giovedì 8 settembre 2011

Classi sociali e classi di età

L’ultima a dirlo è stata Giorgia Meloni: vecchi e adulti devono accettare un più basso tenore di vita per garantire un futuro ai giovani. Lei, ministra della Gioventù, queste cose le sa bene; se pure non le avesse imparate in un istituto professionale alberghiero, ne avrà di sicuro sentito parlare ripetutamente dal prof. Tremonti.
Su questa tesi io nutro però dei dubbi. Se a un pensionato viene decurtata la pensione di 400 euro mensili, l’Inps ne ricava un risparmio equivalente. E se il salario di un operaio viene decurtato di 300 euro, è il datore di lavoro a ricavarne un risparmio. Ora, se l’uno e l’altro fossero sicuri che questi 700 euro finissero nelle tasche dei figli, credo che non opporrebbero grande resistenza. Ma purtroppo, per le stranezze della nostra politica, è difficile avere fiducia sulla correttezza di questo travaso. Il denaro risparmiato dall’Inps potrebbe finire nel calderone del bilancio dello Stato, mentre il denaro risparmiato dall’imprenditore potrebbe essere investito in una villa con piscina. Parte di quegli euro, inoltre, dopo qualche giro o raggiro, potrebbe finire nelle tasche dei politici di turno. Così facendo, evidentemente, non risolveremmo il problema dei giovani.

La Meloni forse sorriderà all’idea di circoscrivere i calcoli al “qui ed ora” e sciorinerà subito la teoria della gobba pensionistica del 2030, con tanti pensionati e pochi lavoratori attivi. La stessa persona che a giugno non sapeva minimamente cosa sarebbe accaduto in luglio, pretenderà di dirci ora cosa accadrà fra 19 anni: sulla base di statistiche demografiche ed economiche, s’intende. Con ciò ritiene infatti di poter prevedere se la natalità continuerà a diminuire o invece aumenterà; se vivremo fino a 120 anni, come spera di sé Berlusconi, o invece verrà fuori qualche piccolo virus che ci stronca molto prima; se ci saranno o no guerre; quali progressi ci saranno nelle tecniche di produzione e, di conseguenza, quanti saranno i lavoratori occupati e disoccupati.
In realtà lei sa tutte queste cose esattamente allo stesso modo in cui noi anziani, nel 1990, sapevamo cosa sarebbe accaduto vent’anni dopo. Indottrinati, ai tempi della “Milano da bere”, coi fulgidi scenari liberisti e l’inarrestabile crescita delle libertà e della ricchezza, ci siamo poi ritrovati di fronte una realtà ben diversa: vaste sacche di povertà e disoccupazione, i ripetuti attacchi alle libertà dei lavoratori, razzismo, terrorismo e guerre preventive. Come si vede, non è poi così facile prevedere il futuro in base alle proiezioni statistiche. Le variabili della storia sono troppo numerose per poter essere controllate nei periodi lunghi.

Se dunque la Meloni vuole veramente aiutare i giovani, non dica più loro, con la leggerezza che contraddistingue la sua fazione, che in futuro non avranno la pensione perché i padri oggi stanno troppo bene. Perché questa è una grossa bugia, ed anche perché seminare zizzania fra padri e figli è mestiere del diavolo, e non dei cristiani. In un paese come l’Italia, poi, con certe sue peculiarità culturali, questo tipo di ingiustizie difficilmente può annidarsi nella famiglia. Credo che abbia origine altrove, forse nella forte, intollerabile discrepanza fra quel 10% di famiglie che possiede il 45% del patrimonio nazionale (i ricchi) e quel 50% di famiglie che ne possiede solo il 10% (i poveri) (1). Conosciamo gli studi di Pareto in materia di reddito, ma non per questo di fronte a ciò cessiamo di stupirci ed indignarci.
Immagino la signora Meloni, inorridita, dire che con queste argomentazioni si mette in dubbio la proprietà privata! Ebbene, non volevo dire esattamente questo: ho preso in considerazione la distribuzione della proprietà, solo perché essa è in buona misura indicativa del reddito. Ma, se pure così fosse, ricorderei che la proprietà privata non è un istituto giuridico universalmente valido nello spazio e nel tempo. La Storia l’ha creato e la Storia lo può cancellare. E pazienza se la “ricchezza delle nazioni” crescerà un poco più lentamente: vuol dire che quel 10% di famiglie di cui parlavamo prima rinuncerà a qualcosa. La ricchezza oltretutto è vissuta in modo diverso a seconda di come è distribuita. Se c’è equità, nessuno rincorre il superfluo, “vanità delle vanità”.
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(1) C’è un 10% di famiglie che possiede in media un patrimonio di un milione e mezzo di euro e c’è un 50% di famiglie che possiede in media un patrimonio di 70.000 euro. Al rimanente 40% tocca il 45% del patrimonio. Si tratta della classe media: finché una classe media ci sarà! (I dati sono della Banca d’Italia, dic. 2010, riferiti al 2008. Fonte:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/20/banca-ditalia-il-45-della-ricchezza-in-mano-al-10-della-famiglia/82840/ ).
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