martedì 29 novembre 2011

Europa 2011, Mont Merkozy

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Col persistere della crisi finanziaria nei paesi europei più deboli e con il progressivo contagio ai paesi più forti, torna a farsi sentire la voce degli antieuropeisti, che vedono nella moneta unica il condizionamento delle politiche nazionali e quindi della democrazia. Si tratta di posizioni antistoriche, di persone che giudicano i singoli eventi in un contesto temporale troppo circoscritto.
Il libero scambio delle merci e la libera circolazione delle persone in ambito continentale, oltre a frenare il ritorno a forme di nazionalismo che nel passato hanno portato a disastrosi conflitti bellici, hanno il merito di sostenere l’Europa nella difficile competizione con nuovi sistemi economici di grandi dimensioni demografiche e forti potenzialità economiche.
Ma, al di là delle considerazioni relative al commercio internazionale, mettere in discussione il processo di unificazione politica e monetaria europea incide negativamente anche sul nostro modo di vivere quotidiano. A me non dispiace affatto poter confrontare con un’unica unità di misura i salari ed i prezzi nei vari paesi europei. E trovo giusto che un giovane italiano colga l’opportunità di guadagnare tremila anziché mille euro spostandosi in un altro paese, che un lavoratore tedesco possa programmare una vacanza sull’Adriatico conoscendone in anticipo il costo e che un esportatore siciliano possa sapere con certezza - senza gli intralci di un cambio instabile - quanto ricaverà dalla vendita degli agrumi nei supermercati di Berlino.

La speculazione finanziaria sta rallentando questo processo, ma non potrà bloccarlo né tantomeno invertirlo. In questo periodo lo si può solo gestire mediante politiche economiche concertate, capaci di proteggere i sistemi produttivi, i salari e i risparmi. Nessuno saprebbe, ritornando all’emissione di lire da parte dello Stato italiano, quale sarebbe il salario di un operario e quale il prezzo di un litro di latte, quante lire si ritroverebbe in banca chi vi ha depositato in euro il sudato tfr, quanto si ricaverebbe dalla vendita di una partita di merce con pagamento a due mesi e col prezzo nuovamente stabilito in marchi.
So di mettermi, con queste idee dei raffronti e delle convenienze, in una logica mercantesca che per la mia formazione politica mi sta anche abbastanza stretta. Però anche chi sogna una forma di società ideale in cui il dare e l’avere fra l’individuo e la società non devono necessariamente coincidere, prima di agire è costretto ad analizzare la situazione. Non si può guardare l’orizzonte senza stare attenti a dove si mettono i piedi, come non si può stare attenti soltanto a dove si mettono i piedi perdendo di vista l’orizzonte.

I vantaggi del processo di unificazione europea non si fermano all’aspetto puramente economico. Essi consentono anche importanti raffronti fra i sistemi elettorali, amministrativi e fiscali, fra i sistemi di istruzione e di organizzazione del lavoro, fra le varie forme di welfare, fra i livelli di garanzia dei diritti civili, fra le regole di funzionamento del mercato. Non si tratta di copiare, ma di cogliere l’opportunità di far emergere più chiaramente i punti di forza e di debolezza di ciascun sistema.
Sul piano politico la crisi ha comunque avuto in Italia un risvolto positivo. Ha costretto il 4° Governo Berlusconi a dichiarare il suo fallimento, ha costretto una opposizione eterogenea ad ammettere l’incapacità di proporre un programma unitario ed ha costretto l’uno e l’altra ad abbassare i toni dello scontro ed a cooperare per il bene comune. Certo l’azione del nuovo governo guidato da Mario Monti risulta lenta e, almeno per ora, di limitata efficacia: trattandosi di tecnici, ci aspettavamo ricette precise, prescritte senza bisogno di estenuanti patteggiamenti . Tuttavia il ruolo dell’Italia in Europa è almeno in parte tornato ad essere di primo piano e nei cittadini sembra risorgere una maggiore fiducia verso le istituzioni. Sono fattori che lasciano ben sperare.
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