sabato 26 marzo 2011

Lombardia. Elezioni europee 2009


Chiarimenti relativi alla tabella.

I dati delle prime quattro colonne sono stati rilevati dal sito del Ministero dell’Interno (Archivio storico delle elezioni). Il numero dei votanti degli “Altri comuni” sono stati calcolati per differenza fra la colonna della provincia e quella del capoluogo. Le percentuali ottenute dalla Lega in “Altri comuni” sono state invece ricavate con la formula inversa della media aritmetica ponderata. Faccio l’esempio della provincia di Milano:

(1.691.440 x 14,70) – (637.161 x 11,74) : 1.054.279 = 16,49%

Le colonne dei votanti, che si riferiscono a tutti i cittadini che si sono recati alle urne a prescindere dal voto espresso, sono utili per mettere in rilievo l’indice di significatività del dato percentuale, che è invece riferito ai voti ottenuti dalla Lega.

Le province sono state elencate in ordine crescente, partendo da quella in cui la Lega ha ottenuto la percentuale più bassa (Milano, 14,70%) per arrivare a quella con la percentuale più alta (Sondrio, 41,47%).

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Le osservazioni che seguono faranno probabilmente sorridere i tanti politici lombardi, i quali conoscono già abbastanza bene la situazione locale. Non altrettanto avverrà forse per gli abitanti delle altre regioni e per i cittadini che partecipano alla politica non da protagonisti ma da semplici spettatori.

1) Le percentuali ottenute dalla Lega nei capoluoghi sono sistematicamente più basse di quelle ottenute nei centri urbani più piccoli e nelle campagne. Nella città di Lecco, ad esempio, si ferma al 18,81%, mentre negli altri comuni della provincia arriva al 27,25%, con uno scarto di 8,44 punti. Del dato si trova conferma nel fatto che nel 2010 la Lega, pur candidando a sindaco Castelli, un Ministro della Repubblica, con tutte le maggiori chances che ciò può comportare, in città ha ottenuto solo il 20,66% e, insieme al PDL, ha perso il confronto elettorale col candidato del centrosinistra al primo turno.

2) Nelle province situate in pianura la Lega si attesta fra il 15% e il 22%, mentre in quelle a nord di Milano la percentuale oscilla fra il 26% e il 33%, per arrivare nella provincia più a nord, Sondrio, al 41,47%.

Da quanto osservato sembrerebbe di poter dedurre che il fenomeno leghista risenta della più forte chiusura culturale delle comunità di piccole dimensioni e delle zone montane; la dimostrazione più evidente ne è il risultato della cittadina di Sondrio, in cui per il sommarsi di entrambe le componenti, perifericità e ridotte dimensioni urbane (22.000 abitanti), la Lega raggiunge il 31,97%.

Milano, da parte sua, con motivazioni e risultati opposti, non fa che confermare tale meccanismo: tanto in città (11,74%) quanto in provincia (16,49%) la Lega ottiene i risultati più bassi dell’intera regione. Bisognerà pur chiedersi perché nella Lombardia, regione guida della Lega, si arrivi al 22,76%, mentre a Milano, città guida della Lombardia, la Lega ottiene percentualmente la metà dei voti. Non mi sembra azzardato dedurre che il superamento di una certa soglia di dinamismo economico e culturale, legato per un verso alla struttura e alla posizione del territorio e per un altro verso all’ampiezza dei centri urbani, divenga a un certo punto incompatibile con la cultura leghista.

L’unica cosa che resta da spiegare è perché la Lega, sia pur entro certi limiti, abbia attecchito nella regione col reddito medio pro-capite più alto d’Italia. Ma il mistero prima o poi, come tutti i misteri, è destinato ad essere svelato dagli storici, o dalla Storia.

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