sabato 11 febbraio 2012

Il debito dello Stato nella Seconda Repubblica

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Il grafico sull’andamento del rapporto fra il Debito pubblico e il Prodotto Interno Lordo* è già noto alla maggior parte degli Italiani che seguono con un certo interesse l’economia del nostro Paese. Se lo ripropongo qui, è solo per smentire alcune affermazioni che passano attraverso la televisione con la velocità e la incontrollabilità che caratterizzano questo strumento di informazione.
Giusto ieri sera, nella trasmissione Servizio Pubblico, l’ex ministro Tremonti ha dichiarato che fra il 1995 ed il 2008 tanto i governi di sinistra che quelli di destra erano riusciti in egual misura a far diminuire il rapporto debito/pil e che l’inversione di tendenza, verificatasi dal 2008 in poi, era dovuta non tanto alla crescita del debito quanto alla diminuzione del pil. Credo che non siano vere né l’una né l’altra affermazione e, per dimostrarlo con un colpo d’occhio oltre che con le argomentazioni che seguono, nella parte bassa del grafico ho aggiunto degli asterischi colorati che indicano quali forze politiche in questo quindicennio erano al governo, in modo da individuarne in modo più preciso le responsabilità.

Nei primi sei anni, cioè dal 1995 al 2001, pur con cinque governi di brevissima durata (Dini, Prodi, D’Alema I e II, Amato), il centrosinistra riuscì a ridurre il debito dal 120 al 108% del pil, cioè in media del 2% all’anno. Nei successivi cinque anni, cioè dal 2001 al 2006 invece il governo Berlusconi, il primo che nell’Italia repubblicana ha segnato un’intera legislatura, il rapporto è passato invece dal 108 al 106%, con una flessione annua dello 0,40%; e non migliore è stato l’effetto del precario governo Prodi nel biennio 2006-2008, in cui il rapporto è rimasto sostanzialmente invariato.
La palma per la peggiore gestione va però assegnata proprio al governo di cui, fra il 2008 e il 2011, Tremonti era superministro dell’economia e delle finanze: in questi anni l’indicatore economico, per il quale oggi l’Europa ci accusa e i mercati mondiali ci sfidano, è nuovamente risalito dal 106 al 120%, con una aumento medio annuo del 4,66% , neutralizzando tutti i sacrifici e gli sforzi precedenti. L’Italia, così, come nel gioco dell’oca, è tornata in tre anni al punto in cui si trovava nel ‘95.

Ne L’arte della commedia di Eduardo De Filippo, un medico lamenta il fatto che nel suo rione, quando un paziente in gravi condizioni guariva, si ringraziava un santo e, quando invece peggiorava, si dava la colpa al medico. Berlusconi e i suoi amici si sono sempre comportati come i popolani di quel rione, capovolgendo però i criteri di imputazione delle responsabilità: ogni volta che sono saliti al governo e qualcosa è andata bene se ne sono attribuiti il merito, e quando invece le cose sono andate male - e male con loro sono di regola andate – hanno attribuito la colpa a fattori esterni: il terrorismo per il periodo 2001-2006 e poi la crisi finanziaria americana dal 2008 ad oggi. E’ vero che in questi ultimi tre anni anche negli altri paesi europei il rapporto debito/pil è peggiorato, però questi partivano dal 65% e sono arrivati all’80%, sono cioè rimasti entro una soglia tollerabilissima, mentre l’Italia col suo 120% ha suscitato gravi sospetti di insolvibilità. E non senza ragione: i primi ad avere paura sono infatti gli Italiani, che preferiscono tenere i risparmi, con la massima liquidità, nei conti correnti bancari anche allo 0,50% piuttosto che impiegarli in Buoni del Tesoro poliennali al 6%.

La seconda affermazione di Tremonti è che il rapporto, di cui qui stiamo parlando, è aumentato non tanto a causa dei debiti quanto per la diminuzione del pil. Anche questo non è vero, e lo dimostrano i dati pubblicati dal dipartimento del Tesoro**, che Tremonti non può contestare perché altrimenti finirebbe per contestare se stesso. Fra il 2008 e il 2011, mentre il pil è rimasto quasi invariato, il debito è passato da 1.666 a 1.905 miliardi (+ 239). Nonostante che i tassi sui titoli pubblici si fossero mantenuti molto bassi, il governo Berlusconi è cioè riuscito a spendere molto di più di quanto incassasse. Ma la differenza – ci chiediamo - era dovuta a maggiori spese o a minori introiti fiscali? In genere si tratta della prima ipotesi, ma non mancano casi del secondo tipo. Una succinta analisi di alcune spese ingiuste o inutili è stata fatta su questo blog il 20 ottobre 2011; ora ragioniamo invece su un caso specifico, ma particolarmente significativo, di minori entrate.

Nel 2006 il Prof. Prodi – non dimentichiamo che i ‘prof’ al governo nella Prima Repubblica non costituivano una eccezione e che, in una prospettiva storica, hanno di molto ben figurato rispetto ai ‘mercanti’ di oggi - sull’ici per la prima casa aveva concesso una detrazione di circa 300 euro; questo significava che chi abitava in una casetta non pagava nulla e chi aveva un appartamento molto grande pagava il dovuto al netto della detrazione. Nel maggio del 2008 Berlusconi ha azzerato l’ici sulla prima casa per tutti i proprietari di civili abitazioni, trattando fiscalmente allo stesso modo chi abita in 80 mq e chi abita in un appartamento di venti stanze. Questo provvedimento, che mai la sinistra ha avuto l’idea (o il coraggio?) di impugnare per incostituzionalità (“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.- Art. 53 Cost.), ha fatto risparmiare molto ai cittadini agiati ed ha contribuito, insieme ad altri fatti, a gonfiare nuovamente quel debito che, come la falla di Capitan Schettino, ha messo in pericolo il sistema finanziario italiano.

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Nonostante i numerosi dati citati in questo articolo, devo confessare che non sono un fanatico dell’indice Debito/Pil. So che, pur trattandosi di uno strumento di indagine da usare in tutti i paesi europei secondo le regole comuni contenute nel manuale del Sec95, si tratta di un valore piuttosto incerto. Il numeratore (il debito) è un dato abbastanza affidabile, ma il denominatore (il pil) è in buona parte frutto di ardite supposizioni, in quanto il suo calcolo è inficiato da molti elementi: l’economia malavitosa e sommersa, l’evasione fiscale, l’auto-consumo ed i danni economici causati all’ambiente dalla produzione. Se lo Stato italiano fosse veramente in grado di determinare il valore di tutti i beni e servizi prodotti in un anno, vorrebbe dire che non c’è evasione, e i conti tornerebbero a posto senza bisogno di speciali, e tuttavia periodiche, manovre di bilancio. Ma così non è: lo Stato si limita, in realtà, ad integrare gli improbabili dati fiscali, di cui dispone, con congetture del tutto opinabili, relative ai vari elementi, leciti e illeciti, che sfuggono al suo controllo. Ciò detto, tuttavia, ipotizzando nel calcolo del pil un margine di errore costante nel tempo, si può comunque giungere a delle utili conclusioni.

Note:
*Grafico costruito sulla base dei dati forniti da Eurostat, alla pagina http://epp.eurostat.ec.europa.eu/tgm/table.do?tab=table&init=1&plugin=1&language=en&pcode=tsieb090  

** http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/_link_rapidi/debito_pubblico.html 
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