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Italiani residenti all'estero (si consiglia di cliccare sull'immagine) |
Da alcuni anni si registra una sempre più scarsa
affluenza alle elezioni sia politiche che amministrative. La prima spiegazione
è quella di un progressivo scollamento fra la politica e i cittadini, ma a questa bisogna aggiungere quelle particolari situazioni che, verificandosi con una certa costanza, possiamo far rientrare nella normalità: studenti universitari fuori
sede; persone temporaneamente assenti dalla città di residenza per motivi di
lavoro o per cure mediche o per turismo; persone anziane o malate o con
handicap che, pur potendo votare a casa, hanno ragionevolmente altro a cui
pensare. Tutti questi casi non rientrano nel fenomeno dell’astensionismo,
ma in quello delle impossibilità o delle difficoltà.
A far risultare ancora più scarsa affluenza alle urne
c’è poi anche la normativa relativa al numero dei cittadini aventi teoricamente diritto al voto, che è ben diverso da quello dei cittadini che sono effettivamente nelle condizioni di esercitare tale diritto.
Nel 2001 il
ministro Tremaglia, per l'elezione di deputati e senatori, fece approvare una legge sul diritto
di voto degli Italiani residenti all’estero. Questo diritto esisteva già, ma la nuova legge ne rese più facile l’esercizio, dando la possibilità del voto tramite i
Consolati italiani all'estero.
Non so
quanto ciò sia giusto, nutro forti dubbi perché non credo che un
Italiano, che vive da 20-30 anni in Argentina o in Germania, sia
sufficientemente informato sui problemi nazionali e sulle qualità dei candidati
alla Camera dei Deputati e al Senato. Il meccanismo elettorale tuttavia, almeno in
questo caso, non inquina i dati ufficiali relativi all’affluenza alle urne perché, per
gli Italiani Residenti all’Estero (AIRE), venne istituita una particolare
Circoscrizione. Ciò fa sì che, se oggi in Italia va a votare il 60% degli aventi diritto e all’estero il
15%, il dato sull’affluenza risulta abbastanza chiaro.


La stessa cosa non può dirsi per quanto riguarda le elezioni
amministrative e per i referendum consultivi. In questi
casi infatti vengono 'ammucchiati' nelle stesse liste i cittadini residenti nel
Comune e quelli residenti all’estero, i quali però non possono esprimere il
voto tramite i Consolati come nelle elezioni politiche, ma devono tornare in
Italia.
Non sono a disposizione i dati ufficiali relativi ai
residenti all’estero, ma il fatto che, per votare, essi debbano assentarsi dal
lavoro per alcuni giorni e affrontare un viaggio lungo e oneroso fa pensare che
la loro partecipazione sia quasi nulla. E tuttavia essi risultano fra i
potenziali elettori, determinando l’indice di affluenza ai seggi elettorali.
Il dubbio sulla irragionevolezza del calcolo dell'affluenza
alle urne mi è venuto da una recente esperienza. In ottobre due città, Corigliano e Rossano, vengono chiamate dalla Regione Calabria a
partecipare a un Referendum consultivo sulla loro fusione amministrativa.
I cittadini di entrambi i Comuni approvano con delle
percentuali significative (rispettivamente il 61% e il 94%), ma alcuni
esponenti del ‘no’ sostengono che, pur non essendo previsto un quorum, l'affluenza
in uno dei due comuni (32,89%) era troppo bassa per indicare una reale e
precisa volontà popolare.
Nei giorni successivi al referendum qualcuno fa però notare
che non è possibile che in una città di 40.000 abitanti ci sia un corpo
elettorale di 38.000 aventi diritto al voto, ben il 95% contro l’80% delle
statistiche relative alle elezioni politiche.
Perché questa discrepanza?
Il responsabile dell’ufficio elettorale nel predisporre le
liste elettorali ha applicato correttamente la normativa vigente ma, nel dibattito
pubblico che ne è seguito, non si è precisato che fra i 38.000 cittadini aventi
diritto al voto c'erano ben 8.000 residenti all’estero. Al netto di questo
considerevole numero di improbabili elettori,
nella città di Corigliano l’affluenza non sarebbe stata del 32,89% ma del
41,69%. (1)
* * *
Che le implicazioni politiche del peso attribuito al voto dei residenti all’estero abbia un certo rilievo è dimostrato dal fatto che la Regione Friuli-Venezia-Giulia, con L. 11 dicembre 2003 n. 21 (attualmente modificata), ha stabilito che per determinare il quorum dei votanti "non sono computati fra gli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune quelli iscritti all'anagrafe degli elettori residenti all'estero". Di tale norma, con sentenza n. 173/2005, la Corte Costituzionale ha riconosciuto la legittimità. (2)
La motivazione della sentenza trova fondamento sia nel
fatto che la successiva esclusione dal computo non intacca il principio
costituzionale del diritto/dovere del voto, sia nell'ampia autonomia
legislativa riconosciuta alle regioni a statuto speciale. Ma se un
principio elettorale adottato da una regione a statuto speciale ottiene il
riconoscimento di legittimità costituzionale, non si vede perché questo stesso
principio non possa essere riconosciuto anche alle Regioni a statuto ordinario.
* * *
Quanto stabilito dalla Corte costituzionale per la Regione Friuli
riguarda tutti i residenti all’estero, ma per quelli che risiedono in un altro Stato
facente parte dell’U.E. c’è da aggiungere qualcosa.
La Direttiva 94/80/CE del Consiglio dell’Unione
europea del 19 dicembre 1994 all’art. 1 “stabilisce le modalità secondo cui i
cittadini dell’Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la
cittadinanza possono esercitarvi il diritto di voto e di eleggibilità alle
elezioni comunali.”
Dunque il napoletano che trasferisce la residenza a Milano vota solo a Milano, mentre il napoletano che trasferisce la residenza Marsiglia vota per il sindaco di Napoli e per quello di Marsiglia.
Una stranezza alla quale, mi sembra, si dovrebbe porre rimedio.
Una stranezza alla quale, mi sembra, si dovrebbe porre rimedio.
NOTE
(1) E' bene precisare che la corretta valutazione politica dell'affluenza nelle elezioni amministrative riguarda tutte le città e regioni d'Italia, e in particolare quelle con più alto tasso di emigrazione.
Anche l’affluenza alle recenti Regionali della
Sicilia va dunque vista sotto questa luce. Considerando il corpo elettorale al
netto dei 744.035 residenti all’estero, i 2.085.075 voti espressi non
costituiscono il 46,76%, ma il 53,23%.
In un calcolo sommario gli iscritti all'AIRE in
tutta l'Italia dovrebbero essere circa 5 milioni, ovviamente con diversa
incidenza fra le varie regioni e i vari comuni.
(2) Per
la sentenza della Corte Costituzionale vedere:
http://www.giurcost.org/decisioni/2005/0173s-05.html
e il
commento di Enrico Grosso dal significativo titolo “Italiani all'estero ed
elezioni comunali. La retorica dell'uguaglianza e la ragionevole
differenziazione"
http://www.forumcostituzionale.it/wordpress/images/stories/pdf/old_pdf/556.pdf