domenica 24 gennaio 2010

Peter Pan

.
I vitelloni - Italia, 1953: “Sono cinque, in una cittadina romagnola dell'Adriatico, i giovanotti non ancora occupati, né ricchi né poveri, irresponsabili e velleitari figli di mamma. Che fanno? Piccoli divertimenti, piccole miserie, piccoli squallori, noia grande” (Morandini ).
I basilischi - Italia, 1963: “…sono dei “vitelloni” in chiave meridionale: figli in genere di gente abbastanza agiata, studiano tutti per avere una laurea, ma, confinati come sono nella loro modesta cittadina rurale, non si fanno grandi illusioni per l’avvenire; passano il loro tempo in strada, cercando di abbordare qualcuna delle difficili ragazze del luogo, oppure vanno ad oziare in una specie di circolo culturale che, come vero scopo, ha soprattutto quello di distinguere i suoi soci dal resto dei loro concittadini, favorendo fino all’esasperazione il senso delle differenze di abitudini e di classe” (Gian Luigi Rondi).
I laureati - Italia, 1995: “…i ragazzi, “vitelloni” ma anche "amici miei", fanno tutto quanto ci si aspetta da un'amicizia virile di gruppo, esclusi gli esami. Girato con scioltezza goliardica, “I laureati” è uno strano film che sembra anni '60: le bellone…si dedicano al fotoromanzo; i laureandi giocano a battaglia navale…” (Maurizio Porro).

Tre film italiani, di epoca diversa e ambientati in regioni diverse, ma con un comune denominatore: storie di giovani, quasi adulti, che si rifiutano di crescere, di assumersi le responsabilità di un lavoro e di una famiglia.
Non sono il primo a pensare che l’arte rispecchi la realtà. La ritocca, la trasfigura, ne ristruttura gli elementi sottolineandone alcuni e trascurandone altri, ma ne è sempre figlia.
Il problema dei giovani che non lavorano - una volta assimilati alla figura di Peter Pan per sottolinearne lo scollamento dalla realtà e più di recente ribattezzati col termine “bamboccioni” per sottolinearne lo spirito indolente e godereccio - in Italia è dunque abbastanza vecchio e, nei film citati, coincide con momenti di espansione economica, in cui “famiglie agiate” producono “figli pigri”.

Se la matrice del fenomeno è comune, diverso sarà però il destino di questi giovani nell’attuale periodo, caratterizzato come in passato da una certa agiatezza familiare, ma ora anche, ed è questa la novità, da scarse opportunità occupazionali. Pur se in ritardo, prima o poi ognuno di essi dovrà trovare una sua strada: bella e spianata per chi eredita grosse fortune o trova in famiglia un’impresa o un’attività professionale già avviata; una strada irta, stretta e tortuosa per chi dovrà invece contare solo sulle sue forze.

Cosa dire oggi a questa seconda categoria di giovani più sfortunati? Le difficoltà sono oggettive, ma è proprio nei momenti di difficoltà che emergono le maggiori energie e le migliori intelligenze. Stare con le mani in mano o inseguire sogni impossibili non risolve il problema. Bisogna tornare all’idea di “fare la gavetta”, iniziare dal basso con spirito di sacrificio. E nei rapporti coi coetanei bisogna lasciarsi guidare dallo spirito di solidarietà e di collaborazione, anziché assumere il ruolo di antagonisti: milioni di italiani in passato hanno trovato lavoro all’estero e milioni di meridionali al Nord, aiutandosi, trovando casa insieme, dividendo le spese, sostenendosi moralmente. Se ciò avverrà anche adesso, il futuro sarà meno buio.
La storia dell’economia è storia di cicli economici: ai periodi delle vacche magre sono sempre seguiti quelli delle vacche grasse.
Per quei tempi bisogna farsi trovare pronti.
.
Copyright 2010 - all rights reserved