo in un frenetico universo cosmico in cui possa mimetizzarsi. Il sistema si ammanta di forme pluralistiche e democratiche che però sono puramente illusorie perché le decisioni in realtà sono sempre nelle mani di pochi.”  D. Fusaro http://www.filosofico.net/onedimensionman1.htm

“Il capitalismo non dice mai di essere ‘il miglior mondo possibile’, dice però di essere fatalmente ‘il solo mondo possibile’, squalificando le alternative, la possibilità di essere altrimenti” 
D. Fusaro https://www.youtube.com/watch?v=j6lf_1DFyyg

(2) http://ilsemedellutopia.blogspot.it/2012/08/diego-fusaro-minima-mercatalia.html

(3) https://www.youtube.com/watch?v=HfDsX7CLVIg

(4) http://ilsemedellutopia.blogspot.it/2012/10/marx-lesercito-industriale-di-riserva.html