domenica 29 aprile 2012

Libro. Fai-da-te

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Da oltre due anni ho l’abitudine, quasi un impegno con me stesso, di pubblicare sul blog due articoli al mese. In aprile sono però andato “in bianco”, e c’è un motivo ben preciso: mi sono fatto venire in testa l’idea di raccogliere in un volume tutti gli scritti pubblicati fino a febbraio, per farne omaggio a quei trenta o quaranta amici più stimati che, appartenendo alla mia generazione ed avendo poca dimestichezza con internet, non hanno avuto l’opportunità di leggere le mie divagazioni senili.
All’inizio l’impresa si presentava di una facilità estrema. Scartata l’ipotesi di una pubblicazione in tipografia, dove pretendono alte e costose tirature, per cui buona parte delle copie finisce in soffitta, mi sono collegato al sito di un editore on demand. Per un librino di 200-250 pagine il costo unitario, spedizione compresa, era sopportabile, ma bisognava utilizzare un loro template (modello) che condizionava il formato e l’impaginazione e poneva dei problemi riguardo ai margini e, last but not least (ultimo ma non meno importante), avrebbe contenuto il nome di quel sito (‘Il mio libro’), che faceva pensare più alle prime esperienze letterarie di un adolescente che alle pensose riflessioni di un anziano.

Scartata dopo varie prove questa idea, ho pensato di risolvere la cosa in modo ugualmente economico e veloce, trasformando l’originario documento word in un pdf formato opuscolo e portandolo in copisteria per la stampa digitale. I giovani amici, che conosco da quando erano dei piccoli apprendisti, fecero alla svelta la prima copia e, alla mia richiesta di unire i fogli coi punti metallici, metodo di rilegatura a cui avevo fatto ricorso per il mio breve pamphlet “Il disagio degli insegnanti” nel 2000, mi hanno gradevolmente sorpreso con l’alternativa di una macchina per rilegatura con colla a caldo, di cui recentemente si erano dotati per venire incontro alle esigenze di stampa delle tesi dei laureandi. In pochi minuti mi ritrovai felicemente in mano un tascabile di bella forma e dal taglio regolare. Il costo era inferiore a quello della casa editrice on demand e, coi margini impostati secondo i miei gusti personali, nel confronto estetico era quasi migliore.
Tornato a casa mi accorsi però di alcuni difetti che, per un maniaco del perfezionismo come io mi riconosco, erano intollerabili: le pagine facevano una sgradevolissima ‘onda’, al centro del volumetto si notava poi una loro precisa suddivisione in due parti, giusto il punto in cui una enorme taglierina aveva diviso i fogli in due, e infine, nella rilettura completa del testo per eliminare eventuali errori della sillabazione automatica di word, i fogli non raggiunti con regolarità dalla colla, uno per volta uscivano (questo difetto nelle tesi di laurea in genere non emerge, perché difficilmente si ha voglia di rileggerle prima di farle finire intatte in un cassetto o uno scaffale). Pensai che con qualche accorgimento tutti quei difetti si potessero eliminare, ma, dopo vari tentativi relativi allo spessore della carta e al modo di operare i tagli centrali e laterali, necessari per giungere al formato progettato, mi dovetti rassegnare.
Raccontai per caso di questi problemi al mio fornitore abituale di prodotti informatici, il quale, occupandosi anche della vendita di fotocopiatrici, mi fece constatare di persona come esse funzionano all’interno: aprì uno sportellino e mi fece vedere gli ingranaggi. “I fogli passano da questo rullo”, mi spiegò, “e per imprimere il toner vengono portati ad una elevata temperatura. E’ come un piccolo… forno, che non può non deformare la carta, anche quella di un certo spessore o qualità”. Evidentemente la stampa digitale, fra cui bisogna includere le più economiche stampanti laser, doveva essere scartata e non restava che stampare sulla mia Epson a ink-jet , che però non avendo la funzione ‘fronte-retro’, costringe a digitare uno per volta i numeri delle pagine di cui si chiede la stampa.

E arrivo così al ‘fai-da-te’. Ho pensato di sobbarcarmi alla stampa di ogni singola copia con la mia Epson e di limitare il lavoro della copisteria alla rilegatura. Ma a questo punto la gentilezza dei giovani amici si trasforma in insofferenza: la sola rilegatura rende poco e vedermi arrivare ripetutamente lì per ogni singola copia per ricavarne solo pochi spiccioli, era evidentemente poco conveniente. Me lo fecero capire chiaramente con il metodo più sottile e penoso: il modo freddo di accogliere la mia presenza e soprattutto le scuse con cui, arrivato il mio turno, allungavano la mia attesa. L’ultima volta uno dei due piccoli imprenditori continuò, indefesso e con lo sguardo basso, per quindici minuti circa a fotocopiare un grosso tomo, lasciatogli là da qualcuno qualche giorno prima, come se io non ci fossi. Fu come dirmi di non andare più da loro. E così io feci.

A questo punto si trattava di fare tutto a casa, con pochi mezzi e scarsa esperienza. Ma, da buon calabrese, sono testardo e non rinuncio facilmente ai miei progetti. La prima cosa da fare era di cercare su internet le informazioni necessarie allo scopo e le trovai su due siti di persone, che definire generose è poco.
Il primo, quello di Gaetano Bracale, in arte ‘Franuvolo, alla pagina http://www.franuvolo.it/sito/idee/84-fogli-sparsi.html  spiega con dovizie di particolari “come rilegare i fogli sparsi”. Lui si avvale di uno strumento complesso progettato e realizzato da lui personalmente, ma mi sono accorto che la cosa più importante in fondo era la morsa, con cui tenere fermi i fogli quando li si incolla col vinavil e vi si praticano dei tagli (di 3 millimetri consiglia lui, ma credo sia meglio da un millimetro) per inserirvi uno spago che ne aumenta la tenuta. Il secondo sito ‘generoso’ è quello di Emiliano Bruni - http://blog.ebruni.it/blog/2011/11/come-rilegare-un-libro-in-modo-semplice-veloce-ed-economico.html  - il quale suggerisce un metodo simile al primo, ma più semplice e, come il primo, oltre alle istruzioni offre un video, in cui fa vedere come si opera praticamente.
Risolto il problema della stampa e della rilegatura, ne restava aperto ancora uno. Avevo riprogettato tutto col programma Publisher della Microsoft e con un formato tascabile di 11,4x17,5 e quindi c’era ancora bisogno di una taglierina per alti spessori, il cui prezzo non era commisurato al mio intento. Se non volevo tornare dai giovani copisti - e più non lo voglio assolutamente - dovevo trovare qualcun altro disposto ad aiutarmi. Lo trovo, è un vecchio amico che gestisce un negozio di oggetti per gli uffici: è gentile e disponibile, ma il primo taglio centrale dei fogli non è preciso e quindi alcune pagine vengono con un margine interno troppo stretto ed altre con un margine troppo ampio. Se non va bene il taglio centrale, figuriamoci quelli laterali, mi dico. Risultato: tre copie da cestinare.

Dei miei progetti e dei problemi connessi discuto intanto via mail con un amico ‘speciale’. Da più di un anno leggo i suoi racconti settimanali su un sito letterario, lasciando un breve commento, e da cinque mesi sul mio blog alterno i miei articoli con un suo racconto, dal quale cerco di estrapolare alcuni aspetti ‘socio/logici’: è, questa mia, una operazione certamente riduttiva, perché il maggior pregio di quei racconti è lo stile letterario asciutto e ironico eppure sempre attraversato dall’amara consapevolezza delle difficoltà della vita. Come nel Cechov dei primi racconti brevi giovanili, sotto un’aria divertita c’è sempre un tentativo di demistificazione e di condanna dell’ipocrisia. Non poteva nascerne, da parte mia, che una profonda ammirazione, che negli ultimi mesi si è trasformata in uno schietto rapporto di amicizia, di cui mi sento onorato. Dico schietto perché per due volte gli ho mandato, a lui che nel campo è un vero talento, dei miei vecchi esperimenti narrativi, e in entrambi i casi mi ha detto la verità: niente male, ma è meglio restare nel recinto della saggistica.
Bene, questo amico, appassionato del fai-da-te, mi ha risolto il problema della taglierina. Oltre a darmi altri utili consigli, mi ha fatto notare che, stampando su formato A4 e piegando il foglio in due, non c’era bisogno di tagliare nulla.
Io già ero a conoscenza di questo metodo, perché me ne ero avvalso per precedenti pubblicazioni con punti metallici, ma questa volta lo avevo scartato per il formato troppo grande che ne veniva fuori e anche perché con esso non sono rigorosamente rispettate le proporzioni a cui oggi siamo abituati dagli editori: c’è qualche millimetro in più nella larghezza, che fa pensare più a un libro scolastico che ad un saggio o un romanzo. Però, ho pensato, se lo ha utilizzato lui che scrive tanto meglio di me, perché scartarlo? In fondo, con qualche accorgimento estetico sulla copertina, si può ovviare all’eccessiva larghezza. E infatti, bastava una striscia verticale di diverso colore, parallela al dorso e distante pochi millimetri da esso, per diminuirne la piattezza.

Adesso sono alla terza copia. Per la stampa di fogli e copertina (che ha formato Legal anziché A4 perché deve contenere lo spessore del dorso del libro), per la piegatura precisissima di ogni singolo foglio e per l’incollaggio con vinavil dei fogli sotto pressa, ogni copia richiede due o tre orette di lavoro. Però poi è un vero piacere prendere il volume in mano e poter dire, come un antico artigiano, “l’ho fatto interamente io”.
Pensi il lettore che questa fisicità del lavoro risulta per me talmente appagante che, diversamente da come consigliano ‘Franuvolo’ ed Emiliano Bruni, la colla preferisco spalmarla con le dita anziché con un pennello: al tatto mi accorgo meglio dei punti in cui lo strato è un poco più spesso del dovuto e di quelli in cui invece è troppo sottile. Nella piegatura dei fogli in due, poi, succede che i bordi non coincidano tutti al millesimo di millimetro e per risolvere il problema, a questo punto, azzardo anche io qualche consiglio ad altri: un mazzo di fogli ben compresso ha la stessa compattezza del legno, dunque lo si può levigare con della comune carta vetrata o limare con un taglierino da un euro.
Con tutte le cose fatte in questo aprile 2012, di cos’altro potevo parlare sul blog, agli amici che ogni tanto vi fanno un salto? Per un mese ho abbandonato il ‘socio/logico’ per godermi l’artigianato, e questo articolo, sui generis rispetto agli altri, vuole esserne una semplice testimonianza. Chissà, vuoi vedere che il racconto delle proprie esperienze concrete può a volte essere più gradevole e giovare più di tante ipotesi e teorie? Mi sembra un sospetto fondato.
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