STAMATTINA vedendo questo Post pubblicato da un mio amico (IL CEPPO di NATALE, antichissima tradizione natalizia , che ha anche un significato simbolico: il legno che arde è il simbolo del passato, e nel nuovo bruciare si configura un anelito di purificazione) ho rivissuto quei momenti in cui mio nonno, ogni anno, lo ripeteva da sempre seguendo un vero e proprio rituale. Sceglieva il ceppo molto tempo prima; lo teneva da parte facendolo così diventare per tutti " U zippone i Nèthèghe". La gestualità che seguiva da quel momento sino alla sera della Vigilia spaziava tra il sacro e il profano-(mia nonna)--"Tataranne mo vède a pigliè u zippone nda stalla"--"(mia madre)--Guagnù: mittìteve nturne u fucuguère"--(il nonno a mia nonna)--"Pippì, aiùtame allu mitte ndu fuche"--(mio padre)--"Non ridete e sbàttiti i mane"--(Noi tutti, battendo le mani)--"Evviva evviva: Buon Natale a tutti quanti!!!-- Quello che però più interessava a noi fanciulli, non era tanto il prima quanto il dopo acchè il ceppo finisse sul fuoco in quanto c'era la lettura della Letterina con la quale nell'occasione "purificavamo" le nostre marachelle, pattuendo improbabili promesse che non avremmo mantenuto, ma che ci sarebbero state parimenti "perdonate" il Natale venturo con lo stesso "rituale" che il nonno, come da sempre, poi chiudeva porgendo a ciascuno, a seconda dell'età di noi penitenti, 5, 10, 20 lire!
domenica 26 dicembre 2021
martedì 21 dicembre 2021
Scienza: l'assoluto e il relativo
Non pensavo di dover rispolverare alcuni concetti base di statistica studiacchiati in età giovanile, ma alcune problematiche attuali, d'un certo rilievo sociale, me lo impongono.
mercoledì 8 dicembre 2021
Covid: politica e psichiatria
I dati statistici sulla pandemia da covid si vanno man mano consolidando: in tutti i paesi c'è una forte correlazione fra percentuale di non vaccinati e percentuale di morti per covid. Chi, invece di parlare di incidenza percentuale parla di numeri assoluti, o ignora l'analisi statistica o imbroglia.
domenica 28 novembre 2021
Lavori perduti. Il sarto
sabato 27 novembre 2021
Lavori perduti. Il barbiere
sabato 8 maggio 2021
I sibariti
* * *
“Fra le più rigogliose colonie che fiorirono in quegli anni
dall'ottavo al sesto secolo avanti Cristo, ci furono quelle della Magna Grecia
sulle coste dell'Italia meridionale. I greci vi giunsero per mare, sbarcarono a
Brindisi e a Taranto, e fondarono parecchie città, fra le quali Sibari e
Crotone furono presto le più popolose e progredite.
La prima, che a un certo punto ebbe - dicono - trecentomila abitanti, è rimasta talmente celebre per i suoi lussi che dal suo nome è stato coniato un aggettivo, sibarita, sinonimo di «raffinato». Vi lavoravano soltanto gli schiavi, ma anche ad essi erano interdette tutte quelle attività - di fabbro o di carpentiere, per esempio - che potevano coi loro rumori disturbare le «pennichelle» pomeridiane dei cittadini. Costoro si occupavano solo di cucina, di moda e di sport. Alcistene si era fatto confezionare un vestito che poi Dionigi di Siracusa rivendette per mezzo miliardo di lire, e Smindride si faceva regolarmente accompagnare nei suoi viaggi da mille servitori. I cuochi avevano diritto di brevettare i loro piatti, per un anno ne serbavano il monopolio, e con ciò accumulavano un patrimonio che gli bastava a campar di rendita per il resto della vita. Il servizio militare era sconosciuto.
Purtroppo, sulla fine del sesto secolo, questa felice
città, oltre al piacere e al comodo, volle anche l'egemonia politica, che con
essi male si accorda, e perciò si mise in contrasto con Crotone, meno ricca, ma
più seria. E con un enorme esercito le mosse contro. I crotonesi - raccontano -
lo attesero armati di flauti. Quando si misero a suonarli, i cavalli di Sibari
abituati, come quelli di Lipizza, più all'arena del Circo che al campo di
battaglia, cominciarono a danzare. E i rozzi crotonesi massacrarono
allegramente i cavalieri rimasti in balìa dei loro quadrupedi. Sibari fu rasa al
suolo con tanta coscienza che, meno di un secolo dopo, Erodoto, venuto a
cercarne i resti, non riuscì a trovare nemmeno quelli. E Crotone, distrutto il
nemico, s'infettò, come al solito, dei suoi microbi e si ammalò a sua volta di
sibaritismo.”
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Scavi di Sibari |
domenica 2 maggio 2021
Intervento del Sen. Marco De Simone per l’Università della Calabria (1961)
In virtù di tale fiducia in quello stesso anno mi consegnò due libri, affidandomi il compito di analizzare i dati sulla emigrazione dalla Calabria. Ricordo di averlo fatto col massimo impegno, riportando poi su grandi tabelloni le statistiche relative ai flussi migratori e la quantificazione approssimativa del costo sostenuto dalla nostra Regione per fornire forza lavoro alle imprese del settentrione e del resto d’Europa. Serbo tuttora gratitudine per quella esperienza, forse anticipatrice delle mie future scelte di studio.
Fra il ‘63 e il ’66, anno in cui partii per l’università, partecipai con assiduità alle riunioni del Partito ed ebbi dal senatore De Simone il testo di un suo importante intervento sull’istituzione dell’università in Calabria. Copia di tale intervento è reperibile anche fra i resoconti stenografici del Senato all’indirizzo http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/434138.pdf, ma lo ripropongo anche qui di seguito per una più facile reperibilità sul web, rinviando al futuro le tante riflessioni cui esso può tuttora dare adito.
Sen. Salvatore Marco De Simone, 1961
DE SIMONE. Onorevole Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, nel prendere per la prima volta la parola in quest'alta Assemblea mi sia consentito di rivolgere un deferente saluto al Presidente ed ai colleghi tutti. Di questo saluto sento imprescindibile il dovere perché esso vuol significare il mio profondo omaggio al nuovo Parlamento italiano nato dalla Resistenza e dalla lotta di Liberazione. E se solo oggi prendo la parola, questo è dovuto al fatto che solo recentemente sono entrato in questa solenne Assemblea, in seguito a un fatto molto doloroso - la morte del senatore Primerano, a cui va il mio deferente e commosso pensiero in questo momento - e in secondo luogo alla mia naturale ritrosia o timidezza, quando si tratta di parlare in pubblico e soprattutto in questa alta Assemblea. Per questa seconda ragione, credetemi, mi sento sgomento nel parlare a voi, a lei, onorevole Presidente, e a lei, onorevole Ministro, che è stato mio professore.
Ebbene, parlerò da calabrese e da comunista calabrese, perché mi pare che in questa Assemblea si vogliano mettere sotto accusa i comunisti e in modo particolare i parlamentari comunisti calabresi. Consentitemi di dire che io una cosa non capisco: ho sentito dei discorsi nei quali si è fatto, secondo me, la caccia alle streghe quando ci si è rivolti contro dei parlamentari, contro dei rappresentanti del popolo italiano, i quali non vorrebbero e farebbero di tutto per impedire che sorga in Calabria l'Università.
GENCO. Allora voterete a favore!
DE SIMONE. Noi parliamo dell'istituzione della Università in Calabria. Una questione è l'istituzione dell'Università, un’altra è la maniera in cui si realizza. L'istituzione dell'Università in Calabria l'abbiamo già votata in Commissione quando abbiamo votato l'emendamento secondo il quale a decorrere dall'esercizio finanziario 1961-62 è Istituita l'Università per la Calabria.
Bisogna sbarazzare il terreno da una stortura, da una menzogna, perché qui, onorevoli colleghi, quel che prende rilievo soprattutto sono le accuse che ci vengono lanciate dai senatori calabresi democristiani, i quali del resto sono gli unici senatori della maggioranza che finora hanno preso la parola nel dibattito in corso. Noi parlamentari comunisti calabresi siamo stati sfidati a dire la nostra parola, a dire se vogliamo l'Università in Calabria.
Non è su questa questione che è avvenuto l'urto, il conflitto tra la maggioranza e noi comunisti. La questione da noi posta, anche in Commissione, è stata se i corsi dovessero iniziare dal 1961-62 oppure se si dovesse fare in modo che questi corsi iniziassero allorquando ci fossero state tutte le garanzie necessarie perché una Università potesse funzionare. Se si fosse accettato il nostro punto di vista, se si fosse accettato cioè il punto di vista di non iniziare per quest'anno accademico i corsi universitari, è chiaro che noi avremmo potuto continuare a dibattere la questione in sede deliberante in Commissione, e naturalmente avremmo detto in quella sede tutte le cose che diciamo qui. D'altra parte, onorevoli colleghi, credo che non sia stata poi cosa da riprovare il fatto che il disegno di legge sia stato portato in Assemblea perché qui si chiariscono meglio le proprie posizioni ed è più difficile arrivare a portare a buon punto speculazioni politiche, che non fanno onore al partito o ai partiti che le tentano.
BOSCO. Ministro della pubblica Istruzione Ma i suoi colleghi, onorevoli Luporini e Donini, hanno chiesto un rinvio almeno di due anni, se non di tre anni. Quindi non si tratta del 1961-62.
DE SIMONE. Noi abbiamo chiesto in Commissione che i corsi non iniziassero dal 1961-1962. Avevamo presentato questa proposta, senza stabilire un termine, e non ci eravamo impegnati sugli ulteriori termini di inizio. Si sarebbe potuto, in questo quadro, continuare a discutere e allora avreste potuto metterci anche in difficoltà, in relazione alla questione se l'inizio dei corsi dovesse aver luogo nell'anno successivo o meno. Ma che sia stato chiesto - ed è vero - che i corsi iniziassero tra due anni, ha la sua importanza. Questo, direi, esprime la serietà della nostra posizione nei confronti dell'istituzione dell'Università in Calabria. Ed è su questa posizione di serietà che noi vogliamo qui richiamare l'attenzione dell'Assemblea. Ed allora ecco che vengono meno tutti quelli che sono stati i tentativi di distorsione, tutta quella che è stata l'azione propagandistica svolta soprattutto in Calabria dal partito della Democrazia Cristiana. Onorevoli colleghi non calabresi, voi non avete avuto i riflessi, le ripercussioni di quella che è stata l'azione di propaganda insidiosa, menzognera, condotta dalla stampa governativa nei confronti della nostra posizione. Si sono additati i comunisti come i nemici dell'istituzione dell'Università in Calabria, come coloro che non volevano l'Università in Calabria. Ecco quello che è stato detto e scritto da deputati, da parlamentari democristiani in Calabria. Ed allora noi, come parlamentari comunisti calabresi, dobbiamo domandarci se ciò corrispondesse appunto ad un tentativo, ad un preciso fine di propaganda politica e se, attraverso questa impostazione, non si sia voluto dare all'istituzione dell'Università in Calabria un carattere politico, un carattere elettoralistico, aggiunge il collega De Luca, che non avrebbe dovuto avere.
Ma se la questione viene posta su questo terreno, allora noi dobbiamo dire che al fondo ci sono motivi ben più profondi che noi dobbiamo richiamare all'attenzione dell'Assemblea. Ebbene, onorevoli colleghi, qual è stato il momento in cui l'istituzione dell'Università in Calabria è divenuta una realtà legislativa, una concreta proposta di legge? Il momento in cui l'onorevole Fanfani ha fatto il suo viaggio in Calabria e si è trovato di fronte ad una certa situazione, ad una situazione veramente grave e allarmante. Non sono cose che abbiamo denunciato noi; sono constatazioni fatte dall'onorevole Presidente del Consiglio, ed anche dai parlamentari democristiani. E non è a caso che l'onorevole Fanfani ha fatto il viaggio in Calabria immediatamente dopo l'inaugurazione della Fiera di Milano. Lo stesso dicasi per la visita, effettuata qualche settimana fa in Calabria, dalla Commissione di industriali lombardi guidata dall'onorevole Cassiani, del Comitato promotore per lo sviluppo della Calabria. Non vi dirò cosa è stato scritto a questo proposito, sulle velleità di industrializzazione della Calabria, da parte di giornalisti del nord al seguito della Commissione.
Voi, colleghi democristiani calabresi, avete tentato di mettere sotto accusa i comunisti, avete voluto fare una speculazione politica sulla questione dell'Università in Calabria. Allora è necessario dire chiaramente come stanno le cose.
Che cosa è avvenuto in Calabria? C'è stata la politica meridionalistica della Democrazia Cristiana, c'è stata la Cassa del Mezzogiorno, c'è stato ancor prima lo stralcio di riforma agraria, c'è stata successivamente la legge speciale per la Calabria, che tante speranze aveva fatto sorgere anche in noi, e lo diciamo con tutta franchezza. Ebbene, a che cosa sono serviti questi provvedimenti, se ad un certo momento il Presidente del Consiglio, il Governo democristiano, soprattutto i parlamentari calabresi si sono trovati di fronte ad un fenomeno preoccupante, e cioè all'esplosione dell'emigrazione della nostra regione all'estero?
All'inizio la Democrazia Cristiana accolse favorevolmente l'emigrazione. Ma arrivò il momento in cui questa emigrazione mise in pericolo la stessa vita della regione calabrese e ci si accorse - ho qui i documenti - che aveva ripercussioni dannose anche per il nord, in quanto pregiudicava la stabilità dei salari, perché alle industrie del nord veniva meno quella massa di manovra che fino allora era stata rappresentata dalla mano d'opera meridionale e in particolare calabrese.
Io ho qui gli articoli de «Il Globo», in cui si manifestano preoccupazioni per la deficienza di mano d'opera che si è venuta a creare in Italia, attraverso l'emigrazione all'estero, a tutto danno degli interessi dell'industria del nord.
Ora i parlamentari democristiani della nostra regione debbono dirci come mai, nonostante la legge speciale, nonostante i 204 miliardi stanziati, si è verificato questo fenomeno. Sono questi i fatti, onorevole Barbaro, onorevole Militerni, che ci dovete spiegare. Non rievochiamo Pitagora e i grandi della Calabria. Questa è retorica balsa. (Vivaci interruzioni del senatore Barbaro). Dopo che Gioberti ha scritto «Il primato degli italiani», lei scriverà forse «Il primato della Calabria»! Noi calabresi abbiamo i nostri guai, le nostre miserie. Non richiamiamoci al passato; ella, senatore Barbaro, la storia non la conosce bene: la regione calabrese un tempo si sviluppava sulle coste ed aveva i suoi epicentri sullo Jonio. Ma dove sono oggi i centri sulla costa jonica? Oggi la Calabria è un paese di contadini, un paese disgregato, che vive nell'isolamento. Questa è l'analisi che bisogna fare della situazione; non bisogna coprire i fatti con la retorica.
Bisogna respingere il tentativo che hanno fatto i democristiani di accusare i comunisti di non volere l'Università in Calabria. La maggioranza vuole l'Università come un elemento che dovrebbe far dimenticare alle famiglie calabresi i problemi tragici e profondi della loro vita, le necessità urgenti; soprattutto dovrebbe far dimenticare il fatto che nei sei anni durante i quali erano previsti dalla legge speciale stanziamenti per ben 100 miliardi, ne sono stati spesi appena 43 - come dicono l'onorevole Fanfani e il ministro Pastore, mentre noi sappiamo che ne sono stati spesi 34 -; eppure, gli altri 57 miliardi avrebbero potuto servire per creare fonti di lavoro per la nostra mano d'opera, che è essenziale per la rinascita e lo sviluppo della regione. Voi non siete stati capaci di servirvi neanche di questo strumento che avevate nelle mani, perché avete fatto una politica profondamente sbagliata.
Voi cercate di coprire queste responsabilità agitando di fronte all'opinione pubblica calabrese l'affermazione che i comunisti non vogliono l'Università. Voi sapete che in Calabria la Democrazia Cristiana è travagliata da una crisi profonda: a Reggio Calabria, dove ad un certo momento si è realizzata una Giunta provinciale con qualche democristiano di sinistra e con socialisti e comunisti; a Cosenza, dove la Giunta provinciale è dimissionaria perché non sa uscire dalla situazione da cui è travagliata; e a Catanzaro, dove è pure in crisi l'amministrazione provinciale. Questa crisi della Democrazia Cristiana, che esiste in tutta Italia, si verifica soprattutto in Calabria perché voi non avete affrontato e risolto i problemi essenziali di sviluppo e di rinascita di una regione che retrocede sempre di più e non guarda più con fiducia all'avvenire. I giovani calabresi oggi non hanno davanti a sé alcuna prospettiva di potere rivolgere le loro fresche energie e la loro capacità di lavoro allo sviluppo e al progresso della loro regione, che essi si vedono costretti ad abbandonare perché non vi trovano più possibilità di vita per sè e per le proprie famiglie. E non si parli della pressione demografica come causa del male, perché le esperienze economiche di questi ultimi anni nei diversi Paesi hanno dimostrato l'infondatezza di questa tesi. L'unica prospettiva dei giovani calabresi è quella di emigrare: emigrare all'estero o nel nord. Ecco la prospettiva che si dà a questi giovani, ecco la prospettiva che si dovrebbe dare ai nuovi laureati calabresi!
In che maniera avete inquadrato il problema dell'istituzione di una Università nella grave e reale situazione della Calabria? L'avete fatto nel quadro di un piano di sviluppo regionale? Questo vi domando, perché quando si parla di cose serie si deve tener conto anche di questi fatti. Nel momento in cui in Calabria l'arretratezza aumenta, nel momento in cui l'occupazione della mano d'opera diminuisce, non solo in agricoltura, ma anche nell'industria, nel momento in cui vi è questo grande esodo, si dovrebbero approntare gli strumenti adatti per risolvere questi problemi e si dovrebbe dare all'Università che si vuole istituire un carattere tale che tenga conto di questi problemi, perché una Università non deve essere una sovrastruttura inutile, non deve essere un vestito nuovo su un corpo vecchio e decrepito. Questa è la realtà e così va impostata la questione.
È per queste ragioni che ci siamo allarmati e ci allarmiamo quando vediamo iniziative di questo tipo; siamo dunque perplessi e preoccupati, e voi dovete comprendere il nostro atteggiamento e la nostra opposizione a certe vostre iniziative. Giacchè si è voluta fare una speculazione politica sulla nostra posizione, siamo stati costretti a dire, come calabresi, in modo chiaro e deciso la nostra opinione sulla questione e sulla situazione della Calabria in questo momento. E debbo anch'io esprimere delle lamentele, come le hanno espresse altri colleghi di mia parte, soprattutto i colleghi settentrionali. Non sono un campanilista, non sono un regionalista nel senso gretto della parola; sono un calabrese il quale ha fatto le sue prime esperienze politiche quando era giovane studente a Firenze, proprio nella battaglia meridionalista. Ed io mi sono sentito più meridionalista proprio quando ho conosciuto il nord e quando ho potuto studiare e lavorare al nord: allora mi sono reso conto più chiaramente e più compiutamente del problema meridionale. Non è il problema retorico del primato della Calabria o degli Abruzzi o di Napoli; è un problema nazionale, un problema che interessa tutti gli italiani, perché tutti gli italiani debbono sentire e sentono il dovere di modificare certe situazioni che fanno vergogna al nostro Paese e al nostro popolo. E se vogliamo essere degni di chiamarci italiani, dobbiamo saper guardare con questa visuale, con questo occhio i problemi del Meridione. E in questo senso noi siamo meridionalisti, e meridionalisti debbono sentirsi tutti gli italiani. Meridionalisti sono gli onorevoli Donini e Luporini quando parlano come hanno parlato dei problemi dell'istituzione di una Università in Calabria. Meridionalista è anche il senatore Macaggi quando imposta in una certa maniera le questioni universitarie. Meridionalista è il Partito a cui ho l'onore di appartenere perché esso fa della soluzione della questione meridionale una delle battaglie più decisive della sua azione politica. Non è meridionalista il meridionale che dice: noi siamo migliori degli altri. No, noi siamo come gli altri; abbiamo i nostri difetti, le nostre pecche e i nostri guai, come hanno le loro pecche, i loro difetti e i loro guai abitanti di altre regioni. Appunto per questo mi sono sentito veramente mortificato quando si è parlato della necessità di istituire un'Università in Calabria (necessità che tutti hanno riconosciuto) in nome delle nobili tradizioni della Calabria, che vanta Pitagara e tanti altri ingegni. Sono cose che nessuno ignora e che riconosciamo; ma diventano affermazioni retoriche, che riducono la battaglia meridionalista a pure manifestazioni verbali, quando si cerca con esse di eludere i gravi problemi della realtà economica e sociale della Calabria e del mezzogiorno in generale. E mi sono sentito ancora mortificato quando ho assistito alla discussione fra il senatore Barbaro e il senatore Bellisario a proposito della questione se la Calabria o il Mezzogiorno abbiano dato all’Italia grandi uomini di scienza.
Ed allora, cosa abbiamo proposto, cosa abbiamo detto a proposito dell'istituzione dell'Università in Calabria? Come vogliamo che sia questa Università? In primo luogo - e questo intendo sottolinearlo come calabrese nella maniera più decisa - riteniamo che debba essere una Università accentrata, e in ciò mi dispiace di non essere d'accordo con il collega Macaggi. Perché vogliamo l'accentramento? Forse per una posizione inconsulta o vacua? No. Io, come calabrese, parto dall'esperienza che ho della mia regione. Si tratta di una regione che non ha alcun centro intorno a cui si muova la popolazione calabrese; ha diversi centri, ma nessuno di rilievo in questo senso. È una regione che vive nell'isolamento, una regione di contadini.
Io ritengo che i colleghi abbiano letto il libro di Meyriat: «La Calabrie», nel quale sono indicati proprio questi aspetti di disgregazione della nostra regione. Si tratta di una regione disgregata, la cui disgregazione si aggrava sempre di più e diventa degradazione quando si ha l'esodo spaventoso a cui ho fatto riferimento in precedenza. Ed esso non è simile all'esodo dalla terra che avviene anche nel nord e nel centro d'Italia, poichè in tali regioni coloro che emigrano dalla campagna trovano poi lavoro nelle industrie in centri diversi. Spesso anzi sono i contadini che provengono dalle terre del Meridione a prendere il posto dei contadini del nord e del centro d'Italia che abbandonano le loro campagne.
Di fronte a questa situazione di disgregazione e di degradazione è allora necessario creare un centro di aggregazione, e non vi è occasione migliore di quella dell'istituzione di una Università che, a Catanzaro o a Cosenza o in un'altra qualsiasi città, divenga un centro di cultura, un centro di aggregazione intorno al quale la cultura calabrese si possa muovere. Ecco ciò che noi vogliamo.
D'altra parte nella Costituzione è scritto a chiare lettere che dobbiamo andare verso l'ente Regione, che dobbiamo creare l'ente Regione. Ebbene, in una regione nella quale non c'è alcuna unità, dove manca un centro, dove si fanno delle lotte per stabilire quale debba essere il capoluogo, poichè nessun centro può vantare una posizione di preminenza, questa è una buona occasione per creare un centro universitario di aggregazione, ed è anche l'occasione migliore per creare le prospettive necessarie anche al fine di dare un capoluogo alla regione. Ecco perché noi calabresi siamo preoccupati per il decentramento dell'Università.
Onorevole Militerni, lei ha detto delle cose interessanti, ma si tratta di cose semplicemente velleitarie. Ha parlato, e sono d'accordo, delle prospettive che la Calabria può avere come centro di attrazione verso i popoli del mediterraneo.
MILITERNI. Lei al Consiglio provinciale di Cosenza, quattro anni fa, voleva l'Università statale quando noi parlavamo dell'Università cattolica; e adesso che abbiamo l'Università statale non la vuole più. E’ il colmo!
DE SIMONE. Per quattro anni lei, senatore Militerni, ha sostenuto che la legge speciale per la Calabria andava molto bene ed applaudiva il Presidente del Consiglio provinciale di Cosenza, Pisani, membro del Comitato regionale di coordinamento, quando questi diceva che tutto andava bene. Poi, dopo quattro, sei anni, dopo la visita dell'onorevole Fanfani, si è accorto che la legge speciale per la Calabria non andava bene. Non credo di stare parlando contro l'Università statale. (Interruzione del senatore Militerni). Quella che lei fa in questo momento è speculazione politica pura e semplice. Quando noi diciamo di volere un'Università di un certo tipo, allora vi opponete perché non sarebbe consona alle vostre esigenze di carattere elettoralistico, perché per tali esigenze ci vuole una facoltà a Cosenza, una a Reggio, una a Catanzaro. Ebbene, è proprio contro questa disgregazione che noi comunisti intendiamo reagire, nell'interesse della regione calabrese.
Cosa significano una facoltà a Cosenza, una a Catanzaro e una a Reggio? Ma credete veramente che gli studenti di Reggio Calabria andranno a frequentare la facoltà di agraria a Cosenza? Conoscete le distanze? Poiché Cosenza dista da Reggio Calabria 259 chilometri, mentre da Cosenza a Napoli ce ne sono 330 e da Cosenza a Bari 316, tanto vale continuare a frequentare l'Università dove si andava prima. Se consultiamo le statistiche, troviamo che su 752 studenti di Reggio Calabria ben 646 si iscrivono a Messina, mentre gli studenti della provincia di Cosenza si iscrivono in gran parte a Roma, Napoli e Bari. Pensate che gli studenti di Cosenza vadano a frequentare la facoltà di architettura a Reggio Calabria? Faranno più presto ad andare a Napoli dove, visto che si devono spostare, troverebbero oltre tutto condizioni più favorevoli, una Università che offre maggiori garanzie. Ho chiesto ad alcuni parlamentari democristiani: se avessi un figlio da iscrivere all'Università, lo iscriveresti in una facoltà che venisse istituita in Calabria? Mi si è risposto che avrebbero preferito mandare i propri figli a Napoli.
BOSCO. Ministro della pubblica istruzione. Allora non si deve far niente?
MILITERNI. Tu hai cambiato idea per l'Università di Calabria come hai cambiato idea per Stalin.
DE SIMONE. Io voglio dire che l'Università che noi vogliamo non deve essere disgregata, ma accentrata, perché la Calabria ha bisogno di un centro di cultura, ma non farete di Cosenza un centro di cultura ponendovi la facoltà di agraria, nè farete di Reggio un centro di cultura quando avrà la facoltà di architettura. Ma c'è un'altra e profonda esigenza, secondo me, di cui bisogna tener conto.
GENCO. Tra Catanzaro, Cosenza e Reggio quale città sceglieresti?
DE SIMONE. Non è che dobbiamo decidere su queste questioni con un voto di maggioranza. Voi date al problema un'impostazione capziosa e faziosa, che dimostra che siete vittime del vostro municipalismo, del vostro provincialismo, siete vittime...
GENCO. Io non sono calabrese, ma tu di quale opinione sei?
DE SIMONE. Aggiungerò ancora, per quanto riguarda la necessità, da noi giustamente posta, di una Università accentrata, che questo tipo di Università, oltre a rispondere all'esigenza di reagire a una situazione di disgregazione, creerebbe la premessa per un ulteriore sviluppo dell'Università in Calabria. E a questo proposito voglio dare una risposta al senatore Militerni. Egli ha rilevato nel suo intervento che la Calabria, con una Università, oltre tutte le altre possibilità di sviluppo insite nelle condizioni stesse della Calabria, potrebbe costituire anche un centro di attrazione per i Paesi del Mediterraneo ed assolvere una sua funzione in tal senso: sono d'accordo con lui sul fatto che questa funzione sia possibile, a condizione però che la regione calabrese abbia un determinato sviluppo.
Ed allora, se vogliamo dare questa funzione e queste prospettive alla Calabria, anche nei confronti dei Paesi del Mediterraneo, a me sembra assurdo creare una Università con facoltà decentrate, e penso che, al contrario, si debba creare un centro di studi universitari verso il quale possano orientarsi con determinate prospettive quei Paesi.
Per quanto riguarda le facoltà, consentitemi di dire qualcosa come calabrese. D'accordo sulla facoltà di scienze matematiche e fisiche, perché da una parte servirà a dare uno sviluppo tecnico alla Calabria, e dall'altra a creare quei professori che, con lo sviluppo della scuola, sono necessari per la cultura di base, sia al livello medio inferiore, che al livello medio superiore. Ma io credo che occorra pensare anche ad un'altra funzione che deve avere questa facoltà. Noi riteniamo che nel campo degli insegnanti - e credo che questa sia un'esigenza avvertita - sia necessario, poichè le conoscenze si evolvono rapidamente, fare anche dei corsi di aggiornamento. E con ciò non credo di dire cose non confacenti a quelle che sono le esigenze della scuola italiana. Io parlo di corsi di aggiornamento, ma potrebbero essere anche altri corsi.
Per quanto riguarda poi la facoltà di ingegneria, perché siamo favorevoli a tale facoltà? Perché frequentemente si rivolge una accusa a noi calabresi, accusa che è contenuta anche nel documento che è stato stilato in seguito al viaggio dell'onorevole Fanfani in Calabria, cioè che spesso mancano le progettazioni necessarie per fare determinate opere in Calabria o che non si è in grado di fare i progetti. Perciò io ritengo che una facoltà di ingegneria risponderebbe ad una esigenza della Calabria, la quale d'altra parte, se non vuole morire, deve mettersi sulla via di uno sviluppo che, partendo dall'agricoltura, deve assolutamente portare avanti un processo di industrializzazione e di realizzazione di opere di civiltà.
Non siamo favorevoli - e non farò in questo senso che ripetere quello che hanno detto altri miei colleghi - alla facoltà di architettura ed ho le mie perplessità per quanto riguarda la facoltà di agraria. Specie nella provincia di Cosenza, abbiamo un elevato numero di tecnici, di periti agrari che fino a questo momento non hanno trovato alcun impiego nell'agricoltura. Purtroppo la agricoltura calabrese in questo momento non riesce ad assorbire, specie nella provincia di Cosenza, dottori in agraria, a meno che il dottore in agraria non sia nello stesso tempo dirigente d'azienda, cioè a dire proprietario d'azienda. Soltanto in quel caso si può vedere che in aziende anche importanti esiste, non il tecnico, ma il dottore in agraria. D'altra parte si è parlato di una crisi delle facoltà di agraria in generale per quanto riguarda l'affluenza degli allievi.
Io vorrei avanzare una proposta, che non considero poi definitiva, - e ne ha parlato anche l'onorevole Donini - cioè la proposta di istituire una facoltà di lettere in Calabria. Questo potrebbe sembrare in contrasto con quanto fino ad ora abbiamo sostenuto noi comunisti, cioè con l'esigenza di un elevamento del livello tecnico e scientifico in Calabria. Però vi è una realtà che noi dobbiamo tener presente: vi è lo sviluppo della scuola, lo sviluppo delle frequenze, l'afflusso di sempre nuovi alunni alla scuola. Per citare il caso della provincia di Cosenza, mancano gli insegnanti, e in gran parte si tratta di insegnanti di materie letterarie. Sono stati assunti come professori ben100 studenti universitari del primo e del secondo o del terzo corso. Indubbiamente nello sviluppo avvenire ci sarà anche in questo campo una sempre maggiore necessità di insegnanti.
BOSCO, Ministro della pubblica istruzione. A parte il fatto che 100 è un numero esagerato, lei deve precisare se si tratta di insegnanti di lettere; allora l'argomento sarebbe valido.
DE SIMONE. Mi hanno detto per 1'80 per cento.
GRANATA. La carenza maggiore si rileva in quel settore.
DE SIMONE. C’è un altro aspetto della questione da tener presente, onorevole Ministro. In questo periodo, ripeto, c'è un'esigenza sempre più avvertita di insegnanti nelle scuole medie. Gli studenti calabresi che vanno in cerca dell'impiego immediato, data la situazione particolare della nostra regione, si rivolgerebbero indubbiamente alla facoltà di lettere. Può darsi che questo bisogno di insegnanti non si prolunghi per molti anni, ma oggi come oggi certamente esiste.
Comunque, una facoltà di lettere, oltre che servire a questo scopo, dovrebbe svolgere anche quel compito che io indicavo poco fa per la facoltà di scienze. Noi parliamo di indirizzo umanistico, ma l'indirizzo umanistico non lo dobbiamo guardare isolatamente. L'indirizzo umanistico oggi non può prescindere da quello che è l'indirizzo scientifico. Sarebbe assurdo considerare un indirizzo umanistico che non tenesse conto della realtà nella quale si muove oggi il mondo, e a questo fine io riterrei che sarebbe opportuno creare quei corsi di perfezionamento, che costituirebbero un ulteriore centro attorno al quale dovrebbero riunirsi i professori delle scuole medie calabresi, per rinnovare ed aggiornare le loro conoscenze.
Questi elementi che ho indicato mi confermano ancor più nella convinzione che sia necessaria una Università accentrata. Infine - e, onorevole Militerni, questo dimostra che noi non siamo contro l'Università in Calabria - noi riteniamo che i finanziamenti per la nuova Università debbano essere aumentati. Il senatore Vaccaro ha detto, in polemica con il senatore De Luca, che quando egli ha rivendicato l'eccedenza dell'addizionale del 5 per cento per la Calabria, i comunisti non sarebbero stati d'accordo. A parte che questo non è vero, se vogliamo una Università che abbia tutte le caratteristiche necessarie per essere efficiente, io ritengo che i finanziamenti debbano essere aumentati, e a questo scopo, se difficoltà ci fossero, potremmo attingere all'eccedenza dell'addizionale del 5 per cento stabilita dalla legge speciale per la Calabria.
Accanto a queste rivendicazioni, per quanto riguarda le attrezzature, sia di carattere edilizio, sia di carattere scientifico e didattico, noi poniamo ancora il fatto che, appunto perché è necessario un certo periodo di tempo per approntare queste attrezzature, occorre stabilire un dato lasso di tempo per il loro allestimento. Una volta che siano pronte le attrezzature necessarie, se non per tutti, almeno per i primi corsi, potranno iniziare i corsi universitari.
Queste le indicazioni sul carattere che dovrebbe avere una Università per la nostra regione. Ci viene ancora rinfacciato che, quando noi avanziamo queste proposte, intendiamo opporci all'istituzione di una Università in Calabria. Noi siamo troppo dolorosamente scottati dalle delusioni e dagli inganni che sono stati perpetrati e che si continuano a perpetrare ai danni della Calabria. Vi ho parlato della Cassa per il Mezzogiorno e della legge speciale per la Calabria. Il senatore Vaccaro mi attaccava l'altro giorno e voleva sapere da me se volevo o no l'Università in Calabria, affermando che non la volevo. Gli risposi che era un inganno una Università di questo genere, perché noi sappiamo la fine che fanno molte leggi per la nostra regione. Mi risulta che Il senatore Vaccaro, qui in Assemblea, quando si discusse il bilancio dei Lavori pubblici, mosse un attacco violentissimo al Ministro, onorevole Zaccagnini, in ordine alla ferrovia Paola-Cosenza. Ebbene, esiste su quel problema una legge, voluta anche dalla Democrazia Cristiana, che prevede lo stanziamento necessario, legge che però non viene applicata. I lavori della ferrovia Paola-Cosenza non si realizzano, nonostante la legge.
GENCO. Si deve o non si deve fare il progetto?
DE SIMONE. Voglio soltanto far rilevare la fine che fanno le leggi per la Calabria. Per questo abbiamo le nostre preoccupazioni, quando parlate di una Università di questo tipo.
GENCO. Per la ferrovia Paola-Cosenza c'è uno stanziamento nel bilancio dei Lavori pubblici. Ma una ferrovia, come una strada o un'autostrada, non si può eseguire senza il progetto. L'autostrada Napoli-Bari non è ancora incominciata perché il progetto non esiste. Bisogna assolutamente reagire a queste sciocchezze! (Commenti e interruzioni dalla sinistra. Richiami del Presidente).
DE LUCA LUCA. Vuoi sapere la verità? La ferrovia non si fa perché sono in urto Antoniozzi e Cassiani! (Commenti e rumori).