
Conobbi il Senatore Salvatore Marco De Simone nel 1963; io, appena
quindicenne, iscritto alla Giovanile Comunista e lui, quasi cinquantenne,
maggiore esponente della sezione locale del PCI. In quell’anno lui terminava il
suo mandato parlamentare e si apprestava a una nuova campagna elettorale. Aveva
fiducia nei giovani e discuteva con loro senza mai far pesare la sua lunga esperienza,
maturata prima come partigiano e poi come dirigente politico e uomo di cultura.
In virtù di tale fiducia in quello stesso anno mi consegnò
due libri, affidandomi il compito di analizzare i dati sulla emigrazione dalla
Calabria. Ricordo di averlo fatto col massimo impegno, riportando poi su grandi
tabelloni le statistiche relative ai flussi migratori e la quantificazione
approssimativa del costo sostenuto dalla nostra Regione per fornire forza lavoro
alle imprese del settentrione e del resto d’Europa. Serbo tuttora gratitudine
per quella esperienza, forse anticipatrice delle mie future scelte di studio.
Fra il ‘63 e il ’66, anno in cui partii per l’università,
partecipai con assiduità alle riunioni del Partito ed ebbi dal senatore De
Simone il testo di un suo importante intervento sull’istituzione
dell’università in Calabria. Copia di tale intervento è reperibile anche fra i
resoconti stenografici del Senato all’indirizzo
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/434138.pdf, ma lo ripropongo anche qui di
seguito per una più facile reperibilità sul web, rinviando al futuro le tante
riflessioni cui esso può tuttora dare adito.
* * *
Sen. Salvatore Marco De Simone, 1961
PRESIDENTE.
È iscritto a parlare il senatore De Simone. Ne ha facoltà.
DE
SIMONE. Onorevole Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, nel
prendere per la prima volta la parola in quest'alta Assemblea mi sia consentito
di rivolgere un deferente saluto al Presidente ed ai colleghi tutti. Di questo
saluto sento imprescindibile il dovere perché esso vuol significare il mio
profondo omaggio al nuovo Parlamento italiano nato dalla Resistenza e dalla
lotta di Liberazione. E se solo oggi prendo la parola, questo è dovuto al fatto
che solo recentemente sono entrato in
questa solenne Assemblea, in seguito a
un fatto molto doloroso - la morte del senatore Primerano, a cui va il mio
deferente e commosso pensiero in questo momento - e in secondo luogo alla mia naturale ritrosia o timidezza,
quando si tratta di parlare in pubblico e soprattutto in questa alta Assemblea.
Per questa seconda ragione, credetemi, mi sento sgomento nel parlare a voi, a
lei, onorevole Presidente, e a lei, onorevole Ministro, che è stato mio
professore.
Ebbene,
parlerò da calabrese e da comunista calabrese, perché mi pare che in questa
Assemblea si vogliano mettere sotto accusa i comunisti e in modo particolare i
parlamentari comunisti calabresi. Consentitemi di dire che io una cosa non
capisco: ho sentito dei discorsi nei quali si è fatto, secondo me, la caccia
alle streghe quando ci si è rivolti contro dei parlamentari, contro dei
rappresentanti del popolo italiano, i quali non vorrebbero e farebbero di tutto
per impedire che sorga in Calabria l'Università.
GENCO.
Allora voterete a favore!
DE
SIMONE. Noi parliamo dell'istituzione della Università in Calabria. Una
questione è l'istituzione dell'Università, un’altra è la maniera in cui si
realizza. L'istituzione dell'Università in Calabria l'abbiamo già votata in
Commissione quando abbiamo votato l'emendamento secondo il quale a decorrere
dall'esercizio finanziario 1961-62 è Istituita l'Università per la Calabria.
Bisogna
sbarazzare il terreno da una stortura, da una menzogna, perché qui, onorevoli
colleghi, quel che prende rilievo soprattutto sono le accuse che ci vengono
lanciate dai senatori calabresi
democristiani, i quali del resto sono gli unici senatori della maggioranza che
finora hanno preso la parola nel dibattito in corso. Noi parlamentari comunisti
calabresi siamo stati sfidati a dire la nostra parola, a dire se
vogliamo l'Università in Calabria.
Non
è su questa questione che è avvenuto l'urto, il conflitto tra la maggioranza e
noi comunisti. La questione da noi posta, anche in Commissione, è stata se i
corsi dovessero iniziare dal 1961-62 oppure se si dovesse fare in modo che
questi corsi iniziassero allorquando ci fossero state tutte le garanzie
necessarie perché una Università potesse funzionare. Se si fosse accettato il
nostro punto di vista, se si fosse accettato cioè il punto di vista di non
iniziare per quest'anno accademico i corsi universitari, è chiaro che noi
avremmo potuto continuare a dibattere la questione in sede deliberante in
Commissione, e naturalmente avremmo detto in quella sede tutte le cose che
diciamo qui. D'altra parte, onorevoli colleghi, credo che non sia stata poi cosa da riprovare il fatto che
il disegno di legge sia stato portato in
Assemblea perché qui si chiariscono meglio le proprie posizioni ed è più
difficile arrivare a portare a buon punto speculazioni politiche, che non fanno
onore al partito o ai partiti che le tentano.
BOSCO.
Ministro della pubblica Istruzione Ma i suoi colleghi, onorevoli
Luporini e Donini, hanno chiesto un rinvio almeno di due anni, se non di tre
anni. Quindi non si tratta del 1961-62.
DE
SIMONE. Noi abbiamo chiesto in Commissione che i corsi non iniziassero dal
1961-1962. Avevamo presentato questa proposta, senza stabilire un termine, e
non ci eravamo impegnati sugli ulteriori termini di inizio. Si sarebbe potuto,
in questo quadro, continuare a discutere e allora avreste potuto metterci anche
in difficoltà, in relazione alla questione se l'inizio dei corsi dovesse aver
luogo nell'anno successivo o meno. Ma che sia stato chiesto - ed è vero - che i
corsi iniziassero tra due anni, ha la sua importanza. Questo, direi, esprime la
serietà della nostra posizione nei confronti dell'istituzione dell'Università
in Calabria. Ed è su questa posizione di serietà che noi vogliamo qui
richiamare l'attenzione dell'Assemblea. Ed allora ecco che vengono meno tutti
quelli che sono stati i tentativi di
distorsione, tutta quella che è stata l'azione propagandistica svolta
soprattutto in Calabria dal partito della Democrazia Cristiana. Onorevoli colleghi
non calabresi, voi non avete avuto i riflessi, le ripercussioni di quella che è
stata l'azione di propaganda insidiosa, menzognera, condotta dalla stampa
governativa nei confronti della nostra posizione. Si sono additati i comunisti come i nemici
dell'istituzione dell'Università in Calabria, come coloro che non volevano
l'Università in Calabria. Ecco quello
che è stato detto e scritto da deputati,
da parlamentari democristiani in Calabria. Ed allora noi, come parlamentari comunisti calabresi, dobbiamo
domandarci se ciò corrispondesse appunto ad un tentativo, ad un preciso fine di
propaganda politica e se, attraverso questa impostazione, non si sia voluto
dare all'istituzione dell'Università in Calabria un carattere politico, un
carattere elettoralistico, aggiunge il collega De Luca, che non avrebbe dovuto
avere.
Ma
se la questione viene posta su questo
terreno, allora noi dobbiamo dire che al fondo ci sono motivi ben più
profondi che noi dobbiamo richiamare all'attenzione dell'Assemblea. Ebbene,
onorevoli colleghi, qual è stato il
momento in cui l'istituzione dell'Università in Calabria è divenuta una realtà
legislativa, una concreta proposta di legge? Il momento in cui l'onorevole
Fanfani ha fatto il suo viaggio in Calabria e si è trovato di fronte ad una
certa situazione, ad una situazione veramente grave e allarmante. Non sono cose
che abbiamo denunciato noi; sono constatazioni fatte dall'onorevole Presidente
del Consiglio, ed anche dai parlamentari democristiani. E non è a caso che
l'onorevole Fanfani ha fatto il viaggio in Calabria immediatamente dopo
l'inaugurazione della Fiera di Milano. Lo stesso dicasi per la visita, effettuata qualche settimana
fa in Calabria, dalla Commissione di industriali lombardi guidata dall'onorevole
Cassiani, del Comitato promotore per lo sviluppo della Calabria. Non vi dirò
cosa è stato scritto a questo proposito, sulle velleità di industrializzazione
della Calabria, da parte di giornalisti del nord al seguito della
Commissione.
Voi,
colleghi democristiani calabresi, avete tentato di mettere sotto accusa i
comunisti, avete voluto fare una speculazione politica sulla questione
dell'Università in Calabria. Allora è necessario dire chiaramente come stanno le cose.
Che
cosa è avvenuto in Calabria? C'è stata la politica meridionalistica della
Democrazia Cristiana, c'è stata la Cassa del Mezzogiorno, c'è stato ancor prima
lo stralcio di riforma agraria, c'è
stata successivamente la legge speciale per la Calabria, che tante speranze aveva fatto sorgere anche in noi,
e lo diciamo con tutta franchezza.
Ebbene, a che cosa sono serviti questi
provvedimenti, se ad un certo momento il Presidente del Consiglio, il
Governo democristiano, soprattutto i parlamentari calabresi si sono trovati di
fronte ad un fenomeno preoccupante, e cioè all'esplosione dell'emigrazione
della nostra regione all'estero?
All'inizio
la Democrazia Cristiana accolse
favorevolmente l'emigrazione. Ma arrivò il momento in cui questa
emigrazione mise in pericolo la stessa vita della regione calabrese e ci si
accorse - ho qui i documenti - che aveva ripercussioni dannose anche per il
nord, in quanto pregiudicava la stabilità
dei salari, perché alle industrie del nord veniva meno quella massa di
manovra che fino allora era stata rappresentata dalla mano d'opera meridionale
e in particolare calabrese.
Io
ho qui gli articoli de «Il Globo», in cui si manifestano preoccupazioni per la
deficienza di mano d'opera che si è venuta a
creare in Italia, attraverso l'emigrazione all'estero, a tutto danno
degli interessi dell'industria del nord.
Ora
i parlamentari democristiani della nostra regione debbono dirci come mai,
nonostante la legge speciale, nonostante i 204
miliardi stanziati, si è verificato questo fenomeno. Sono questi i
fatti, onorevole Barbaro, onorevole Militerni, che ci dovete spiegare. Non rievochiamo
Pitagora e i grandi della Calabria. Questa è retorica balsa. (Vivaci
interruzioni del senatore Barbaro). Dopo che Gioberti ha scritto «Il
primato degli italiani», lei scriverà forse «Il primato della Calabria»! Noi calabresi abbiamo i
nostri guai, le nostre miserie. Non
richiamiamoci al passato; ella, senatore Barbaro, la storia non la conosce
bene: la regione calabrese un tempo si
sviluppava sulle coste ed aveva i suoi epicentri sullo Jonio. Ma dove sono oggi
i centri sulla costa jonica? Oggi la Calabria
è un paese di contadini, un paese disgregato, che vive nell'isolamento.
Questa è l'analisi che bisogna fare
della situazione; non bisogna coprire i fatti con la retorica.
Bisogna
respingere il tentativo che hanno fatto
i democristiani di accusare i comunisti di non volere l'Università in Calabria.
La maggioranza vuole l'Università come un elemento che dovrebbe far dimenticare
alle famiglie calabresi i problemi tragici e profondi della loro vita, le
necessità urgenti; soprattutto dovrebbe far dimenticare il fatto che nei sei anni durante i quali erano
previsti dalla legge speciale stanziamenti per
ben 100 miliardi, ne sono stati spesi appena 43 - come dicono l'onorevole Fanfani e il
ministro Pastore, mentre noi sappiamo che
ne sono stati spesi 34 -; eppure, gli altri 57 miliardi avrebbero potuto
servire per creare fonti di lavoro per
la nostra mano d'opera, che è essenziale per la rinascita e lo sviluppo della
regione. Voi non siete stati capaci di servirvi neanche di questo strumento che
avevate nelle mani, perché avete fatto una politica profondamente
sbagliata.
Voi
cercate di coprire queste responsabilità agitando di fronte all'opinione
pubblica calabrese l'affermazione che i comunisti non vogliono l'Università. Voi
sapete che in Calabria la Democrazia Cristiana è travagliata da una crisi
profonda: a Reggio Calabria, dove ad un certo momento si è realizzata una Giunta provinciale con qualche
democristiano di sinistra e con socialisti e comunisti; a Cosenza, dove la
Giunta provinciale è dimissionaria perché non sa uscire dalla situazione da cui è travagliata; e a
Catanzaro, dove è pure in crisi l'amministrazione provinciale. Questa crisi
della Democrazia Cristiana, che esiste in tutta Italia, si verifica soprattutto
in Calabria perché voi non avete affrontato e risolto i problemi essenziali di
sviluppo e di rinascita di una regione che retrocede sempre di più e non guarda
più con fiducia all'avvenire. I giovani calabresi oggi non hanno davanti a sé
alcuna prospettiva di potere rivolgere le loro fresche energie e la loro
capacità di lavoro allo sviluppo e al progresso della loro regione, che essi si vedono costretti ad
abbandonare perché non vi trovano più possibilità di vita per sè e per le
proprie famiglie. E non si parli della pressione demografica come causa del
male, perché le esperienze economiche di
questi ultimi anni nei diversi Paesi hanno dimostrato l'infondatezza di questa
tesi. L'unica prospettiva dei giovani
calabresi è quella di emigrare: emigrare all'estero o nel nord. Ecco la prospettiva che si dà a
questi giovani, ecco la prospettiva che si dovrebbe dare ai nuovi laureati
calabresi!
In
che maniera avete inquadrato il problema dell'istituzione di una Università
nella grave e reale situazione della Calabria? L'avete fatto nel quadro di un
piano di sviluppo regionale? Questo vi
domando, perché quando si parla di cose serie si deve tener conto anche di
questi fatti. Nel momento in cui in
Calabria l'arretratezza aumenta, nel momento in cui l'occupazione della mano d'opera diminuisce,
non solo in agricoltura, ma anche
nell'industria, nel momento in cui vi è questo grande esodo, si
dovrebbero approntare gli strumenti
adatti per risolvere questi problemi e si dovrebbe dare all'Università che si vuole istituire un carattere tale che
tenga conto di questi problemi, perché una Università non deve essere una
sovrastruttura inutile, non deve essere un vestito nuovo su un corpo vecchio e
decrepito. Questa è la realtà e così va impostata la questione.
È
per queste ragioni che ci siamo allarmati e ci allarmiamo quando vediamo
iniziative di questo tipo; siamo dunque perplessi e preoccupati, e voi dovete comprendere il nostro atteggiamento e la nostra
opposizione a certe vostre iniziative. Giacchè si è voluta fare una
speculazione politica sulla nostra
posizione, siamo stati costretti a dire, come calabresi, in modo chiaro e deciso la nostra opinione sulla
questione e sulla situazione della Calabria in questo momento. E debbo anch'io
esprimere delle lamentele, come le hanno
espresse altri colleghi di mia parte, soprattutto i colleghi settentrionali. Non sono un campanilista, non
sono un regionalista nel senso gretto della parola; sono un calabrese il quale
ha fatto le sue prime esperienze
politiche quando era giovane studente a Firenze, proprio nella battaglia
meridionalista. Ed io mi sono sentito più meridionalista proprio quando ho
conosciuto il nord e quando ho potuto studiare e lavorare al nord: allora mi
sono reso conto più chiaramente e più compiutamente del problema meridionale.
Non è il problema retorico del primato
della Calabria o degli Abruzzi o di Napoli; è un problema nazionale, un
problema che interessa tutti gli
italiani, perché tutti gli italiani debbono sentire e sentono il dovere di modificare
certe situazioni che fanno vergogna al nostro Paese e al nostro popolo. E se
vogliamo essere degni di chiamarci
italiani, dobbiamo saper guardare con
questa visuale, con questo occhio i problemi del Meridione. E in questo senso
noi siamo meridionalisti, e meridionalisti debbono sentirsi tutti gli italiani.
Meridionalisti sono gli onorevoli Donini e Luporini quando parlano come hanno
parlato dei problemi dell'istituzione di
una Università in Calabria. Meridionalista è anche il senatore Macaggi quando imposta in una
certa maniera le questioni universitarie. Meridionalista è il Partito a cui ho
l'onore di appartenere perché esso fa
della soluzione della questione meridionale una delle battaglie più decisive
della sua azione politica. Non è meridionalista il meridionale che dice: noi
siamo migliori degli altri. No, noi siamo come gli altri; abbiamo i nostri
difetti, le nostre pecche e i nostri guai, come hanno le loro pecche, i loro
difetti e i loro guai abitanti di altre regioni. Appunto per questo mi sono
sentito veramente mortificato quando si è parlato della necessità di istituire
un'Università in Calabria (necessità che tutti hanno riconosciuto) in nome
delle nobili tradizioni della Calabria, che vanta Pitagara e tanti altri
ingegni. Sono cose che nessuno ignora e
che riconosciamo; ma diventano affermazioni retoriche, che riducono la
battaglia meridionalista a pure manifestazioni verbali, quando si cerca con
esse di eludere i gravi problemi della
realtà economica e sociale della Calabria e del mezzogiorno in generale. E mi
sono sentito ancora mortificato quando
ho assistito alla discussione fra il senatore Barbaro e il senatore Bellisario a proposito della questione se la
Calabria o il Mezzogiorno abbiano dato all’Italia grandi uomini di
scienza.
Ed
allora, cosa abbiamo proposto, cosa abbiamo detto a proposito dell'istituzione
dell'Università in Calabria? Come vogliamo che sia questa Università? In primo
luogo - e questo intendo sottolinearlo come calabrese nella maniera più decisa
- riteniamo che debba essere una Università accentrata, e in ciò mi dispiace di
non essere d'accordo con il collega Macaggi. Perché vogliamo l'accentramento?
Forse per una posizione inconsulta o vacua? No. Io, come calabrese, parto
dall'esperienza che ho della mia regione. Si tratta di una regione che non ha alcun centro intorno a cui si muova la popolazione calabrese; ha diversi centri, ma
nessuno di rilievo in questo senso. È una regione che vive nell'isolamento, una
regione di contadini.
Io
ritengo che i colleghi abbiano letto il libro di Meyriat: «La Calabrie», nel
quale sono indicati proprio questi aspetti di disgregazione della nostra
regione. Si tratta di una regione
disgregata, la cui disgregazione si
aggrava sempre di più e diventa degradazione quando si ha l'esodo
spaventoso a cui ho fatto riferimento in precedenza. Ed esso non è simile
all'esodo dalla terra che avviene anche nel nord e nel centro d'Italia, poichè
in tali regioni coloro che emigrano dalla campagna trovano poi lavoro nelle
industrie in centri diversi. Spesso anzi
sono i contadini che provengono dalle terre del Meridione a prendere il posto
dei contadini del nord e del centro d'Italia che abbandonano le loro campagne.
Di
fronte a questa situazione di disgregazione e di degradazione è allora
necessario creare un centro di aggregazione, e non vi è occasione migliore di quella
dell'istituzione di una Università che, a Catanzaro o a Cosenza o in un'altra
qualsiasi città, divenga un centro di cultura, un centro di aggregazione
intorno al quale la cultura calabrese si possa muovere. Ecco ciò che noi vogliamo.
D'altra
parte nella Costituzione è scritto a chiare lettere che dobbiamo andare verso
l'ente Regione, che dobbiamo creare l'ente Regione. Ebbene, in una regione
nella quale non c'è alcuna unità, dove manca un centro, dove si fanno delle
lotte per stabilire quale debba essere il capoluogo, poichè nessun centro può
vantare una posizione di preminenza, questa è una buona occasione per creare un
centro universitario di aggregazione, ed è anche l'occasione migliore per
creare le prospettive necessarie anche al fine di dare un capoluogo alla regione. Ecco perché
noi calabresi siamo preoccupati per il
decentramento dell'Università.
Onorevole
Militerni, lei ha detto delle cose interessanti, ma si tratta di cose
semplicemente velleitarie. Ha parlato, e sono d'accordo, delle prospettive che
la Calabria può avere come centro di attrazione verso i popoli del
mediterraneo.
MILITERNI.
Lei al Consiglio provinciale di Cosenza, quattro anni fa, voleva l'Università
statale quando noi parlavamo dell'Università cattolica; e adesso che abbiamo
l'Università statale non la vuole più. E’ il colmo!
DE
SIMONE. Per quattro anni lei, senatore Militerni, ha sostenuto che la
legge speciale per la Calabria andava
molto bene ed applaudiva il Presidente del Consiglio provinciale di Cosenza,
Pisani, membro del Comitato regionale di coordinamento, quando questi diceva
che tutto andava bene. Poi, dopo quattro, sei anni, dopo la visita
dell'onorevole Fanfani, si è accorto che la legge speciale per la Calabria non
andava bene. Non credo di stare parlando contro l'Università statale. (Interruzione
del senatore Militerni). Quella che lei fa in questo momento è speculazione
politica pura e semplice. Quando noi diciamo di volere un'Università di un
certo tipo, allora vi opponete perché non sarebbe consona alle vostre esigenze
di carattere elettoralistico, perché per tali esigenze ci vuole una facoltà a
Cosenza, una a Reggio, una a Catanzaro. Ebbene, è proprio contro questa disgregazione che noi comunisti
intendiamo reagire, nell'interesse della regione calabrese.
Cosa
significano una facoltà a Cosenza, una a Catanzaro e una a Reggio? Ma credete
veramente che gli studenti di Reggio Calabria andranno a frequentare la facoltà
di agraria a Cosenza? Conoscete le distanze? Poiché Cosenza dista da Reggio
Calabria 259 chilometri, mentre da Cosenza a Napoli ce ne sono 330 e da Cosenza a Bari 316, tanto
vale continuare a frequentare l'Università dove si andava prima. Se consultiamo
le statistiche, troviamo che su 752 studenti di Reggio Calabria ben 646 si
iscrivono a Messina, mentre gli studenti della provincia di Cosenza si
iscrivono in gran parte a Roma, Napoli e Bari. Pensate che gli studenti di Cosenza vadano a frequentare la facoltà di
architettura a Reggio Calabria? Faranno più presto ad andare a Napoli dove,
visto che si devono spostare,
troverebbero oltre tutto condizioni più favorevoli, una Università che offre
maggiori garanzie. Ho chiesto ad alcuni parlamentari democristiani: se avessi
un figlio da iscrivere all'Università,
lo iscriveresti in una facoltà che venisse istituita in Calabria? Mi si è
risposto che avrebbero preferito mandare
i propri figli a Napoli.
BOSCO.
Ministro della pubblica istruzione. Allora non si deve far niente?
MILITERNI.
Tu hai cambiato idea per l'Università di Calabria come hai cambiato idea per
Stalin.
DE
SIMONE. Io voglio dire che l'Università che noi vogliamo non deve essere
disgregata, ma accentrata, perché la Calabria ha bisogno di un centro di
cultura, ma non farete di Cosenza un centro di cultura ponendovi la facoltà di
agraria, nè farete di Reggio un centro
di cultura quando avrà la facoltà di architettura. Ma c'è un'altra e profonda
esigenza, secondo me, di cui bisogna tener conto.
GENCO.
Tra Catanzaro, Cosenza e Reggio quale città sceglieresti?
DE
SIMONE. Non è che dobbiamo decidere su queste questioni con un voto di maggioranza. Voi date al problema
un'impostazione capziosa e faziosa, che dimostra che siete vittime del vostro
municipalismo, del vostro provincialismo, siete vittime...
GENCO.
Io non sono calabrese, ma tu di quale opinione sei?
DE
SIMONE. Aggiungerò ancora, per quanto riguarda la necessità, da noi giustamente
posta, di una Università accentrata, che questo tipo di Università, oltre
a rispondere all'esigenza di reagire a
una situazione di disgregazione, creerebbe la premessa per un ulteriore
sviluppo dell'Università in Calabria. E a questo proposito voglio dare una risposta al senatore Militerni. Egli
ha rilevato nel suo intervento che la
Calabria, con una Università, oltre tutte le altre possibilità di sviluppo
insite nelle condizioni stesse della Calabria, potrebbe costituire anche un
centro di attrazione per i Paesi del
Mediterraneo ed assolvere una sua funzione in tal senso: sono d'accordo con lui
sul fatto che questa funzione sia possibile, a condizione però che la regione
calabrese abbia un determinato sviluppo.
Ed
allora, se vogliamo dare questa funzione e queste prospettive alla Calabria,
anche nei confronti dei Paesi del Mediterraneo, a me sembra assurdo creare una
Università con facoltà decentrate, e penso che, al contrario, si debba creare un
centro di studi universitari verso il quale possano orientarsi con determinate
prospettive quei Paesi.
Per
quanto riguarda le facoltà, consentitemi di dire qualcosa come calabrese.
D'accordo sulla facoltà di scienze matematiche e fisiche, perché da una parte
servirà a dare uno sviluppo tecnico alla Calabria, e dall'altra a creare quei
professori che, con lo sviluppo della scuola, sono necessari per la cultura di
base, sia al livello medio inferiore, che al livello medio superiore. Ma io
credo che occorra pensare anche ad un'altra funzione che deve avere questa
facoltà. Noi riteniamo che nel campo degli insegnanti - e credo che questa sia
un'esigenza avvertita - sia necessario, poichè le conoscenze si evolvono
rapidamente, fare anche dei corsi di aggiornamento. E con ciò non credo di dire
cose non confacenti a quelle che sono le
esigenze della scuola italiana. Io parlo di corsi di aggiornamento, ma
potrebbero essere anche altri corsi.
Per quanto riguarda poi la facoltà di
ingegneria, perché siamo favorevoli a tale facoltà? Perché frequentemente si
rivolge una accusa a noi calabresi,
accusa che è contenuta anche nel documento che è stato stilato in seguito al
viaggio dell'onorevole Fanfani in Calabria, cioè che spesso mancano le
progettazioni necessarie per fare determinate opere in Calabria o che non si
è in grado di fare i progetti. Perciò io
ritengo che una facoltà di ingegneria risponderebbe ad una esigenza della
Calabria, la quale d'altra parte, se non vuole morire, deve mettersi sulla via
di uno sviluppo che, partendo
dall'agricoltura, deve assolutamente portare avanti un processo di
industrializzazione e di realizzazione di opere di civiltà.
Non
siamo favorevoli - e non farò in questo
senso che ripetere quello che hanno detto altri miei colleghi - alla facoltà di
architettura ed ho le mie perplessità per quanto riguarda la facoltà di
agraria. Specie nella provincia di Cosenza, abbiamo un elevato numero di
tecnici, di periti agrari che fino a
questo momento non hanno trovato alcun impiego nell'agricoltura. Purtroppo la
agricoltura calabrese in questo momento non riesce ad assorbire, specie nella
provincia di Cosenza, dottori in agraria, a meno che il dottore in agraria non sia nello
stesso tempo dirigente d'azienda, cioè a
dire proprietario d'azienda. Soltanto in quel caso si può vedere che in aziende anche importanti
esiste, non il tecnico, ma il dottore in agraria. D'altra parte si è parlato di
una crisi delle facoltà di agraria in
generale per quanto riguarda l'affluenza degli allievi.
Io
vorrei avanzare una proposta, che non considero poi definitiva, - e ne ha
parlato anche l'onorevole Donini - cioè
la proposta di istituire una facoltà di lettere in Calabria. Questo potrebbe
sembrare in contrasto con quanto fino ad ora abbiamo sostenuto noi comunisti,
cioè con l'esigenza di un elevamento del livello tecnico e scientifico in
Calabria. Però vi è una realtà che noi dobbiamo tener presente: vi è lo
sviluppo della scuola, lo sviluppo delle
frequenze, l'afflusso di sempre nuovi alunni alla scuola. Per citare il caso
della provincia di Cosenza, mancano gli insegnanti, e in gran parte si tratta di insegnanti di materie letterarie.
Sono stati assunti come professori ben100
studenti universitari del primo e del secondo o del terzo corso.
Indubbiamente nello sviluppo avvenire ci sarà anche in questo campo una sempre
maggiore necessità di insegnanti.
BOSCO,
Ministro della pubblica istruzione. A parte il fatto che 100 è un
numero esagerato, lei deve precisare se
si tratta di insegnanti di lettere; allora l'argomento sarebbe valido.
DE
SIMONE. Mi hanno detto per 1'80 per cento.
GRANATA.
La carenza maggiore si rileva in quel settore.
DE
SIMONE. C’è un altro aspetto della questione da tener presente, onorevole
Ministro. In questo periodo, ripeto, c'è un'esigenza sempre più avvertita di
insegnanti nelle scuole medie. Gli studenti calabresi che vanno in cerca
dell'impiego immediato, data la situazione particolare della nostra regione, si
rivolgerebbero indubbiamente alla facoltà di lettere. Può darsi che questo
bisogno di insegnanti non si prolunghi per molti anni, ma oggi come oggi
certamente esiste.
Comunque, una facoltà di lettere, oltre
che servire a questo scopo, dovrebbe
svolgere anche quel compito che io indicavo poco fa per la facoltà di scienze.
Noi parliamo di indirizzo umanistico, ma
l'indirizzo umanistico non lo dobbiamo guardare isolatamente. L'indirizzo
umanistico oggi non può prescindere da
quello che è l'indirizzo scientifico. Sarebbe assurdo considerare un indirizzo
umanistico che non tenesse conto della realtà nella quale si muove oggi il
mondo, e a questo fine io riterrei che sarebbe opportuno creare quei corsi di
perfezionamento, che costituirebbero un ulteriore centro attorno al quale
dovrebbero riunirsi i professori delle scuole medie calabresi, per rinnovare ed
aggiornare le loro conoscenze.
Questi
elementi che ho indicato mi confermano ancor più nella convinzione che sia
necessaria una Università accentrata. Infine - e, onorevole Militerni, questo
dimostra che noi non siamo contro
l'Università in Calabria - noi riteniamo che i finanziamenti per la nuova
Università debbano essere aumentati. Il senatore Vaccaro ha detto, in polemica
con il senatore De Luca, che quando egli ha rivendicato l'eccedenza
dell'addizionale del 5 per cento per la Calabria, i comunisti non sarebbero
stati d'accordo. A parte che questo non
è vero, se vogliamo una Università che abbia tutte le caratteristiche
necessarie per essere efficiente, io ritengo che i finanziamenti debbano essere
aumentati, e a questo scopo, se difficoltà ci fossero, potremmo attingere
all'eccedenza dell'addizionale del 5 per cento stabilita dalla legge speciale
per la Calabria.
Accanto a queste rivendicazioni, per quanto
riguarda le attrezzature, sia di carattere edilizio, sia di carattere
scientifico e didattico, noi poniamo ancora il fatto che, appunto perché è
necessario un certo periodo di tempo per
approntare queste attrezzature, occorre stabilire un dato lasso di tempo per il
loro allestimento. Una volta che siano
pronte le attrezzature necessarie, se non per tutti, almeno per i primi corsi, potranno
iniziare i corsi universitari.
Queste
le indicazioni sul carattere che dovrebbe avere una Università per la nostra
regione. Ci viene ancora rinfacciato che, quando noi avanziamo queste proposte,
intendiamo opporci all'istituzione di una Università in Calabria. Noi siamo
troppo dolorosamente scottati dalle delusioni e dagli inganni che sono stati
perpetrati e che si continuano a perpetrare ai danni della Calabria. Vi ho
parlato della Cassa per il Mezzogiorno e della legge speciale per la Calabria.
Il senatore Vaccaro mi attaccava l'altro giorno e voleva sapere da me se volevo
o no l'Università in Calabria, affermando che non la volevo. Gli risposi che
era un inganno una Università di questo genere, perché noi sappiamo la fine che
fanno molte leggi per la nostra regione. Mi risulta che Il senatore Vaccaro,
qui in Assemblea, quando si discusse il bilancio dei Lavori pubblici, mosse un
attacco violentissimo al Ministro, onorevole Zaccagnini, in ordine alla
ferrovia Paola-Cosenza. Ebbene, esiste su quel problema una legge, voluta anche
dalla Democrazia Cristiana, che prevede lo stanziamento necessario, legge che
però non viene applicata. I lavori della ferrovia Paola-Cosenza non si
realizzano, nonostante la legge.
GENCO.
Si deve o non si deve fare il progetto?
DE
SIMONE. Voglio soltanto far rilevare la
fine che fanno le leggi per la Calabria. Per questo abbiamo le nostre
preoccupazioni, quando parlate di una Università di questo tipo.
GENCO.
Per la ferrovia Paola-Cosenza c'è uno stanziamento nel bilancio dei Lavori
pubblici. Ma una ferrovia, come una strada o un'autostrada, non si può
eseguire senza il progetto. L'autostrada
Napoli-Bari non è ancora incominciata perché il progetto non esiste. Bisogna
assolutamente reagire a queste sciocchezze! (Commenti e interruzioni dalla
sinistra. Richiami del Presidente).
DE
LUCA LUCA. Vuoi sapere la verità? La ferrovia non si fa perché sono in urto
Antoniozzi e Cassiani! (Commenti e rumori).
DE SIMONE. Onorevole Presidente,
onorevoli colleghi, mi avvio alla conclusione. Dicevo che per questo motivo noi
siamo preoccupati nei riguardi del presente disegno di legge che istituisce una
Università in Calabria; siamo preoccupati del fatto che si incominci male, ed
incominciando male, in una regione depressa come la Calabria, indubbiamente i
risultati non potranno essere che negativi. Il Presidente del Consiglio,
onorevole Fanfani, in seguito al viaggio fatto in Calabria, fece al Consiglio
dei ministri delle dichiarazioni che vennero riportate sulla stampa. Egli affermò a proposito della
Calabria e di quello che aveva visto in Calabria: «Non è stato facile risolvere
i problemi del Paese proprio perché partimmo male nel 1861». Ebbene noi siamo
al 1961 e vorremmo che per l'Università in Calabria non si partisse male, in
modo che, non più tra cento anni, ma tra dieci o quindici anni, un nuovo
Presidente del Consiglio non possa dire che partimmo male nel 1961. (Applausi
dall'estrema sinistra).