mercoledì 7 novembre 2012

Gli organi collegiali

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Fino al 1974 la scuola italiana escludeva da ogni decisione di tipo organizzativo e didattico gli alunni e le famiglie e dava agli insegnanti un ruolo piuttosto limitato rispetto alle direttive del dirigente scolastico. I decreti delegati di quell’anno posero fine a queste esclusioni, istituendo in ogni scuola gli organi collegiali: il Consiglio di classe (preside, insegnanti, studenti e genitori), il Consiglio di istituto (stesse componenti del Consiglio di classe) e il Collegio dei docenti (preside e insegnanti). Per ognuno di questi organi i decreti delegati hanno stabilito le attribuzioni e le regole fondamentali di funzionamento.
L’obiettivo principale che quei decreti volevano raggiungere era quello di rafforzare le forme di democrazia partecipativa all’interno di una struttura scolastica fino ad allora autoritaria, ma che in quegli anni veniva pesantemente investita da una impetuosa, a tratti dirompente, contestazione da parte della società civile, in generale, e degli studenti universitari e medi, in particolare.

A distanza di circa venticinque anni dalla loro istituzione, questi organi rischiano di subire, nelle situazioni di fatto ancor prima che in nuove norme, una ristrutturazione in senso autoritario. Questa operazione politica è tanto più facile e rischiosa quanto più le componenti dei docenti, degli alunni e dei genitori ignorano i principi fondamentali che regolano il funzionamento degli organi collegiali. E’ per questo che bisogna sentire il dovere di avvicinarsi al problema e cercare di suscitare per esso un certo interesse fra colleghi e studenti.
Per una definizione degli organi collegiali ricorriamo alle parole del prof. Costantino Mortati, insigne giurista e coestensore prima e interprete poi della nostra carta costituzionale.
Nel suo testo di Istituzioni di Diritto Pubblico, su cui si sono forgiati e continuano, sia pur in modi diversi, a forgiarsi studenti universitari di più generazioni e che rappresenta ancora oggi un pilastro di quel ramo del diritto, il prof. Mortati, a proposito degli organi collegiali, si esprime nei seguenti termini: “…sono quelli che hanno come titolare un insieme di persone chiamate ad agire come unità, essendo la volontà dei singoli unificata nel collegio cui ogni membro partecipa, in condizione di parità e di inseparabilità. Sembra inesatta l’opinione che considera i singoli componenti il collegio, anziché titolari di un unico organo, distinti organi dello Stato oppure organi interni dell’organo collegiale”.
Sulla definizione si ritiene utile qualche semplice annotazione esemplificativa.
Che la titolarità dell’organo collegiale spetti a più persone come se fossero un’unica persona (“agire come unità”) significa nel nostro caso, cioè negli organi della scuola, che né un membro (il docente Tizio o il genitore Caio) né una componente dell’organo collegiale (i docenti, gli alunni, i genitori o il preside) possono credere di rappresentare unilateralmente l’intero organo.

L’affermazione che “ogni membro partecipa in condizione di parità” rafforza tale idea, significando che nessuno può pretendere di influenzare la volontà unitaria dell’organo collegiale accampando una qualche speciale prerogativa.
Questa regola non trova eccezioni nemmeno per quanto riguarda il ruolo di colui che presiede l’organo collegiale, il quale deve limitarsi a garantire il corretto svolgimento dei lavori: 1) facendo le convocazioni con la preventiva comunicazione dell’ordine del giorno (gli unici problemi che il collegio può discutere e su cui può deliberare); 2) dando la parola a tutti i i partecipanti che ne fanno richiesta; 3) assegnando a chiunque e quindi anche a sé stesso un tempo massimo per esporre le proprie argomentazioni ed evitando così interventi troppo lunghi che danneggiano l’economia del dibattito; 4) impedendo interventi non pertinenti rispetto all’ordine del giorno; 5) invitando i membri del collegio a presentare tutte le mozioni ritenute soggettivamente opportune e che solo secondo il vaglio dell’organo collegiale possono essere accolte o respinte; 6) sottoponendo al voto le singole mozioni presentate, con le procedure (voto palese o segreto , per alzata di mano o per appello nominale) stabilite, di volta in volta, dallo stesso organo in base al principio di autoregolamentazione; 7) garantendo la corretta verbalizzazione di tutte le delibere e dei soli interventi per i quali ne sia stata fatta esplicita richiesta; 8) specificando gli esiti delle votazioni (unanimità o maggioranza dei voti validamente espressi).

Il presidente dell’organo collegiale, ad esempio un rappresentante dei genitori nel caso del Consiglio di Istituto, non guida i lavori del collegio nel senso di suggerire, né tanto meno di imporre, il proprio punto di vista in quanto più alto e qualificato rispetto ad altri punti di vista. Egli è guida solo nel senso di garantire un regolare, ordinato ed efficiente svolgimento dei lavori. Su questo punto il Mortati è molto chiaro, quando afferma che i singoli componenti il collegio non sono “organi interni dell’organo collegiale”; in altre parole, ogni membro di un organo collegiale si presenta, in quella sede, spoglio di qualunque ruolo esso possa di norma ricoprire all’esterno di tale organo.
Quando sorgono dubbi su quale debba essere il regolare funzionamento di un qualunque organo collegiale della amministrazione statale, può sempre essere utile un riferimento a quelli che sono i più importanti organi di questo tipo: i due rami del Parlamento. Far assistere gli alunni e, perché no?, anche docenti e genitori (per i presidi si presuppone già una buona conoscenza di questi meccanismi procedurali) ai dibattiti parlamentari trasmessi dalla televisione in occasione di decisioni politiche importanti, sarebbe una lezione molto utile per capire e “praticare” le principali regole della democrazia a tutti i livelli.
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1. Nato a Corigliano Calabro nel 1891, morto a Roma nel 1985. Professore di Diritto costituzionale, deputato alla Costituente, giudice della Corte Costituzionale.

2. Al voto segreto si ricorre quando la decisione riguarda le persone.
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* Questo articolo fa parte del mio saggio “Il disagio degli insegnanti”, pubblicato a dicembre del 2000 a Rossano (CS) e riproposto sui siti www.unicobas.it  nel 2001 e sul mio sito personale www.itineraricataldolesi.it  nel 2007.
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